Il meglio della Romagna in album «natalizi»

Romagna | 11 Dicembre 2016 Cultura
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Federico Savini
C’erano una volta le «tradizioni». Proprio in un periodo segnato dalla riscoperta del liscio - il cui rapporto con la «tradizione» è quanto meno controverso - arrivano sul mercato una manciata di dischi di musicisti ravennati che si muovono in ambiti e immaginari assai lontani dalla nostra terra ma che si stanno facendo largo nello scenario nazionale con  riscontri sorprendenti. In particolare il rap di Moder, le iconografie americane con il cuore italiano di Dulcamara, le ispide sperimentazioni dei Cacao e il death-metal degli Hierophant hanno trovato al volo un posto nel proprio settore di appartenenza, quando di «settori stagni» si può parlare, chè siamo pur sempre romagnoli, gente che quando una tradizione non ce l’ha – vedi proprio la musica da ballo – semplicemente se la inventa.
Solo negli ultimi dieci giorni se n’è parlato e scritto su La Stampa, Il Manifesto e riviste di settore come Rumore e Blow Up, senza contare i siti dedicati al rap che in coro lo stanno incoronando come disco hip-hop underground dell’anno. E’ «8 Dicembre» (Glory Hole Records), primo album di Lanfranco «Moder» Vicari, già nei Lato Oscuro della Costa nonché anima del Cisim di Lido Adriano. Anticipato dallo struggente singolo Mauro e Tiziana, che racconta della perdita del padre nel giorno del suo undicesimo compleanno con un video girato tra il petrolchimico e il porto di Ravenna (sulle 20mila visualizzazioni), «8 Dicembre» ha tanti collaboratori ma è stato prodotto dal rapper insieme ad Andrea Scardovi del Duna Studio di Russi, coinvolgendo il contrabbassista Francesco Giampaoli dei Sacri Cuori in un brano, dopo che i due hanno partecipato alla Ballata dei picchettini del Teatro delle Albe. Ce n’è abbastanza per capire quante esperienze confluiscano nella «cosa più bella e importante che ho mai fatto» dice lo stesso Moder, che ha pubblicato un romanzo di formazione in formato rap, scandito in rime, barre, groove che picchiano duro e una quantità di strumenti acustici che intrigheranno anche chi solitamente si tiene lontano dall’hip-hop. 
Ed è finalmente uscito, su etichetta Inri, «lndiana», il più volte rimandato quarto album di Mattia «Dulcamara» Zani, cantautore di Faenza che partì anni fa proprio dal rap ma ormai è un lontano ricordo. «Indiana» è il resoconto introspettivo dei viaggi e delle fantasie di Zani in terra statunitense. Di conseguenza fonde un piglio chitarristico evocativo e maturo con qualità melodiche molto italiane. «Il folk del nord America che incontra la canzone d’autore - dice lui stesso -, dove i suoni valgono come le parole e parole come i suoni. Ho lanciato la bussola da un’altra parte».
Viene da Brisighella il contrabbassista Gabriele Laghi, che oltre agli Zampanò e alla Mr.Zombie Orchestra suona nei Collettivo Ginsberg, entità cesenate che gestisce pure l’etichetta L’Amor mio non muore, che meno di due mesi fa ha dato alle stampe «Tropico», nuovo album del Collettivo Ginsberg. Il gruppo è in tour in centro Italia in queste ore, per presentare canzoni che apparentemente assecondano linguaggi da ballo come il tango e la cumbia ma lo fanno con un impeto quasi rumorista, devianze jazz e testi ermetici. Legato al medesimo circuito c’è il cantautore santarcangiolese Federico Braschi, ormai riconvertito al pop con il singolo Nel mare ci sono i coccodrilli che lo vede tra i finalisti di Area Sanremo.
Cambiamo completamente genere con «Mass Grave», quarto album dei ravennati Hierophant per l’etichetta francese Season of Mist. Siamo nel campo del death-metal, ossia una delle formula più estreme  dell’universo metal tutto e la band calca da tempo i principali palcoscenici europei di settore, con oltre 11mila fan su facebook.
Decisamente fuori da ogni schema è invece la proposta dei Cacao, il duo basso-chitarra di Diego Pasini e Matteo Pozzi, già nei funambolici Actionmen (il secondo pure nei Ronin). L’esordio «Astral» (Brutture Moderne) è uno stranito viaggio psichedelico fatto di new-wave scheletrica, devianze cosmiche e minimalismo per corde elettriche. Ricetta vagamente simile per «Sputnik», debutto di Nevica Noise, nuovo progetto dell’irrequieto cantautore e produttore ravennate Gianluca Lo Presti, che si rifà alla musica cosmica anni ’70-’80, fondendo elementi melodici con fluttuazioni elettroniche e inserti rumoristi. Si chiama invece «A Glorious Mess» il fragoroso debutto dei Tunguska, agguerrito duo che si muove tra indie-rock e shoegaze, con Gennaro Spaccamonti e il batterista di Barbiano Nicola Monti. Sul disco ha messo le mani un produttore di rango come Paolo Mauri.  Infine, è «soprattutto» un libro A Peacock in Dundee, pubblicazione con cd allegato dell’illustratore faentino Cesare Reggiani, che segnaliamo per le musiche degli HistriX che accompagnano i limerick poetici di Reggiani.
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