«Scor cum ut à insigné tu mé!», con Bellosi, Cottifogli, Teodorani, Mazzoni, Bonetti e i Parmiani giovedì 5 a Faventia Sales

Faenza | 04 Aprile 2018 Cultura
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Federico Savini
Le guide prima o poi vengono a mancare, ma i loro «strumenti» sono l’eredità migliore a cui possiamo ambire. Giovedì 5 aprile, agli ex Salesiani di Faenza alla quinta edizione di Scor cum ut à insigné tu mé! non ci sarà Giuliano Bettoli, lui che per primo aveva usato quest’espressione per battezzare una trasmissione radiofonica e che per tre edizioni di fila aveva partecipato al «reading» che punta a celebrare il dialetto romagnolo, organizzato dal nostro settimanale insieme a La Musica nelle Aie di Castel Raniero (che torna dal 10 al 13 maggio). Eppur si va avanti, con la stessa missione di ogni anno: cercare di dar conto di tutte le possibilità espressive della lingua dei nostri padri, facendo magari anche il punto su quanto si è mosso, in questi ultimi 12 mesi, nel piccolo mondo meno antico di quel che si direbbe del dialetto romagnolo.
Nell’anno in cui l’Istat - dopo l’Unesco - certifica il progressivo abbandono dei dialetti come prima lingua, i corsi di romagnolo spuntano come funghi (o quasi) nella nostra provincia, l’editoria che «traffica» nella lingua e nella storia locale gode di invidiabile salute, la controversa (ma pur sempre tale) tradizione del liscio viene celebrata ad ogni piè sospinto, oltre a generare nuovi progetti ed esperimenti, e grazie all’Istituto Schürr il dialetto è finito pure su YouTube, senza contare che c’è anche chi - leggi: il faentino Mauro Sandrini - ha indicato nell’usanza del trebbo la radice dell’attualissima sharing economy, ossia di quelle app come Airbnb e Uber che segnano il passo e secondo tanti stanno, più prosaicamente, rovinando l’economia e il mondo. Tutto un complesso di cose che ci porta, umilmente, a ribadire che il dialetto non andrebbe piegato alle esigenze frettolose della politica e men che meno a quelle dell’arroccamento culturale sui propri costumi, ma piuttosto a quelle del vivere in comunità - i romagnoli sono un popolo pragmatico -, concedendoci magari qualche velleità artistica, visto che parliamo di una lingua che ha dato prove di versatilità e profondità non proprio comuni.
Proprio quelle che giovedì 5 aprile, alle 21 a Faventia Sales, saranno protagoniste sul palco. E anche in video, visto che sarà l’occasione per presentare il clip di Gumbarera, con protagonista Maria Pia Timo: la prima canzone dialettale di Vittorio Bonetti, in scena con l’organettista Christian Ravaglioli (che ha da poco rilasciato un cd commovente che si chiama «Il respiro della mia gente») e Pietro Quinzàn Bandini, uno che di canzoni romagnole se ne intende. Per la prima volta ai Salesiani reciteranno i loro versi le giovani poetesse Annalisa Teodorani e Laura Turci, tra le voci più autorevoli della tradizione lirica romagnola del presente e provenienti rispettivamente da Santarcangelo e Meldola, così da portare nel cuore di Faenza anche parlate che testimoniano la variabilità espressiva del dialetto. Un faentino che più doc non si può è invece Luigi Antonio Mazzoni, autentica eminenza del teatro di tradizione romagnolo e cervello pensante della Filodrammatica Berton. Un’istituzione in carne ed ossa, insomma, che si butterà nell’impresa di raccontare in dialetto il più grande intrigo storico della nostra collina: il baratto di Modigliana, già oggetto del suo ultimo, ambizioso spettacolo.
Sul versante musicale tornerà a Scor cum ut à insigné tu mé! Luisa Cottifogli, cantante tra le più creative e talentuose dello Stivale, che si è innamorata del nostro dialetto utilizzandolo in tanti progetti. Ai Salesiani farà una versione in solo di Canta la zghela, con l’ausilio di strumenti elettronici e loop-station. E non meno lontani dalla tradizione sono il leader dei Koppertoni Valentino Bettini, quest’anno in veste di poeta ermetico, e i russiani Jean Fabry, da 25 anni portabandiera del «punk mentale», la loro surreale mistura di cantautorato, new-wave e rime per bambini, di ritorno ai Salesiani per un’altra manciata di canzoni dialettali «aliene» quanto basta,.
Tutto da scoprire sarà poi l’ultimo ospite musicale: Hans Polgrossi / Pulgròs, dal cuore della Bassa Romagna e con alle spalle l’esperienza wave dei Reverse, titolare in proprio di un canzoniere dialettale intriso di umori prog e lucidissimo piglio demenziale. A proposito di Bassa Romagna, da Fusignano arriverà Giuseppe Bellosi, somma autorità dello scibile dialettale tutto, che omaggerà il compianto Giovanni Nadiani con alcuni tra i suoi versi più divertenti e (come sempre, con lui) illuminanti sulla Romagna del presente, lontana da ogni cartolinismo e nostalgia. Per il terzo anno, infine, torneranno in scena Gianni e Paolo Parmiani, istrionici rappresentanti del miglior cabaret dialettale che si possa immaginare, per un finale col botto. Ma magari anche due botti, che in un simile contesto più che far male potrebbero avere l’effetto di una rianimazione.
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