Alfonso Leoni e l’arte sacra

Faenza | 29 Novembre 2013 Cultura
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Sandro Bassi
Anzitutto stupisce, almeno di primo acchito, una mostra d’arte sacra con protagonista Alfonso Leoni (1941-1980), noto per la sua geniale insofferenza verso la tradizione, i dogmi, il conformismo. Si dirà che non è certo il primo caso: Pietro Melandri, ostentatamente ateo, riuscì a fare le più dolenti e toccanti Pietà e l’ultra-ribelle Arturo Martini diceva «Non credo in ciò che dicono i preti, ma mi sento perfettamente in grado di fare una Deposizione di Cristo». Si sa da sempre, insomma, che la sensibilità verso il sacro e la conseguente creatività possano essere del tutto autonome dalle convinzioni personali e private, tuttavia lo stupore è legittimo, perché di Leoni si conoscono i pugni chiusi, gli ironici carrarmati antimilitaristi, le provocazioni contro il passatismo e l’accademismo, ma ben poco di religioso. Infatti le opere di questa mostra, che inaugura venerdì 29 alle 17.30 nell’agenzia Faenza Borgo del Credito Cooperativo, sono inedite e ignote ai più.
Si tratta di una trentina di creazioni in materiale vario (ceramica, legno, gesso, bronzo, ferro, carta, sfridi di lamiera...), realizzate dai primi anni ’60 fino al 1980. Come linguaggio si va dalle sculture «bianciniane» fino alle più libere composizioni tendenti all’astrazione. L’influsso bianciniano è evidente e inevitabile in qualsiasi scultore che avesse varcato le soglie dell’Istituto d’Arte in quegli anni. Di Biancini, del resto, Leoni fu sempre amico e collaboratore e con l’arte sacra si erano cimentati assieme, fin dai bellissimi pannelli con simboli eucaristici arcaici (pavoni, agnelli, croci, palme e altre citazioni quasi da sarcofago bizantino-ravennate) murati oggi nella chiesa della casa di riposo «Il Fontanone» ed eseguiti nel 1960-61, con Leoni neppure ventenne, su disegno di don Antonio Savioli.
In questa mostra colpisce, ed emoziona, la Deposizione dalla Croce del 1972, in gesso colorato a freddo: la plastica è del tutto bianciniana, con quei corpi stilizzati e irrigiditi al limite del macabro, capaci di esprimere tutta la drammaticità del momento; colpisce ed emoziona la Pietà del 1980, ultima opera di Leoni, incompiuta (è tuttora in creta cruda) ma sconvolgente: la tensione della morte si stempera in qualcosa di teneramente lirico, dove pochi, curatissimi graffi enfatizzano il torace dilatato di Cristo e gli occhi attoniti di sua Madre. In mezzo a questo tormentato percorso ci sono le acquasantiere - anche del tutto inaspettate, con un flusso di trafila piegato e trasformato - , le icone sacre trasferite a decalcomania su porcellana, i divertimenti «picassiani» e infine la Madonna con Bambino da un antico modello bolognese, resa del tutto inconsueta con l’applicazione di grandi occhi in vetro.

«Tra Sacro e Profano. Opere a carattere religioso di Alfonso Leoni». A cura di Antonella Ravagli. Fino al 15 gennaio al Credito Cooperativo ggenzia Faenza Borgo, Corso Europa 85.
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