Federica Ferruzzi
Forte e deciso, proprio come il titolo, «Caffè amaro», l'ultimo libro di Simonetta Agnello Hornby verrà presentato alle 21.30 di giovedì 4 agosto al Romantico Caffè di Milano Marittima, che ospiterà la rassegna «Cervia la Spiaggia ama il libro» fino al 15 di agosto. L'ultima fatica della giurista siciliana, che da diversi anni abita a Londra, intreccia la Storia, con la «s maiuscola» alle vicende quotidiane di personaggi che, pagina dopo pagina, sanno imporsi con la loro spiccata personalità, attraversando i primi 40 anni del Novecento e regalandoci una storia segnata da profonda umanità. Protagonista indiscussa è Maria, una donna in controtendenza per l'epoca, che ha sfidato i pregiudizi facendosi strada in una Sicilia segnata dalle convenzioni.
Hornby, quanto c'è di lei e della sua storia nella protagonista?
«Tutti i miei personaggi hanno qualcosa di me, ma la mia vita è stata molto diversa. Per raccontare la protagonista ho preso spunto da mia nonna Maria, che mia mamma ha sempre descritto come una santa. La ricordava come una donna in grado di fare tutto, dal cambio dei polsini di una camicia alla preparazione dei piatti della tradizione, e ne ha sempre parlato al presente, come se fosse stata ancora viva. Era una donna allegra e indipendente di testa, ma ha condotto una vita sacrificata. Per questo, con il benestare di mia madre, ho deciso di 'regalarle' un amante».
Il titolo rappresenta, metaforicamente, la vita della protagonista che, però, trova il modo di affermare la propria volontà. Cos'altro c'è dietro questo «Caffè amaro»?
«Ci sono elementi autobiografici. La protagonista beve caffè amaro perchè così faceva mia nonna, a causa di un'incomprensione con le sorelle di mio nonno, durante una delle prime visite ufficiali. Da allora scelse di berlo amaro e insegnò a non mettere zucchero anche ai suoi figli. Lo stesso hanno fatto con me e mia sorella. Visto che le somiglianze con mia nonna non sono molte, ho pensato di inserire quanto potevo».
Il libro si basa su un'accurata ricostruzione storica, che dura oltre 40 anni, e parla di ebrei ma anche di mafia. Cosa ha imparato?
«In realtà avrei voluto far finire il libro nel 1926, ma dopo una visita a Palermo insieme a mia nipote, che voleva visitare casa Professa, ho deciso di inserire la persecuzione degli ebrei e ho aggiunto altri venti anni alla storia, arrivando così oltre la seconda guerra mondiale. Ho cambiato anche il nome dell'amante di Maria e l'ho reso ebreo. Per quanto riguarda la mafia, sono molto critica e riconosco a noi siciliani più responsabilità di quanto non facessi prima. Il periodo in cui parlo della guerra, però, l'ho copiato dal libro di un lontano parente che mi venne lasciato durante una presentazione: confesso che, se sono leggeri, gli scritti che mi offrono in queste occasioni li prendo sempre, se sono pesanti no».