Ricci (Cgil), Garofalo (Cisl) e Neri (Uil): «Dopo un 2016 ancora fermo, servono investimenti pubblici. Preoccupano edilizia e offshore»

Ravenna | 29 Gennaio 2017 Economia
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Chiuso un anno di stallo, le sfide per il 2017 secondo i sindacati rimangono principalmente nei settori dell’edilizia e dell’offshore.
«Il 2016 è stato un anno che nella nostra provincia ha mantenuto quel trend di difficoltà economico-occupazionale che ha contraddistinto gli ultimi anni: se la caduta si è fermata, la ripresa non c’è ancora - spiega Costantino Ricci, segretario generale provinciale della Cgil di Ravenna -. Si è attenuato l’utilizzo degli ammortizzatori sociali che però sono ridotti nelle possibilità di utilizzo, ma di contro ci sono oltre 6mila posti di lavoro persi dall’inizio della crisi che sono cresciuti con l’esaurirsi degli ammortizzatori. La situazione si è stabilizzata al ribasso: se non ci saranno politiche industriali e investimenti mirati, temo un ulteriore calo dell’occupazione».
«La ripresa è ancora molto debole e vulnerabile: il sistema economico ravennate può andare in crisi con un minimo scossone - commenta Franco Garofalo, membro della segretaria della Cisl Romagna con delega al territorio ravennate -. Se la vendita di Versalis e il referendum sulle trivellazioni avessero avuto esiti diversi, oggi parleremmo di difficoltà e prospettive diverse per questo territorio. Fondamentali sono gli impegni di Eni e dei 600 milioni di investimento, però pochissimi nel 2017».
«Il 2016 è stato l’anno della stabilizzazione della crisi, senza peggioramenti ma senza una ripresa solida - fa eco Riberto Neri, segretario generale provinciale della Uil di Ravenna -. Serve una proposta con un nuovo modello di sviluppo che passa anche per i nuovi piani regolatori. La situazione occupazionale è critica perché abbiamo 6/7.000 posti di lavoro in meno rispetto al periodo ante crisi, i vaucher sono utilizzati in maniera impropria e il Jobs Act non funziona come speravano i fautori».
I settori ancora in forte difficoltà «che ci preoccupano di più sono ancora l’edilizia e si affaccia in maniera prepotente il settore dell’offshore che ha dimezzato fatturato e posti di lavoro negli ultimi anni - continua Ricci -. Servono investimenti da parte di Eni o sarà dura difficile invertire il trend. Anche il manifatturiero non dà segnali di espansione». 
La meccanica ha avuto una buona tenuta, soprattutto nel lughese e nel faentino grazie all’export - prosegue Garofalo -. Il porto è fondamentale per il futuro: il presidente Daniele Rossi sembra concreto e pragmatico, speriamo si sblocchino i lavori. L’edilizia è uno dei punti più dolenti: è ancora in sofferenza e se non partono investimenti pubblici, con le grandi opere di cui avremmo bisogno, potrebbe peggiorare. Discorso simile vale per l’offshore con molte imprese che hanno portato avanti importanti ristrutturazioni durante la crisi. Il settore turismo deve mettere a fattore comune storia, cultura, paesaggi naturali, wellness, enogastronomia: serve una regia che oggi manca».
«Tutto il sistema edilizio sta subendo la crisi più pesante: non bastano le solite ricette di sviluppo urbanistico, ma servono grandi opere e investimenti pubblici. Anche la metalmeccanica legata all’impiantistica è stata ridimensionata in maniera seria. L’offshore e il petrolchimico si scontano una serie di fattori: ci saranno altre situazioni critiche».
Esprime preoccupazione per il 2017 il segretario della Cgil: «In questi anni abbiamo operato molto per tenere lavoratori legati alle imprese con tutti gli ammortizzatori possibili, ma ora la crisi rischia di portare a sintesi alcune criticità - analizza Ricci -. Abbiamo una situazione di difficoltà a livello nazionale dove la fine degli incentivi sul Jobs Act ha terminato gli effetti sull’occupazione e i Comuni riescono a fare solo piccole opere, importanti, ma che non danno la scossa all’economia. Siamo ancora qui a parlare di porto, di abbassamento dei fondali, infrastrutture collegate e impianti: serve un’accelerazione da parte di tutti gli attori politici ed economici che devono andare nella stessa direzione o si rischia di perdere altri anni. Inoltre ci attende una stagione referendaria intensa sulla responsabilità degli appalti e sui vaucher che devono essere sostituiti da una regolamentazione del lavoro occasionale e limitato nel tempo». «I problemi non si risolvono a colpi di referendum - sostiene Neri -: auspichiamo negoziazione, ma se sui vaucher troveremo insensibilità e chiusura lo sosterremo». Secondo Garofalo, bisogna «essere fiduciosi, anche se deboli ci sono piccoli segnali di ripresa. Bisogna risolvere la precarietà giovanile e risolvere l’abuso dei vaucher che vanno portati alla loro origine, ma non eliminati. La preoccupazione maggiore è l’aumento infortuni sul lavoro del 2016, anche in aziende che sono il fiore all’occhiello nella sicurezza: è il frutto della precarietà e di un’età più alta che aumentano i rischi».


Christian Fossi
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