Ravenna, il direttore di Ostetricia Comerci: "Attentissimi a evitare contagi, finora 15 mamme positive"
Silvia Manzani
«Finora abbiamo avuto 15 casi di donne positive: una sola ha manifestato febbre, le altre erano asintomatiche. I loro bimbi, alla nascita, erano tutti negativi». Giuseppe Comerci, dal primo luglio scorso, è il direttore facente funzioni dell’Unità operativa di Ginecologia e Ostetricia, dislocata sui tre presidi di Ravenna, Faenza e Lugo, quest’ultimo chiuso alla degenza (ma le attività ambulatoriali restano in essere) dal 18 marzo. Anche il suo reparto sta partecipando allo studio sull’impatto del Covid in gravidanza e nel puerperio promosso dal Sistema italiano di sorveglianza ostetrica dell’Istituto superiore di sanità.
Dottore, che cosa significa prendere in mano la direzione di questo reparto in piena pandemia?
«Significa dover fare tutto il possibile per evitare che diventi un cluster di infezione, motivo per cui è in atto un’attività di screening costante sul personale, sulle donne e sulle persone che le donne scelgono di avere accanto durante il travaglio e il parto. Dopo l’estate, quando i contagi hanno ripreso a salire, mi sono visto costretto a ridurre da tre a un’ora il tempo di visita giornaliero dei compagni, o chi per loro, alle neomamme. So che le donne stanno soffrendo, la situazione è molto provante e ci viene riferito di continuo: ecco perché lo staff delle ostetriche è molto impegnato nel dedicare tutte le attenzioni possibili alle pazienti. In questo momento, più che mai, la qualità dell’assistenza è importantissima. E le ostetriche sono figure determinanti, se non ci sono rischi».
Come avete gestito le donne positive arrivate per partorire?
«Abbiamo la possibilità di isolarle, per fortuna i casi sono stati limitati. Seguendo le indicazioni nazionali, abbiamo sempre lasciato i bimbi accanto alle donne, anche se a un metro di distanza, chiedendo alle mamme che allattassero i neonati con la mascherina. Sappiamo che è difficile ma questi sono i protocolli che dobbiamo seguire. Dopo le dimissioni, delle donne si è poi occupata l’Igiene pubblica».
Che ne è stato, invece, dell’organizzazione sui tre presidi?
«Le donne al momento partoriscono a Ravenna e a Faenza. Noi speriamo che Lugo non venga riaperta per la degenza ordinaria ma che diventi il centro di riferimento, in provincia, per la Fisiopatologia della riproduzione. Del resto il centro di procreazione medicalmente assistita dell’Umberto I fa già parte di una struttura interdipartimentale che comprende anche Cattolica e Forlì. Il punto è che a questo desiderio nostro e della direzione sanitaria deve corrispondere quello dei politici e del presidente della Regione. Serve un lavoro di educazione dell’opinione pubblica affinché si comprenda che il territorio, anche se Lugo non dovesse più tornare a essere un punto nascita, non verrebbe abbandonato a se stesso. Per ragioni organizzative e di ottimizzazione del lavoro, sarebbe bene che Lugo rimanessero le attività ambulatoriali di competenza ostetrica e, in particolare, si valorizzasse la specializzazione nel campo della fecondazione assistita».
Che ruolo svolgerebbe, a questo punto, Faenza?
«A Faenza in questo momento ci sono tre medici sessantenni e due più giovani ma esperti. Lo possiamo considerare, dunque, un presidio protetto. Negli ultimi tre anni, dalla nostra unità operativa, sono andati via undici professionisti a tempo indeterminato e si era diffusa la voce che i nuovi arrivati scegliessero ben presto di non lavorare nel Ravennate perché costretti a passare, continuamente, da un ospedale all’altro. Il mio impegno, invece, è che i nuovi medici restino sul presidio al quale sono stati destinati con la possibilità, per i più esperti, di spostarsi anche su Faenza e Lugo. A questo si aggiunge il fatto che, al contrario di quanto era stato deciso oltre due anni fa, oggi anche a Faenza stiamo mantenendo una parte dei cesarei programmati. Le gravidanze a rischio continuano a essere centralizzate a Ravenna ma abbiamo smesso di assorbire, al “Santa Maria delle Croci”, tutta l’attività ostetrica elettiva. La competenza, infatti, si mantiene alta con l’elezione, non con l’emergenza-urgenza».
Guardando al futuro, che cosa vede?
«Questo periodo di forti limitazioni credo durerà ancora a lungo. Quanto alle nascite, è presto per dirlo ma c’è il caso che il calo possa diventare ancora più forte. Sulla psicologia delle coppie, in particolare sulle loro prospettive future, questa situazione pesa. Prima di avventurarsi nella ricerca di un figlio, credo che ci si pensi due volte».