I commissari Acmar: «Meglio la continuità». Il 22 aprile l'adunanza dei creditori

Ravenna | 17 Aprile 2016 Economia
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«L’alternativa fallimentare non può costituire un valido elemento per poter conseguire un significativo incremento dell’attivo». Anzi «potrebbe determinare un incremento della massa passiva in seguito alla maturazione di penali contrattuali e richieste di risarcimenti danni, per non parlare dell’incremento dei costi di procedura, oltre alle difficoltà di ottenere i realizzi relativi ai lavori in corso e ancora da completare. A ciò si aggiunga la circostanza che, relativamente alle numerose commesse in corso, nel caso di fallimento maturerebbero oneri da considerare prededucibili, con ulteriore pregiudizio per il ceto creditorio in generale». In conclusione «la soluzione concordataria, rispetto all’alternativa fallimentare rappresenta quella di maggior soddisfazione per il ceto creditorio, seppur con una previsione di soddisfacimento del ceto creditorio chirografario inferiore rispetto alle previsioni formulate dalla ricorrente». Con queste frasi i commissari della cooperativa edile Acmar, Fulvio Piacenti e Vincenzo Morelli hanno tratto le conclusioni di un’articolata relazione (169 pagine) in cui sono stati analizzati i bilanci dal 2007 al 2014 dell’impresa edile e il piano industriale allegato al concordato. Il documento è stato depositato martedì 12 aprile scorso al tribunale di Ravenna in vista dell’adunanza dei creditori che si terrà venerdì 22 aprile prossimo.
Nella relazione viene sottolineato come l’aspetto più rilevante della proposta concordataria sia rappresentato «dalla rilevante componente di continuità aziendale che si estrinseca nell’esistenza di oltre 40 cantieri in funzionamento» con positive «previsioni di risultato».
La possibilità per l’azienda di proseguire nell’attività «è strettamente dipendente dalla disponibilità del ceto bancario a concedere/mantenere le necessarie linee di affidamento per l’operatività aziendale». In questo contesto i commissari hanno evidenziato «segnali positivi da parte della maggioranza delle banche».
Le criticità maggiori sono rappresentate dalla modesta marginalità degli appalti pubblici, dalla difficoltà nella liquidazione del rilevante patrimonio immobiliare, dalla previsione di incasso di alcuni crediti commerciali, dal realizzo delle partecipazioni di minoranza e da alcune vertenze legali sia attive che passive. Pertanto i commissari hanno presentato una situazione complessivamente più prudenziale rispetto alle previsioni per il soddisfacimento dei creditori chirografari rispetto al 53% proposto da Acmar con un minimo del 40%, un probabile 42% e un massimo del 56%.
Vista la vicinanza temporale dell’importante scadenza, i lavoratori - che sono in stato di agitazione per la decisione dei vertici della cooperativa di disdettare il contratto integrativo aziendale dal 1° maggio - hanno congelato l’idea dello sciopero e di incontrare prima i dirigenti dell’impresa. L’appuntamento è ancora da fissare, ma sicuramente sarà dopo la verifica dello stato passivo coi creditori. «Tra i lavoratori - commenta Davide Conti, segretario provinciale della Fillea Cgil - ci sono un mix di rabbia e forte preoccupazione sia per i passaggi del concordato che per il futuro cooperativa, anche perché a ottobre scade la cassa integrazione».
Nell’integrazione al concordato presentato da Acmar sono ancora previsti dai 120 ai 130 esuberi nonostante l’organico sia stato ridotto di una trentina di unità nel corso dell’ultimo anno e oggi si attesti intorno alle 260 unità.

Christian Fossi
Foto di Massimo Fiorentini
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