Letteratura, arte e storia con la nuova rivista quadrimestrale «novantasei»
«Misurare, calcolare e pesare il valore di questo grande oggetto culturale che è la Romagna». E’ questo l’obiettivo, ambizioso e un tantino spregiudicato, che si pone la neonata associazione culturale La Lampada, con la pubblicazione del primo volume della rivista autoprodotta novantasei, che sarà presentato venerdì 29 gennaio alle 20.45 alla bottega Bertaccini di Faenza. Ragazzi precisi, per lo più venticinquenni, che in 96 precise precise discettano di letteratura, arte e storia con il denominatore comune della Romagna.
Nata a settembre 2015, l’associazione vuole anzitutto «Fare cultura concretamente – spiegano i soci -. Una volta istituita la struttura amministrativa, abbiamo cercato persone che condividessero il progetto. La forma dell’associazione richiede ai soci di contribuire personalmente, o con elaborati originali sui tre temi principali: letteratura, arte e storia. Questo confluisce nelle periodiche sedute dell'associazione e in alcuni progetti editoriali, tra cui la rivista novantasei». Che in pratica è «La voce dell’associazione, un libro che raccoglie i contributi di chiunque voglia accrescere culturalmente il nostro patrimonio di conoscenze. Ha cadenza quadrimestrale e ospita, oltre a saggi, poesie e racconti, anche riproduzioni delle opere di artisti locali. L’obiettivo è di mettere in contatto appassionati e intenditori dei più vari campi umanistici, accomunati da un unico denominatore: la Romagna».
Il nome della rivista nasce dalla conta – inserita in una sorta di colto editoriale collettivo d’apertura – dei chilometri che separano la grande biglia imolese di Alessandra Andrini, che si affaccia fanciullesca sull’A14, dalla Tavullia dell’icona Valentino Rossi. A Scandire le pagine tra un breve saggio e l’altro ci sono le opere, riportare in bianco e nero, dell’artista forlivese Sabina Negosanti, e le letture sono per lo più ad opere dei componenti dell’associazione (Mattia Randi, Valerio Ragazzini, Isobel Tozzi, Alessandro Catani e Pier Angelo Lazzari) che raccontano di cimiteri di montagna come di inverni freddissimi, di parabole semi-dialettali e Natali problematici, del senso delle cose in autunno e dell’Anic di Ravenna. Il tutto condito da inviti alla lettura, pubblicando anche testi di Alfredo Oriani e Alfredo Panzini.
Come si fa, poi, a non stare dalla parte di un gruppo di venticinquenni che idolatrano Oriani, prendono spunti dal metodo galileiano, definiscono la S romagnola «consonante fricativa alveolare sorda, oggi sibili di un rettile strisciante e manifesto del romagnolo nel globo terracqueo» e non ignorano questioni fondamentali come la «vexata quaestio del crescione/cassone»? (f.sav.)