Ricci (Cgil), Garofalo (Cisl) e Neri (Uil) sui dati Istat in Emilia Romagna

Romagna | 03 Luglio 2018 Economia
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Samuele Staffa

E' presto per cantar vittoria e parlare di ripresa. Ma i dati sull'occupazione elaborati da Istat nelle ultime settimane sono confortanti. Si torna a parlare di «stabilità» nel numero degli occupati e il saldo negativo tra imprese chiuse e aperte si avvicina. E calano anche le ore di cassa integrazione.L'Emilia Romagna presenta si conferma tra le più virtuose, ma non è tutto oro quello che luccica. La provincia di Ravenna, a confronto di altri distretti regionali, è tra le più lente.

Le tre principali sigle sindacali attive sul nostro territorio, Cgil, Cisl e Uil, sono d'accordo. Finita la campagna elettorale bisogna passare dalle parole ai fatti. E si parla di una ritrovata unità sindacale per discutere, al tavolo di concertazione con i rappresentanti del governo, di una nuova idea di Paese.

Costantino Ricci segretario Cgil provincia di Ravenna: «Situazione stabile, ora il governo ascolti le nostre proposte»

I dati nazionali di Istat parlano di stabilizzazione dell'occupazione, mentre l'Emilia Romagna risulta tra le più virtuose. I numeri corrispondono alla realtà?

«L'Emilia Romagna può vantare numeri migliori di altri territori, ma la provincia di Ravenna solitamente si assesta sotto la media regionale. Tutto sommato, la situazione si sta stabilizzando».

Ma si tratta di «buona occupazione»?

«Le ore di Cassa integrazione autorizzate vanno riducendosi enormemente e siamo tornati ai livelli del 2008. Anche questo ci porta a parlare di 'stabilizzazione'. Certo, discutere di 'buona occupazione' è una questione più complicata. Se pensiamo ad alcuni settori, a partire dal turismo, ci troviamo di fronte ad una situazione ancora molto precaria che non presenta riscontri positivi. Ma, tutto sommato, qualcosa è cambiato rispetto agli anni passati».

Quali sono le vertenze aperte che la preoccupano di più?

«Tutte le vertenze preoccupano. Anche anche quelle di piccola entità, come quella di Lugo Terminal, ci preoccupano. Non vi sono situazioni particolarmente gravi nella nostra provincia, ma preoccupa l'andamento della ceramica o quello che potrebbe succedere nel settore oil and gas. Di vertenze ce ne sono tutti i giorni, ma per fortuna non vi sono partite aperte che richiamano l'onore delle cronache in cui sono a rischio molti lavoratori».

Cosa si aspetta dal nuovo governo e dal nuovo Parlamento?

«Non ci sono ancora nuovi provvedimenti, ma il nuovo governo ha aperto molte aspettative nei lavoratori. In campagna elettorale si è parlato di abolizione della Legge Fornero, di Reddito di cittadinanza, di stop alle delocalizzazioni. Molti lavoratori della Cgil hanno votato Lega e Cinque stelle. Io ritengo che, come abbiamo sempre fatto, sia utile verificare i provvedimenti prima di giudicarli. Per prima cosa, occorre valutare che tipo di rapporto vuole avere questo governo con le parti sociali. Poi, con l'autonomia che ha sempre distinto la Cgil, giudicheremo nel merito. Tra i valori fondamentali del nostro sindacato c'è sempre stato quello dell'accoglienza. Il nostro statuto nasce dall'antifascismo e prende le distanze da ogni forma di razzismo e omofobia. Perciò molte azioni e molti aspetti di questo governo non ci vedono concordi. Sui temi dell'economia e del lavoro verificheremo. Loro hanno vinto facendo promesse importanti a cittadini e lavoratori. Noi, invece, abbiamo le nostre proposte in campo. Vedremo se le promesse e le proposte riusciranno a incontrarsi».

Il segretario generale Uil, Carmelo Barbagallo, ha invitato gli altri sindacati a dar vita ad una piattaforma unitaria per discutere di una nuova idea di Paese. Secondo lei è possibile la convergenza?

«Vorrei capire se Cisl e Uil hanno veramente la volontà di mettere in piedi un percorso unitario. Non è possibile che qualcuno, alla prima difficoltà, decida di abbandonare questa strada. Penso che sia utile e necessario. Il lavoratore è più tutelato se il sindacato è unito. Speriamo non sia una boutade che si ferma al solo congresso».


Franco Garofalo segretario Cisl Romagna: «Rimettere al centro persone e lavoro»

Garofalo, l'Emilia Romagna si conferma nel ruolo di traino dell'economia nazionale che, dopo anni di crisi, sembra planare verso la stabilizzazione dell'occupazione?

«L'Emilia Romagna è sempre stata una regione con una certa tenuta, merito anche delle produzioni dedicate all'export e della coesione sociale, più sviluppata rispetto ad altri territori. Ma non è tutto oro quello che luccica: abbiamo ancora una buona fetta di lavoro flessibile e precario, spesso legato alla stagionalità, che a settembre spesso si trasforma in Naspi e disoccupazione. Tuttavia, ci sono indici di ripresa. Il 31 dicembre del 2017 sono state censite in provincia 39.376 imprese, 328 in meno rispetto un anno fa. Il saldo tra aperture e chiusure è ancora negativo, ma questo trend è in continuo calo. Non siamo fuori dalla crisi ma, salvo le difficoltà che attraversano alcuni settori come l'off-shore, vi sono indicatori confortanti. Ed è interessante analizzare i numeri. Tra le nuove imprese, diverse sono aperte da lavoratori stranieri che danno occupazione a personale italiano».

Qualche settore soffre più di altri nella nostra provincia?

«E' positivo il leggero rilancio dell'edilizia, settore drammaticamente colpito dalla crisi. Stabili i servizi di cura alla persona, mentre piccole flessioni sono state registrate nell'industria alimentare, nel calzaturiero e nella meccanica. Come dicevo, permangono le difficoltà del settore off-shore, cruciale per Ravenna. Eni ha promesso grandi investimenti, ma le ricadute positive non verranno registrate certo nell'arco di un anno. E dopo il paventato smantellamento della chimica pubblica ravennate degli scorsi anni, oggi il settore mi pare in salute. Oltre alla crisi Comart e alle altre vertenze meno rilevanti, suppur importanti, mi preoccupa il caporalato ancora presente in agricoltura. Ma la situazione, nel complesso, non è drammatica e le imprese hanno ripreso ad assumere. Certo, poi andrebbe verificato se si tratta di 'buona occupazione'...».

Cosa si aspetta dal nuovo governo e dal nuovo Parlamento?

«Noi della Cisl abbiamo sempre parlato con tutti, perché all'interno della nostra organizzazione vi sono elettori di diverse aree politiche. Il rancore che attraversa la nostra società non si riscontra tra i lavoratori, che nel sindacato trovano il luogo adatto per difendere i propri interessi. Ora occorre riannodare i fili della convivenza sociale. Siamo stati fino a ieri in campagna elettorale. Ora vogliamo parlare col ministro del lavoro per discutere della proposta di concertazione lanciata da Barbagallo al congresso Uil. Il confronto col governo deve ripartire mettendo al centro le persone e il lavoro».

Riberto Neri segretario provinciale Uil: «Una Emilia e Romagna a due velocità»

Neri, gli ultimi dati Istat sull'occupazione parlano di stabilità...

«Il numero degli occupati è stabile, ma cala la qualità dell'occupazione. Dopo il boom a seguito alla detassazione delle stabilizzazioni voluta da Renzi, crescono i contratti a tempo determinato. Questa situazione è frutto della mancata concertazione con le parti sociali, dal Jobs act al decreto Poletti. Ammesso che non vi siano abusi dietro a questo tipo di inquadramento, il lavoratore precario costa di meno. Vi sono settori che si caratterizzano sul fronte del precariato a partire dai settori dei servizi e della logistica».

E per quanto riguarda l'Emilia Romagna?

«La nostra regione viaggia a due velocità diverse. Da una parte l'Emilia, da Bologna verso ovest, in forte ripresa. Dall'altra la Romagna e Ferrara che stentano. I dati, per avere un quadro più preciso, andrebbero analizzati a settembre, una volta cessate le attività stagionali, dall'agricoltura al turismo. Ma è presto per parlare di ripresa. A Ravenna arriveranno importanti risorse per grandi investimenti, dal porto alle Ferrovie fino allo sviluppo previsto da Eni: speriamo mettano in moto qualcosa».

Cosa vi aspettate dal nuovo Parlamento e dal nuovo Governo?

«Per ora vedo solo grandi annunci. Il ministro Di Maio è stato ospite del nostro congresso, celebrato a Roma pochi giorni fa, e ha detto quello che volevamo sentirci dire. Ha parlato di lavoro stabile, di concertazione e di reddito di cittadinanza, che non dovrebbe limitarsi a essere un semplice sussidio, ma portare con sé politiche attive per l'occupazione. Ma per fare questo occorre superare diverse contraddizioni».

Quali sono le vertenze aperte sul nostro territorio che la preoccupano di più?

«A parte alcune vertenze storiche, come quella di Acmar (rischia di scomparire, per fortuna si parla di importanti progetti di ristrutturazione del debito, ma siamo lontani dall'azienda di una volta), mi preoccupano i tanti fallimenti, di minore entità, che si aprono ogni giorno».

Come è andato il congresso nazionale Uil dei giorni scorsi?

«Non ci aspettavamo certo novità per l'assetto dirigenziale (il segretario generale Carmelo Barbagallo rieletto all'unanimità), ma è interessante la proposta partita da qui di lavorare a una piattaforma unitaria con gli altri sindacati che dovrebbe riportare al centro del dibattito una nuova idea di paese, dal lavoro alle politiche sociali. Possiamo parlare di politiche del lavoro, ma non dimentichiamo che ci sono sette milioni di italiani che non si curano perché non hanno i soldi».

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