Sicurezza sul lavoro: «In provincia denunce di infortuni in calo del 4.85%». Parlano Trancossi (Cgil), Baroncelli (Cisl) e Sama (Uil)

Romagna | 16 Febbraio 2024 Cronaca
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Nel 2023 le denunce di infortunio presentate all’Inail in Italia sono state 585.356, in calo del 16,1% rispetto alle 697.773 del 2022. Questo decremento è dovuto quasi esclusivamente al minor peso dei casi da Covid-19, passati da circa 111mila nel 2022 a meno di seimila l’anno successivo. Al netto dei contagi, infatti, la riduzione degli infortuni sul lavoro “tradizionali” è molto più contenuta, di poco superiore all’1%. Questi i primi dati resi noti, lo scorso 6 febbraio, dall’Inail che ha analizzato i numeri provvisori delle malattie professionali e degli infortuni denunciati nel 2023, rilevati alla data dello scorso 31 dicembre. I primi dati sul 2023 evidenziano che il calo del 16,1% delle denunce di infortunio è la sintesi del -19,2% dei casi avvenuti in occasione di lavoro, e del +4,7% di quelli occorsi in itinere, nel tragitto di andata e ritorno tra l’abitazione e il posto di lavoro. Analizzando l’andamento per classe di età dell’infortunato, emergono diminuzioni in tutte le fasce a eccezione di quella degli under 20, che registra un aumento dell’11,7%. Su questo incremento può aver influito l’estensione della tutela assicurativa degli studenti prevista per l’anno accademico 2023-2024. Il calo è molto più consistente tra le lavoratrici (-27,6%) rispetto ai lavoratori (-8,1%). L’analisi territoriale evidenzia una diminuzione delle denunce di infortunio in tutte le aree del Paese: nel Nord-est è del -9,9%. In Emilia-Romagna, si è registrato un calo del 6.21% negli infortuni denunciati, con un totale di 64.546 casi. Nonostante questo miglioramento, i numeri rimangono ancora elevati, sottolineando la necessità di continuare gli sforzi per garantire un ambiente di lavoro sicuro. LA SITUAZIONE IN ROMAGNA Analizzando le province romagnole, a Ravenna le denunce di infortuni sono diminuite del 4.85%, raggiungendo quota 5.732, mentre la provincia di Forlì-Cesena ha evidenziato un calo del 3.61%, con 5.791 casi. Anche Rimini registra un calo del 2.49%, con un totale di 4.303 denunce. Questi dati positivi sottolineano l’importanza delle misure di prevenzione adottate, ma al contempo mettono in luce la necessità di mantenere elevata l’attenzione su questo fronte. Tuttavia, preoccupano i dati riguardanti gli infortuni mortali: le segnalazioni di incidenti mortali sono state complessivamente 77 (+5) nella regione Emilia-Romagna, registrando un incremento del 6,94%. A Ravenna si sono verificati 9 incidenti (-1), mentre a Forlì-Cesena se ne sono contati 13 (+5) e infine Rimini ha registrato 2 incidenti (-2). TRANCOSSI: «TROPPI SUBAPPALTI» «I dati del rapporto stilato dall’osservatorio Cgil regionale evidenziano un lieve calo di infortuni mortali rispetto al 2022- ha commentato la neo segretaria generale Cgil Ravenna, Manuela Trancossi-. Certo è che il dato resta comunque preoccupante visto che nella nostra provincia se ne sono registrati ben 11 lo scorso anno. Il tema della sicurezza sul lavoro è gravoso e meriterebbe impegno complessivo molto più ampio: come Cgil abbiamo il personale del “Dipartimento salute e sicurezza nei luoghi di lavoro” che fa visita alle aziende, in primis nei cantieri poi in quelle artigiane che non hanno un loro responsabile interno addetto alla sicurezza. Purtroppo la situazione è preoccupante e sulla sicurezza nei luoghi di lavoro incidono diversi fattori tra cui il tipo di mansione, i contratti e la formazione che è ancora molto indietro. Nei cantieri vi sono appalti e subappalti con personale che svolge quella mansione magari per un solo giorno o con contratti quindicinali e possiamo chiaramente escludere che abbia avuto una corretta formazione. Per Cgil è chiaro che la sicurezza si ottiene non solo con la formazione, ma anche con contratti stabili e controlli che, ad oggi, non vengono effettuati con una giusta cadenza per mancanza di personale. Negli anni in Italia e ovviamente anche nella nostra provincia la situazione è peggiorata: si lavora sempre sull’emergenza, pertanto è ovvio che un anno si possa registrare un leggero calo negli infortuni mortali e quello successivo un leggero aumento o una stabilità. La formazione la fanno i grandi gruppi, ma nel nostro territorio, dove perlopiù ci sono piccole realtà, l’investimento su questo importante strumento è visto solo come un costo». Tra i settori più esposti non solo l’edilizia, ma anche la metalmeccanica, i trasporti, ma anche il turismo, comparto dove, secondo Trancossi, la formazione non viene praticamente mai fatta. BARONCELLI (CISL): «POCO PERSONALE PER I CONTROLLI» Maggiore cultura della sicurezza sul luogo di lavoro, rispetto delle normative sul tema e più personale negli organici degli ispettori addetti ai controlli. Anche Roberto Baroncelli, segretario generale Cisl Ravenna, non si fa prendere da entusiasmo nonostante i dati della nostra provincia siano in linea con quelli regionali e registrino un calo delle denunce degli infortuni mortali. «Il lavoro da fare è ancora tanto e solo con un’attività mirata e in sinergia con le diverse parti in causa si possono ottenere risultati apprezzabili. Il trend è in miglioramento da un quinquennio e questo potrebbe significare che stiamo agendo in maniera corretta con risultati apprezzabili da un anno all’altro». Dal 2018 al 2023 le denunce di infortuni sono calate in provincia di Ravenna da 7733 a 6871, in quella di Rimini da 5349 a 5053 e in quella di Forlì-Cesena da 7633 a 6845. Nello stesso periodo, le denunce per malattie professionali, invece, sono in aumento: in provincia di Ravenna erano 511 nel 2022 contro le 579 del 2023 con un +13,31% mentre in quella di Forlì-Cesena erano1073 del 2022 contro le 1136 del 2023 con un +5,87%; leggero calo, in controtendenza, per la provincia di Rimini che ha registrato un -2,05% passando da 438 denunce a 429. «A Ravenna, ormai 4 anni fa, è stato approvato il Protocollo per la sicurezza in ambito portuale che tutela la salute pubblica dei lavoratori e delle operazioni portuali. Si tratta di uno strumento che detta linee guida, coerenti con le molteplici disposizioni progressivamente emanate dalle competenti autorità, che possono essere calate nelle singole realtà del settore portuale e consentono di armonizzare i livelli di prevenzione e le misure di tutela della salute e sicurezza dei lavoratori impiegati nelle attività che si svolgono nel porto. Un altro documento importante che offre spunti interessanti sui quali continuare a lavorare, tra i quali l’importanza della cultura della sicurezza che andrebbe insegnata già nelle scuole è il patto sottoscritto in Prefettura due anni fa. Ci sono, poi, questioni aperte sulle quali bisognerebbe fare uno scatto in avanti: spesso gli infortuni gravi avvengono in ambienti dove ci sono tanti appalti e subappalti e quando si taglia sui costi è la sicurezza la prima a venir sacrificata. Oltre a ciò, troviamo spesso nelle aziende molti lavoratori stranieri ai quali è stata data solo un’infarinatura della mansione da svolgere e che, quindi, rischiano molto. Nelle grandi realtà industriali come Marcegaglia dove più aziende contribuiscono allo svolgimento dell’attività lavorativa servirebbero più connessioni tra i diversi rappresentai della sicurezza ed un’interazione che copra ambiti di confine tra un pezzo di produzione e l’altra. In Italia le normative ci sono e sono anche frequentemente aggiornate, ma vanno fatte rispettare». Altro problema segnalato da Baroncelli è la carenza di personale negli organici preposti ai controlli. «Qualche anno fa, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, durante la giornata in ricordo della tragedia della Mecnavi, annunciò l’arrivo di più figure preposte ai controlli nell’Ispettorato del lavoro di Ravenna, ma ad oggi l’organico è ancora carente». SAMA: «SERVE PIU’ CULTURA DELLA SICUREZZA» «Lo slogan Uil è “Zero morti sul lavoro” pertanto che vi sia un decesso in più o in meno e fluttuazioni tra un anno e l’altro, non rende l’idea della catastrofe che, invece, persiste». Con queste parole il segretario generale Uil Ravenna, Carlo Sama, ha commentato i primi dati sugli infortuni sul lavoro registrati nella nostra provincia lo scorso anno. «Non si può morire di lavoro, non si può esser contenti di essere rientrati a casa la sera e pensare che anche questa volta, per fortuna, è andata bene. Ci sono ancora troppi incidenti ed un conto è registrare un calo del 50 o 60% tra un anno e l’altro un conto sono due o tre unità. Nonostante gli sforzi che cerchiamo di fare abbiamo ancora troppi incidenti nella filiera di appalti e subappalti e quando andiamo a fare controlli nelle aziende più strutturate incrociamo le dita. Come gli altri sindacati, ormai da anni lamentiamo organici insufficienti negli enti preposti ai controlli: vorremmo lavorare sulla prevenzione, ma serve personale e repressione per chi mette nella propria azienda la sicurezza all’ultimo posto». Anche per Uil si sono settori più esposti al rischio infortunio: dall’agricoltura all’edilizia, dalla logistica ai cantieri. «Da qualche anno, con l’assessore al lavoro Federica Moschini organizziamo un evento sul tema della sicurezza in ambito lavorativo e crediamo che la cultura della sicurezza andrebbe portata nelle scuole per farla acquisire alle giovani generazioni. Gli incidenti si registrano in larga parte perché l’obiettivo principale delle aziende è trarre il massimo profitto e in minor parte anche per la disattenzione e perché non vengono rispettate le norme. Bisognerebbe portare in ambito lavorativo comportamenti virtuosi che attuiamo nella vita di tutti i giorni: come mettiamo il casco per andare in motorino o ci allacciamo la cintura per guidare l’auto, dovremmo, in automatico, indossare l’elmetto in cantiere e prendere tutte le precauzioni utili alla nostra salvaguardia. Siamo soddisfatti per “il patto per la prevenzione degli infortuni e la sicurezza sul lavoro” siglato due anni fa in Prefettura da 42 enti tra cui noi sindacati e le forze dell’ordine. Un patto che mette al centro le persone, senza le quali non c’è comunità di lavoro, non c’è impresa perché la sicurezza dei luoghi di lavoro significa in primis custodia delle risorse umane». Tra le altre cose il patto premia chi si adopera attivando interventi che rafforzano la tutela della sicurezza o promuove “best practices”. (Marianna Carnoli)
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