Offshore dimezzato in due anni. I dati delle imprese Roca

Ravenna | 05 Febbraio 2017 Economia
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Fatturato dimezzato in soli due anni e lavoratori ridotti di un terzo. E’ questo il motivo delle crescenti preoccupazioni del settore offshore che sta vivendo una crisi nera più del petrolio. 
Le oltre 40 imprese del settore aderenti all’associazione ravennate dei contrattisti offshore Roca (Ravenna Offshore Contractors Association) hanno tracciato un bilancio degli ultimi due anni di attività che hanno visto il fatturato complessivo passare da 2,02 miliardi di euro del 2014 a 1,06 miliardi previsti per il 2016 (-47%) con un ulteriore calo rispetto al già negativo 2015 chiuso a 1,33 miliardi (-20%). La flessione non è stata solo italiana, ma anzi soprattutto all’estero dove in due anni si è passati da 1,15 miliardi di euro a 430 milioni: -62% (rispetto al 2015 si è perso un terzo del giro d’affari). 
Se all’estero sono stati più che dimezzati i lavoratori, che sono passati da 1.370 del 2014 a 620 di fine 2016 (-55%), una tenuta percentuale maggiore si è avuta per le maestranze ravennati che sono scese da 7.446 a 4.800 (-35%). Dopo il crollo dei dipendenti del 2015, passati da 6.701 a 4.384 (-35%), sembra essersi rallentato il trend e a fine 2016 erano 4.180 (-5% sul 2015, -38% sul 2014). Trend stabile fra 2015 e 2016 per le maestranze dell’indotto e contrattisti.
«I dati sono allarmanti: in due anni il fatturato è calato della metà - commenta Franco Nanni, presidente del Roca -. In Italia il settore è completamente bloccato, speriamo arrivi qualche scossa in tempi rapidi altrimenti è a rischio un patrimonio di capacità e conoscenze di primo livello su scala mondiale. Per il 2017 ci auguriamo che l’andamento migliori e che Eni muova qualche investimento: lì la volontà è politica, visto che lo Stato è l’azionista di riferimento. Quest’anno più che mai sarà importante l’Omc che si terrà a fine marzo a Ravenna: un appuntamento per capire quali scenari futuri possiamo costruire».
Nonostante le quotazioni del greggio si siano alzate, «il prezzo è ancora troppo basso - continua Nanni - perché i nuovi investimenti sono difficili, in acque profonde. A 55/60 dollari al barile non si riesce a mettere in moto quel volano importante per l’economia che è il comparto petrolifero».
Una soluzione efficace nel breve periodo «potrebbe esserci a livello nazionale se lo stato sbloccasse alcune concessioni pendenti - sostiene il numero uno del Roca -. Si consideri che per costruire una piattaforma vengono impiegate l’equivalente di 250mila giornate di lavoro».


Christian Fossi
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