Lorenzo Arruga "firma" lo spettacolo dedicato a Shakespeare il 13 dicembre

Ravenna | 12 Dicembre 2016 Cultura
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spettacolo del critico musicale Lorenzo Arruga che nella sua carriera ha spaziato dal teatro ai giornali, dagli spettacoli alle letture teatrali, dal Carnevale di Venezia alla direzione negli anni ‘80 di Ravenna in Festival (papà dell’attuale manifestazione ravennate). Del resto Arruga è stato proprio ospite di Ravenna Festival con uno spettacolo dedicato a Mozart ai chiostri della biblioteca Classense nel 2006.
La stagione di opera si apre quindi martedì 13 (ore 20.30) al teatro Alighieri di Ravenna con Lascia pur che il mondo giri: una serie di opere teatrali di Shakespeare presentate con le canzoni pensate proprio dal drammaturgo inglese. Le musiche sono tutte originali della compagnia per cui scriveva e recitava, i King’s Men.
Cinque attori in scena, accompagnati dall’ensemble Milano Classica & Trio Il furibondo diretti da Michele Fedrigotti; la drammaturgia e la regia sono di Arruga, che ci racconta il «suo» Shakespeare ed un sogno personale.
Quando ha incontrato Shakespeare per la prima volta?
«E’ rimasto talmente legato alla mia vita che non mi ricordo più quando è avvenuto. Però mi ricordo che quando sono andato a Stratford upon Avon dove è nato Shakespeare – era quando stavo cominciando a studiare le sue canzoni, avevo circa trent’anni – entrai nella sua casa e c’era una scrivania e una madia originali e mi chiesi: “Ma da quanto siamo amici?”».
Una canzone che le è particolarmente cara del Bardo?
«Sicuramente quella che dà il titolo allo spettacolo, Lascia pur che il mondo giri. Il mio complice in questa avventura è Azio Corghi, un grande musicista con cui lavoro da tempo e che mi ha detto un giorno “guarda te come attraverso quasi 50 anni che lavoriamo insieme questa canzone si è rivelata vera: tutto passa e ci si consola con l’amicizia e gli affetti”.  È stata una delle prime che ho tirato fuori. Queste canzoni sono state scritte per le pièce in alcuni casi, mentre altre sappiamo che le prendevano dal repertorio della compagnia».
Qual è l’attualità di Shakespeare?
«E’ pazzesca. Pensi che durante le prove dei cantanti per questo spettacolo, ma anche in altre occasioni in cui ho portato in scena alcune opere di Shakespeare, qualcuno, ad un certo punto, diceva “vi rendete conto che non è stata scritta stamattina?”».
Perchè, in un’intervista, ha scelto come pseudonimo quello di Werther senior. Pensa al suicidio come il personaggio di Goethe?
«È quello che mi distingue da lui. Io ho continuato a vivere».
Come si svolgerà lo spettacolo?
«La scena è fatta di niente, i protagonisti sono sempre sul palco. C’è il prato e il cielo, quando gli attori non sono sul prato è come se si trovassero fuori dalla scena. Piano piano che vengono eseguite le canzoni salgono i titoli delle pièce con lettere in legno tenute dagli attori. La scenografa Lucia Di Giorgio è giovane e bravissima.In pratica una compagnia di giovani attori scopre, e svela al pubblico, cosa può essere Shakespeare se ai suoi celeberrimi testi si affiancano quelle canzoni che lo stesso autore voleva e prevedeva per il suo teatro. La recitazione si intreccia al canto».
C’è qualcosa che manca al suo corposo curriculum?
«Ah si, mi piacerebbe tanto aver scritto una poesia come Mi illumino d’immenso. Beh, certo, punto in alto, ma si accorgerà che, a una certa età, nella vita non si può perdere tempo. Bisogna mirare in alto come Woody Allen quando diceva “bisogna avere dio come modello”».
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