Stafer in crescita con nuovi prodotti e attenzione sociale. Fatturato a 12 milioni

Faenza | 18 Maggio 2015 Economia
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Muoversi nel mondo dell’edilizia, fermo da quasi dieci anni, non è semplice, ma ci sono realtà come la storica Stafer di Faenza (nata nel 1960) che riescono - con programmazione e gestione moderna - a crescere in un settore maturo come quello delle tapparelle e dei componenti per avvolgibili. La realtà faentina ha chiuso il 2014 in positivo con un fatturato di circa 12 milioni di euro e conta in organico una 70ina di persone. «Siamo soddisfatti - commenta Sara Cirone, amministratore delegato di Stafer, da una decina d’anni in azienda dov’è entrata come responsabile Risorse umane ed organizzazione -: abbiamo consolidato la nostra presenza nel mercato domestico e nel 2015 abbiamo lanciato un nuovo prodotto (a completamento dell’ampio catalogo che conta circa 3.000 referenze) come il motore elettronico per avvolgibili che porta una piccola realtà come la nostra ad offrire una gamma di prodotti paragonabile a quella di colossi stranieri. Inoltre stiamo studiando un sistema che cambi automaticamente l’apertura delle tapparelle orientabili e frangisole a seconda del sole, migliorando il bilancio energetico dell’edificio».
Il mercato principale è quello domestico (circa il 60% del fatturato), ma «vendiamo molto anche in Nord Africa e siamo complessivamente presenti in 39 Paesi al mondo tra cui anche Australia e isole francesi - analizza -. I problemi geopolitici in Libia, in Siria e in tutta l’area sud del Mediterraneo hanno creato un rallentamento importante di quelle esportazioni, ma sono fiduciosa in una ripresa una volta stabilizzata la situazione. Anche Tunisia, Giordania, Israele sono mercati importanti».
In Italia «siamo leader - prosegue - grazie al fatto che abbiamo cambiato il modo di vendere abbracciando un’ottica multicanale, sostituendo clienti storici in fallimento con nuovi target emergenti sul mercato. Per il 2015 prevediamo un consolidamento sia nel mercato interno che nell’export».
Le idee di Cirone sono chiare in ambito di innovazione e sviluppo imprenditoriale e su come perseguirli. «Molte imprese hanno bisogno d’innovare in maniera sistemica su servizi e tipologie di prodotto, ma anche di diversificare in altri settori sfruttando le competenze presenti in azienda per creare un nuovo business. Anche in provincia di Ravenna ci sono realtà che hanno la capacità di investire: possono avere risorse in proprio oppure ci sono aziende smunte di fatturato rispetto al proprio settore, ma che avrebbero le capacità di far partire una start-up. Se ci fosse un’idea giovanile, imprenditoriale e intelligente che concretamente possa avere un suo sbocco di mercato, Stafer sarebbe in grado di finanziarla e avrebbe anche i mezzi per sostenerla: dagli uffici, ai sistemi informativi passando per il confronto con manager più esperti e persone che lavorano già a livello internazionale con capacità di fare un’analisi di mercato o un piano di marketing».
Un sogno nel cassetto dell’ad «è aprire in Stafer una piccola sezione, stile Loccioni, dove ci sono pool di giovani che a rotazione pensano a innovazioni e nuovi prodotti».
E non è detto solo in ambito produttivo. «Siamo aperti anche a progetti sociali purché creino benessere sul territorio e siano sostenibili economicamente - continua Cirone -. D’altronde chi li deve sostenere? Le amministrazioni, gli enti e le associazioni d’impresa certamente, ma anche le imprese stesse».
Da anni Stafer fa open day («molto partecipati da mogli e figli dei collaboratori ai quali abbiamo chiesto di illustrare tramite disegni il tema dell’ambiente e della sostenibilità»), progetti verso i ragazzi e orto aziendale («un modo diverso di fare team building»). I risultati di questa mentalità si possono misurare e sono più che soddisfacenti. «Abbiamo fatto alcuni piccoli progetti sociali che hanno favorito un bel clima interno e la partecipazione a tutti i livelli: la vera leva strategica del futuro - illustra la manager -. Su alcuni nuovi prodotti le decisioni sono state prese dopo aver dato gli stessi a casa ai nostri dipendenti chiedendo loro di parlarne con i propri figli. I risultati? Hanno fatto osservazioni interessanti e anche parecchio circostanziate».
Insomma, al centro del suo modo di gestire l’impresa, ci sono le persone, le loro famiglie e il territorio. «Sono loro che creano il valore aggiunto - conclude Cirone -. Investire nel benessere delle persone che lavorano in azienda significa investire nel benessere generale di quell’impresa e determinarne una maggiore competitività».

Christian Fossi
economia@settesere.it

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