Cau a Imola, il bilancio dei primi tre mesi del dg Ausl Rossi: «Oltre 4.500 accessi, quasi tutti codici bianchi e verdi fra i 18 e i 65 anni»

Emilia Romagna | 26 Marzo 2024 Cronaca
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Una dettagliata esposizione dell’organizzazione e delle funzioni del Cau quella che hanno ascoltato i mordanesi presenti all’incontro di lunedì scorso a Palazzo Liverani. Dopo i saluti dell’amministrazione Comunale portati dal vicesindaco Gallignani e dall’Assessora Conti, il direttore generale dell’Ausl Andrea Rossi e la direttrice assistenziale Sabrina Gabrielli hanno presentato il Cau, il suo funzionamento e l’uso corretto che i cittadini devono farne, evitando di sovraffollare il PS per bisogni di salute non complessi né di emergenza.
 
L’incontro è anche stata l’occasione per fare un primo bilancio, a tre mesi dall’avvio del Cau di Imola.  94 giorni di attività, 4579 accessi, di cui 2369 nelle giornate prefestive e festive, 3602 assistiti che al Cau hanno risolto il problema contingente e sono stati rinviati al curante, 179 persone trasferite al PS (ma nessun caso grave), 254 inviati ad accertamenti specialistici, 211 abbandoni. Le motivazioni di accesso più frequenti sono tosse (11,5%), prescrizioni o certificazioni (9,5%), febbre (8,4%), dolore agli arti (6,3%), occhio rosso (4,1%), mal di pancia (3,7%), etc.
 
“Il profilo dei cittadini che in questi mesi ha avuto accesso al Cau è sovrapponibile a quello dei cosidetti codici bianchi e verdi di PS – ha spiegato Rossi –. Si tratta nella stragrande maggioranza di persone in età lavorativa, tra i 18 ed i 65 anni, assistiti dalla nostra Ausl nell’86% dei casi. Sono quindi persone in genere in salute, che hanno poco tempo e vogliono risolvere tempestivamente disturbi di salute generali e contingenti”.
 
E dopo la prima settimana di apertura, nel periodo natalizio, che ha visto un boom di accessi non previsti con tempi di attesa che hanno toccato in media le 2 ore, oggi al Cau si attende in media 53’ dall’arrivo al termine della visita, un dato apprezzato dai cittadini che, dalle prime analisi del questionario di soddisfazione, sembrano considerare la loro esperienza al Cau positiva o molto positiva nell’80% dei casi.   
 
“Deve però essere chiaro che il Cau non è un “ricettificio” né deve sostituire il medico di famiglia – ha ribadito Rossi – La figura di riferimento per l’assistenza primaria è sempre il nostro medico di medicina generale, o i medici che lavorano con lui in rete o in gruppo. Sono questi professionisti che conoscono la storia sanitaria del loro assistito e sono in grado di fornirgli valutazioni, consigli, prestazioni e prescrizioni che tengono conto del contesto di salute, e anche di vita, individuale. In futuro ci piace pensare ad un Cau dove operino anche i medici di medicina generale. Peraltro, abbiamo rilevato che gli assistiti di alcuni medici non si presentano pressoché mai al CAU, mentre altri vi si recano spesso. E' un’analisi interessante perché potrebbe fornirci elementi per migliorare l’accessibilità agli studi medici. Altra evidenza è che c’è una correlazione lineare tra distanza dalla struttura e frequenza di accesso: al CAU accedono di più i cittadini che vivono in zona, un’ulteriore prova del valore della prossimità”.
 
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