Il fascino di Roma convince anche lo scrittore ravennate Massimo Padua in "Le cose che non si vedono­"

Emilia Romagna | 24 Maggio 2020 Cultura
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L’editore è stato di parola. Riconosco il suo collaboratore, Giovanni Bongusto, con il quale ho scambiato diversi messaggi su facebook. Dalla foto del profilo me lo immaginavo più magro. Ha la schiena appoggiata a un taxi e si sbraccia verso la mia direzione, anche se è chiaro che l’ho già visto da un pezzo. Allungo il passo per raggiungerlo e mi faccio spazio tra le persone. Di norma, sarei terrorizzato all’idea di trovarmi così lontano da casa, per giunta alla stazione Roma Termini, la più grande d’Italia.
Il trolley mi segue fedelmente come un cane al guinzaglio. Di tanto in tanto sobbalza, si incaglia, rischia di calpestare i piedi dei passanti.
Lorena mi diceva sempre che l’aria di Roma si riconosce subito. Nonostante tutto non riesco a cancellarla dalla mente. E so perfettamente perché: dovrebbe esserci lei accanto a un taxi ad attendermi. Si chiama senso di colpa e non ho ancora imparato a conviverci.
«Finalmente ci incontriamo!» grida quasi Giovanni porgendomi una mano umida. Poi riprende subito la parola, questa volta per indicarmi il taxi. «Ecco la carrozza di Cenerentola!».
Mi trattengo dal ribattere che la sua faccia, invece, sembra la zucca prima della trasformazione. So che quando sono nervoso divento cinico e intrattabile, ma questa volta non posso permettermelo. Faccio per avvicinarmi al bagagliaio per riporre il trolley.
«Ma che stai a ffa’? Ce pensa er tassinaro» esclama Giovanni, ridendo. Mi accorgo che il romanesco, in fondo, ha un suono divertente. Cerco di sorridere e salgo dietro con lui.
Il ‘tassinaro’ rientra e chiede a Giovanni: «’ndo annamo, dotto’?».
«In via Collina, all’hotel Sansoni».
Mi massaggio le tempie. Non è facile rilassarsi quando hai appena mandato un sms a un numero che non consideri da più di un anno. L’ho inviato in treno mentre i pensieri si rincorrevano, e i sentimenti si sono ‘spacchettati’ come per magia. Ci sarebbero così tante cose da vedere, fuori da questi finestrini, ma non credo di meritarlo, perciò chiudo gli occhi.
Giovanni chiede al tassista qualcosa circa la costruzione di una sopraelevata alla stazione. «E chi lo sa, dotto’, quanno finiranno i lavori. Un po’ pe’ vorta fu fatta Roma, no?».
Il messaggio che ho inviato dice: «Vengo a Roma. Incredibile, vero? Presento il romanzo. Si intitola Le cose che non si vedono, proprio come mi avevi suggerito tu».
Giovanni non parla più. Forse ha capito che non ho nessuna voglia, per il momento, di aprire bocca.
Il ‘tassinaro’, invece, guarda la strada trafficata. Ogni tanto impreca, suona il clacson o inchioda, poi riprende come niente fosse.
«E lei da ’ndo ariva?».
Comprendo che si sta rivolgendo a me.
«Come dice, scusi?».
«Da ’ndo ariva... Da ’ndo viene?» ripete, come se avesse a che fare con un tonto.
Da dove vengo? Per un istante mi soffermo a pensarci. Vengo da un anno di merda, mi verrebbe da rispondere. Vengo da quel posto dal quale non mi sono mai voluto scollare, nemmeno per amore. Vengo dall’inferno, ma sono stato promosso e adesso mi hanno mandato al purgatorio.
«Dalla Romagna...» e poi aggiungo «dotto’!»
I due scoppiano a ridere e finalmente anche io mi sento più disteso.
Quando l’auto si ferma, mi rendo conto che siamo arrivati.
«Allora - fa Giovanni - tu sistemati nella stanza e preparati. Ti aspetto qui».
L’albergo è al terzo piano di un palazzo che sembra trasudare storia da ogni mattone e la camera è più accogliente di quanto mi aspettassi. Tra poco si terrà la prima presentazione ufficiale del mio romanzo, e il fatto che questo avvenga proprio a Roma mi fa tremare le gambe. Mi siedo sul letto e getto un’occhiata alle tende della finestra. La visuale dev’essere spettacolare, da qui. Sono a dieci minuti da via Vittorio Veneto, dove si trova la libreria che mi accoglierà tra poco.
Prendo il cellulare e controllo. Nessuna telefonata, nessun messaggio.
So che Lorena non risponderà mai alw mio sms. Mi ha implorato per mesi di venire qui a Roma, a casa sua, a vivere con lei. Non mi telefonerà per darmi del bastardo. Lo so per certo. Lo so perché Lorena è morta più di un anno fa.
La libreria è colma di gente. Evidentemente l’editore e il suo ufficio stampa si sono dati davvero da fare per promuovere l’evento. Il mio Le cose che non si vedono è stato definito il romanzo d’esordio più interessante dell’anno. Sono meravigliato di me. Me la sono cavata dignitosamente. Sono stato spigliato, brillante, ho risposto con intelligenza alle curiosità dei presenti. Adesso non ho più paura, come facessi questo lavoro da sempre. Vorrei che la serata non finisse mai, e invece sono già qui a firmare copie agli ultimi futuri lettori. È solo quando vedo un volto tra gli altri, in fondo alla sala, che mi blocco. Non l’avevo notato, prima. La penna nella mano scivola via. Chiedo scusa al signore che rimane con il libro in mano e mi allontano velocemente.
Tutti mi stanno guardando, ma a me interessa solo quel viso, quella persona che non può essere qui. Non in questo mondo. Guardo ovunque, ma non c’è più traccia di lei. Eppure sono certo che non fosse una visione.
Allora decido di uscire. Muovo un passo oltre la porta e mi ritrovo in strada. Una strada che mi invade di aromi, profumi che giungono dal passato. In un angolo del marciapiede vedo una coppia che si allontana. La donna è alta, bionda, le forme avvolte in un abito lungo e scuro. Lui è molto distinto. Indossa un completo e ha i capelli impomatati.
Da lontano mi sembra di sentire «Marcello, come here!». Lo so, è impossibile, però Roma è davvero una città speciale. Non ho mai creduto alle parole di Lorena, e adesso è troppo tardi.
Vorrei rincorrerla, ovunque sia, in qualsiasi posto sia andata. Vorrei abbracciarla e prometterle che verrò a vivere qui, insieme a lei.
Il cellulare vibra nella tasca. Ho ricevuto un nuovo messaggio. Una risposta.
«Le cose che non si vedono... non è detto che non esistano».
Guardo il cielo scuro e scorgo il mio riflesso dentro una città magica che non voglio lasciare più.
*Massimo Padua
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BRAVO Massimo, COMPLIMENTI. Un ABBRACCIO. BUON viaggio... fra le cose che non si vedono.
Commenta news 26/05/2020 - Angelo Antonellini
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