Romagna, Cellarosi (pres.Urcofer): “Quanto successo a Bari è una pagina nera per l’ordinamento giudiziario del Paese”

L’Unione Regionale dei Consigli dell’Ordine Forense dell’Emilia- Romagna ha appreso con viva preoccupazione la decisione del Consiglio Giudiziario presso la Corte d’Appello di Bari di revocare il “diritto di tribuna” ai componenti avvocati di quel Consiglio; vale a dire la possibilità riconosciuta ai membri nominati dall’Avvocatura (e dall’Accademia) di assistere – pur senza diritto di voto – alle discussioni sulle pratiche di valutazione di professionalità dei magistrati. “Tale decisione, per meglio dire - precisa il presidente di Urcofer, Mauro Cellarosi - più che dal Consiglio Giudiziario è stata presa dai magistrati che lo compongono, non solo in negazione del precedente Regolamento consiliare, ma anche in controtendenza rispetto ad una realtà nazionale che vede riconosciuto il “diritto di tribuna” ai componenti non togati nella gran parte dei Consigli Giudiziari. E ciò, peraltro, nel contesto di un ordinamento costituzionale che, all’interno del Consiglio Superiore della Magistratura quale massima sede di autogoverno della stessa, attribuisce ai membri non togati il diritto di voto e pari dignità rispetto ai membri eletti nell’ambito della Magistratura.
Il disappunto e lo sconcerto sono amplificati dalla constatazione che tale proposta è stata veicolata tramite un apposito documento unitario dell’intera componente togata (sul quale, cioè, è intervenuto il consenso di tutte le “correnti” della magistratura, cosa assai rara di questi tempi) formato al di fuori della sede istituzionale del Consiglio Giudiziario e depositato agli atti del Consiglio con la pretesa di sottrarre la proposta ad una discussione definita “inutile” e dall’esito scontato, vista la compatta adesione della componente togata.
Si è trattato, quindi, di un’iniziativa improvvisa, finalizzata a eludere qualsiasi contraddittorio e, come tale, irrispettosa dell’istituzione e dell’alta funzione che la legge attribuisce a ciascun membro, togato e non, che la compone. Tanto da indurre i membri Avvocati designati dal C.N.F. a rimettere il loro mandato.
Una vera e propria pagina nera - tanto nella forma, quanto nella sostanza - nella storia dell’ordinamento giudiziario del nostro Paese, che evidenzia l’assoluta spregiudicatezza dei magistrati che hanno promosso e realizzato tale progetto di restaurazione, evidentemente insensibili alla richiesta di massima trasparenza che proviene dalla società civile e da tutte le componenti del sistema giustizia - Avvocatura in testa – dopo i recenti e noti eventi che hanno fatto platealmente emergere il sotterraneo e, spesso, oscuro operato delle correnti della magistratura all’interno del C.S.M. e, quindi, anche degli stessi Consigli Giudiziari.
Una decisione sbagliata e che rappresenta anche un inaccettabile condizionamento rispetto all’iter della riforma dell’ordinamento giudiziario attualmente al vaglio del Parlamento, il quale, in materia di Consigli Giudiziari, contiene la parziale novità della partecipazione senza diritto di voto dei cd. componenti laici – avvocati e professori universitari – nelle discussioni sulla professionalità dei giudici, ai fini della redazione dei pareri da inviare al C.S.M.
Una riforma, sia detto con chiarezza, che l’Avvocatura considera insufficiente data la necessità – ora più che mai evidente – di garantirle la dignità che merita e che le spetta, in considerazione del ruolo fondamentale e insostituibile che essa esercita nell’amministrazione del servizio giustizia e della giurisdizione”.