IL CASTORO | Latita il progresso generazionale, il benessere non aumenta più

Romagna | 02 Aprile 2019 Blog Settesere
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Laura Casadio e Sofia Mainetti

La missione dell'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse) è promuovere politiche che intendono migliorare la condizione economica e sociale delle persone in tutto il mondo.

L'Ocse offre un forum in cui i governi possono lavorare insieme per condividere esperienze e cercare soluzioni a problemi comuni. Per verificare le competenze dei ragazzi 15enni, l’organizzazione ha promosso un’indagine internazionale, nota con l’acronimo Pisa (Programma per la valutazione internazionale dello studente). In generale in Italia si registra la piena scolarizzazione in quasi tutte le regioni sia nella fascia d’obbligo che in quella d’istruzione primaria. Tuttavia nelle regioni italiane il numero di studenti di età compresa tra i 15-19 anni, che non cercano lavoro né frequentano una scuola, si aggira tra il 12% e il 38%.

Le persone nate all’estero tendenzialmente guadagnano di meno rispetto agli autoctoni e questo divario cresce in base al livello d’istruzione conseguito. Ad esempio nel 2017 i giovani compresi tra 25 e 34 anni, nati all’estero e privi di un’istruzione secondaria superiore, guadagnavano il 12% in meno rispetto ai giovani adulti autoctoni, quelli con un livello di istruzione secondaria superiore o post secondaria il 30% in meno, mentre i laureati nati all’estero il 44% in meno rispetto agli autoctoni.

In Italia l’ascensore sociale è fermo? Come si legge in un articolo di Mario Alberto Marchi, pubblicato su Il Fatto Quotidiano, non è una cosa inedita che nel nostro Paese non funzioni questo meccanismo virtuoso, che consente di progredire generazione dopo generazione, aumentando il benessere non solo economico, ma anche culturale e la posizione sociale. Coloro che hanno condizioni economiche più disagiate si pongono come obiettivo quello di guadagnare innanzitutto il minimo per vivere, facendo ad esempio lavori saltuari, e così non riescono ad emergere, ma rimangono nel disagio e talvolta regrediscono. Di pari passo coloro che invece provengono da famiglie agiate continuano ad occupare quello stato, facendo lavori più retribuiti e non hanno concorrenti provenienti da ceti sociali inferiori, che cercano di migliorare il proprio livello di vita. In seguito ad un’indagine condotta per la Banca d’Italia da Luigi Cannari e Giovanni D’Alessio, non vi sono state varianti tra gli anni ʼ90 e il 2016, per cui possiamo affermare che la nostra società è immobile. Rilevante è la connessione che ha questo fenomeno con il livello d’istruzione. Come sostiene Corrado Zunino su La Repubblica, solo il 12% dei ragazzi più svantaggiati riesce ad ottenere buoni risultati negli studi. Inoltre il ceto di provenienza incide fortemente nella scelta degli insegnanti a cui affidare la preparazione scolastica dei propri figli. Le scuole superiori con una maggiore concentrazione di studenti svantaggiati tendono ad avere una percentuale minore di insegnanti abilitati, 83 per cento contro il 97.

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