I maggiori poeti romagnoli tributano Nadiani domenica 23 a Cassanigo

Faenza | 22 Luglio 2017 Appuntamenti
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Federico Savini
«Continuiamo, dunque, a scrivere assurdamente in questa lingua sconfitta, essendo già una vittoria poterlo ancora fare: dare testimonianza del proprio “comico possibile” in quanto homines». Giovanni Nadiani chiosava così, nel dicembre del 2014, un suo intervento su La Ludla, il periodico dell’Istituto Friedrich Schürr, intitolato «Scrivere in dialetto: un gesto di comica umanità». Nell’articolo Nadiani rispondeva alla domanda che ciclicamente viene posta a chi si ostina a scrivere in lingue «che nessun vecchio tramanda e tramanderà più, non usandole con le generazioni più giovani». Per rispondere, il linguista faentino citava l’opinione del premio Nobel Isaac Bashevis Singer, scrittore yiddish che ottenne fama internazionale pubblicando in lingua inglese gli autori della Yiddishkeit newyorkese degli anni 40-80 del ‘900. Con grande rispetto Singer definisce sempre “scrittori” queste figure spesso più simili a uno schlemiel (un pôr sgraziê) della scrittura che a un vero letterato». Scrivere in una lingua destinata all’oblio, «sapendo di non venir letti da nessuno o quasi – prosegue Nadiani -, denota una grande forza interiore e un’incrollabile fiducia nel mezzo linguistico usato […]. Il pensatore ebreo Peter L. Berger vede come comica la discrepanza tra la condizione umana e l’ordine dell’universo. In questi termini, lo scrivere in lingue incomprensibili ai più non era né più né meno insensato di qualsiasi altro gesto umano, destinato in quanto tale alla polvere, ma beckettianiamente condannato per la durata della vita di colui o di colei che lo compie pure a doversi manifestare, a dover narrare la sua umanità»
Giovanni Nadiani è scomparso un anno fa, il 27 luglio del 2016, lasciando un vuoto enorme nel mondo della cultura non solo locale – la sua promozione e traduzione di autori tedeschi e olandesi fu pionieristica a livello nazionale, e dello stesso livello erano le sue ricerche linguistiche – e naturalmente anche in quello della prosa e della poesia dialettale, della quale fu acuto innovatore, dall’ironica critica di costume del «dialetKa-BARet» alla dolente e sgangherata «alz-poetry» degli ultimi anni. A pochi mesi dalla scomparsa, tanti amici e artisti lo ricordarono nel novembre scorso  in una serata gremitissima al Teatro Due Mondi di Faenza e oggi, l’amico di una vita Renzo Bertaccini ha organizzato una «Brènda d’istê» in onore di Giovanni Nadiani.
Domenica 23 luglio, nel prato di fronte alla chiesa di Cassanigo (nella campagna fra Faenza e Cotignola, luogo di nascita di Nadiani), la «Brènda d’istê» radunerà «Poeti romagnoli e musica a un anno dalla scomparsa di Giovanni Nadiani». Alle 19.30 verrà offerta una vera e propria «merenda» dal Circolo parrocchiale e dalla famiglia Nadiani. Poi, sul palco interverranno i poeti Carlo Falconi, Paolo Gagliardi, Gianfranco Miro Gori, Nevio Spadoni, Annalisa Teodorani e Laura Turci, tutti con poesie di propria composizione, «in una pluralità di stili e parlate – dice Renzo Bertaccini -, come penso sarebbe piaciuto a Giovanni, che amava la diversità tra i linguaggi».Giuseppe Bellosi terrà invece un breve recital di dialet-kabarett, scaturito dalla penna di Nadiani, e alla parte musicale provvederà Pietro Quinzàn Bandini, che solo pochi mesi fa ai Salesiani di Faenza si esibì in un rapet nadianesco insieme a Serena Bandoli.

La serata è a cura della Bottega Bertaccini-Libri e Arte in Faenza, in collaborazione con Istituto Friedrich Schürr, Te ad chi sit e’ fiol, La Musica nelle Aie, Teatro Due Mondi, Metallurgica Viganò, Primola Cotignola, Setteserequi, Centro Sociale Ca’ Vecchia Voltana, le riviste «Confini» e «La piê» e con il patrocinio del Dipartimento di Interpretazione e Traduzione – Università di Bologna, sede di Forlì.
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