Ravenna, la violenza di Mezzano «letta» da Stucci (Endas Monti) e istituzioni: «In partita tutti i ragazzi devono poter giocare»
Elena Nencini
Una sostituzione di un baby giocatore durante una partita di calcio della categoria “Pulcini” del Mezzano sabato scorso ha portato i genitori del ragazzino ad aggredire l’allenatore della squadra, Mattia Gallamini, 22enne che ha riportato la frattura di un dito. Il coach ha dichiarato che avrebbe sostituito il giovane calciatore di 11 anni anche a fronte del fatto che durante le partite dei pulcini si possono fare i ‘cambi volanti’ (vedi box per la ricostruzione dell’episodio).
Le istituzioni, dal sindaco alla federazioni, si sono schierate contro questo tipo di violenza: abbiamo chiesto ad un storico allenatore delle giovanili cosa ne pensa dell’accaduto.
Francesco Stucci, allenatore-presidente della polisportiva Endas Manlio Monti, società storica nata nel lontano 1975 all’interno di un quartiere problematico come la Gulli, spiega l’importanza dello sport giovanile: «Ci occupiamo dei giovani dai 5 ai 17 anni, ne seguiamo al momento 280. Siamo una piccola società di quartiere con tante difficoltà e tante soddisfazioni, I ragazzi non arrivano da lontano, facciamo il vero sociale della zona». A proposito dell’episodio di Mezzano Stucci replica: «Il problema è che molti genitori vedono nei ragazzi delle promesse del calcio, ma solo un ragazzo su 5000 arriva tra i professionisti. Oltrettutto il calcio è cambiato molto: basti pensare che i professionisti vengono a vedere giocare bambini di 4 o 5 anni.
Non abbiamo mai avuto problemi con i genitori, anzi in molti casi è indispensabile il loro aiuto. E’ vero che facciamo tante riunioni con i genitori dove definiamo bene gli obiettivi della società: è essenziale che tutti i bambini giochino. Fino all’agonistica non voglio sentir parlare di classifiche e di gol. A 15-16 anni i ragazzi capiscono le proprie capacità e allora alcuni smettono per questo motivo». Per il futuro Stucci conclude: «La riforma dello sport sta portando avanti dei cambiamenti che ci mettono in difficoltà, cercando di farci diventare delle aziende; il calcio è uno sport povero, se non mi aiutano i genitori non saprei come fare, le società potrebbero chiudere. Il calcio del futuro sarà tutto africano, più fisico, sono ragazzi che hanno una struttura diversa, ma hanno anche più ‘fame’, più bisogno di affermarsi»..
DE PASCALE: «EPISODIO GRAVE»
Il sindaco de Pascale e l’assessore Costantini hanno espresso: «Totale solidarietà all’allenatore. Lo sport deve essere palestra quotidiana di convivenza civile e rispetto reciproco. Siamo fortemente convinti del valore educativo che ha lo sport. Questo episodio, oltre a essere grave, è stato fortemente diseducativo. Come Amministrazione continueremo a promuovere e sostenere progetti volti a consolidare l’aspetto sociale e valoriale dello sport, nella ferma convinzione che esso, debba essere palestra quotidiana di convivenza civile e rispetto reciproco».
ASD MEZZANO: «NON E’ CALCIO»
Anche l’Asd Mezzano si è schierato al fianco dell’allenatore per l’episodio avvenuto: «La società condanna e ripudia senza se e senza ma ogni tipo di violenza, soprattutto in contesti formativi, sociali e di crescita personale come dovrebbe essere quello sportivo, e prenderà seri provvedimenti in merito all’accaduto tenendo in considerazione soprattutto gli interessi dei minori coinvolti, direttamente o indirettamente. La società valuterà, assieme ai propri legali, la possibilità di costituirsi parte civile o qualsiasi altra strada legale per tutelare i nostri tesserati; per affiancarli e accompagnarli in questo percorso affinché non si sentano soli. Cercheremo di attivare assieme alla Federazione Italia Gioco Calcio (comitato regionale Emilia Romagna, nell’ambito del Progetto Tutela dei Minori, in cui partecipiamo e crediamo fortemente da anni) un processo per stargli accanto e per fargli superare questo momento emotivamente complesso, dove assieme a professionisti ed esperti del settore, cercheremo di far capire che quello che è successo è grave, ma non è e non deve essere la normalità. Questo non ha nulla a che vedere con il calcio, quello vero».