Alessandro Fabbri, sceneggiatore ravennate di «1992»

Ravenna | 07 Aprile 2015 Cultura
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Elena Nencini
Ha debuttato il 28 marzo la nuova serie di Sky, 1992, dieci puntate coprodotte con La7 e Wildside in onda dal 24 marzo. Alessandro Fabbri, sceneggiatore ravennate che ha esordito vincendo il Campiello con il romanzo breve Mai fidarsi di un uomo che indossa un trench blue a diciotto anni, per poi passare alla sceneggiatura di La doppia ora, racconta l'emozione di questi giorni: «sono stati giorni intensi prima, durante e dopo l'uscita, adesso siamo di nuovo al lavoro». La fiction racconta le storie di sei personaggi, che sullo sfondo di Tangentopoli, cercano di volgere a proprio vantaggio il terremoto in corso.
Quale emozione aprire in anteprima al festival del Cinema di Berlino?
«Berlino è stata un'apertura che meglio di così si muore. Il festival più importante del cinema che accoglie per la prima volta le serie tv, che capisce che sono la vera attualità, il vero futuro. 1992 ha aperto la rassegna Berlinale Special Series ed ha ricevuto tre minuti di applausi, con ottime recensioni di testate internazionali. Non era scontato, anche perchè è una storia italianissima ed invece esce in Austria, Irlanda, Francia, Inghilterra e paesi nordici su Hbo. La prima puntata ha battuto Gomorra per ascolti con 725mila spettatori».
Come è nata l'idea?
«Input è venuto dal produttore Lorenzo Mieli che ne aveva parlato con Stefano Accorsi. Inizialmente dovevano essere gli ultimi 20 anni di storia italiana raccontati da un punto di vista inedito. Con Ludovica Rampoldi e Stefano Sardo – con cui lavoro da un po' – volevano fare una serie ocn passo moderno, non un bignamino. Il sogno sarebbe continuare con 1993 e via di seguito
Se arriverete a 1993 per Ravenna è un anno importante con la morte di Raul Gardini.
«Avevo 14 anni nel 1992 e mi ricordo molto bene come era vissuto in famiglia quell'anno e negli anni successivi; era un continuo parlare. Mio padre registrò il processo Cusani, era un evento epocale: il sistema per la prima volta entrava in crisi e veniva discusso. Sono legatissimo alla mia città e so cosa ha segnato nella storia di Ravenna – e non solo - Gardini, era un simbolo, la sua morte fu uno shock. Se faremo 1993 dovremo confrontarci proprio con l'inchiesta su Montedison e il processo Cusani».

prosegue su setteserequi in edicola dal 3 aprile


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