Guido Ottolenghi (Confindustria): "Casse a terra, ma non quelle del primo progetto"

Ravenna | 19 Dicembre 2015 Blog Settesere
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Il nostro porto è la principale industria del nostro territorio. Esso dà lavoro a migliaia di famiglie e favorisce la presenza di insediamenti industriali anche al di fuori della sua area. Su di esso le nostre aziende hanno investito tantissimi soldi negli anni, e le Autorità pubbliche hanno contribuito con strade, infrastrutture e attività regolatoria. Ormeggiatori, piloti e rimorchiatori lo hanno dotato dei mezzi che ne garantiscono il sicuro operare. I portuali hanno apportato non solo la manodopera, ma da anni fanno ingenti investimenti in mezzi di sbarco. Altre categorie, anche senza fare investimenti che li leghino a questo territorio, contribuiscono comunque al suo funzionamento. Ognuno di noi ha bisogno di un porto efficiente e competitivo, in modo che le nostre energie siano rivolte a trovare nuovi traffici e progettare nuovi investimenti.
Durante la precedente presidenza dell’Autorità Portuale, terminata a febbraio 2012, la politica locale aveva indirizzato l’attività dell’Ente verso la ricerca di nuove linee di sviluppo. Questa scelta, non priva di merito, forse fu influenzata dalla esuberanza economica di quegli anni, almeno fino al 2008/2009, che faceva pensare che gli altri traffici fossero acquisiti per sempre. Così la gran parte delle energie e dei fondi fu dedicata al tentativo di sviluppare il distretto della nautica, le crociere e i traghetti (oltre 80 milioni di € complessivamente), e pur garantendo una certa manutenzione, in quegli anni furono trascurati sempre più i fondali e lo sviluppo tradizionale.
Nel 2011 era ormai però diffusa nella nostra comunità l’idea che un ripensamento del futuro di Ravenna che desse attenzione alle banchine e ai fondali necessari per i traffici tradizionali ed i container fosse ormai urgente. Perciò fu salutata con entusiasmo da noi, ma credo da tutti, la nuova linea politica annunciata in occasione della nomina del nuovo presidente, ing. Galliano di Marco, che saluto. Egli dichiarò subito che i fondali erano la priorità assoluta e che sperava di indire il bando dei primi dragaggi entro l’estate 2012 poi rimandò all’estate 2013 e disse che crociere o cittadella della nautica erano da fare solo se ci mettevano soldi i privati, poi l’Autorità si accorse che mancavano le aree dove stoccare il materiale scavato. Di Marco annunciò però che era venuto per un celere dragaggio dei fondali e che se non poteva cominciare si sarebbe presto dimesso. Nel frattempo a fine 2013 definiva gli accordi di affitto delle aree coi privati, e poi annunciava la realizzazione di un impianto di trattamento dei fanghi e l’inizio dell’escavo a gennaio 2014 e così via.
Agli annunci, che non sono mai mancati, non hanno fatto seguito le realizzazioni, e gli annunci stessi si sono fatti a mio parere sempre più contraddittori, minandone la credibilità. Il progetto preliminare del 2012 ebbe quantomeno il merito di permetterci di ottenere i finanziamenti dal CIPE, ma cominciò ben presto ad essere modificato e poi stravolto fino all’estate del 2014, con l’introduzione di progetti immobiliaristi giganteschi e di elementi di complicazione che ne diminuivano le possibilità di concreta realizzazione. Esso fu però venduto come “unica soluzione possibile”. Purtroppo ora sappiamo che non era né una soluzione possibile, né l’unica. Ad esso si sono succedute altre soluzioni ultimative. Ma anch’esse sono risultate inattuabili ad una analisi meno superficiale. Per ogni ostacolo è stato individuato un nemico o un complotto, mettendo una categoria contro l’altra. Mai in questi quattro anni abbiamo sentito ammettere il benché minimo errore dall’Autorità Portuale, ente preposto al governo del porto, che a mio modesto parere deve ricordare che la sua missione è servire il porto, non asservirlo.
Questo ingenera un senso di confusione e di sfiducia, di tutti contro tutti, che rende difficile attuare anche le soluzioni razionali, che certamente esistono, se tutti gli altri porti di Europa e d’Italia riescono a dragare e noi a Ravenna no. Perciò da maggio di quest’anno, quando il Progetto degli Espropri, denominato dall’AP “Progettone” appariva ormai naufragato, ci siamo interrogati tra noi su cosa si poteva fare, seppure in un contesto ostile al dibattito e al dialogo tra gli attori del porto, per ricondurre alla razionalità le scelte per il nostro futuro. Fu così che emerse l’idea di commissionare uno studio che mettesse in fila, in modo sintetico e comprensibile, anche per chi è meno tecnico, i problemi, gli obiettivi di sviluppo del porto e i modi di gestire la sabbia. Qualcosa da cui capire quale soluzione richieda la VIA o la modifica degli strumenti urbanistici e quale no, qual è più lunga e quale più breve, senza illusorie promesse. Insomma un menu per chi deve scegliere le soluzioni, per chi deve spiegarle e per chi vuole partecipare al dibattito non come tifoso di una parte o dell’altra, ma come cittadino lungimirante. Fu il collega Andrea Farina, di ItWay, che ci rappresenta autorevolmente tra i vice presidenti di Confindustria Emilia Romagna, a metterci in contatto con Nomisma. Nomisma, per produrre lo studio che oggi ci presenterà, ha dialogato con tutti gli attori interessati, e si è avvalsa di competenze legali e ambientali. Lo studio è stato sostenuto economicamente da diversi operatori portuali, dagli Spedizionieri, e dalla Confindustria regionale che considera il porto un bene di tutto il territorio. Altri attori del porto avevano valutato di sostenerlo, ma a seguito di una serie di incontri convocati a Luglio in Autorità Portuale si sono ritirati.
Questo studio, che doniamo alla Città, potrà essere preso in mano dalle Autorità, per approfondirlo e migliorarlo. Se da esso potesse scaturire, prima ancora che una soluzione, un metodo di lavoro e dibattito nella comunità portuale più pacato e cooperativo, sarebbe un grande risultato in questa stagione festiva in cui i dispiaceri devono lasciare il posto alle speranze.

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