Ravenna, Bassi (primario Malattie Infettive): "Non abbassiamo la guardia"

Romagna | 11 Dicembre 2020 Cronaca
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Federica Ferruzzi - Paolo Bassi, primario del reparto Malattie infettive del Santa Maria delle Croci di Ravenna, ha tracciato un quadro della situazione rispetto alla pandemia in atto.
Bassi, qual è la situazione al momento?
«Abbiamo registrato un lieve miglioramento, ma la situazione è ancora molto impegnativa. Non abbiamo ancora avuto un deciso calo nè di ricoveri, nè di consulenze in pronto soccorso. Ancora non c’è stato un deciso cambio di passo rispetto alle misure che sono state adottate, probabilmente perchè è ancora troppo presto».
Il suo reparto è al completo?
«Sì, e accoglie anche i pochi casi di tubercolosi che ci competono, in tutto abbiamo 20 posti letto. Ogni giorno, per Covid-19, ricoveriamo in genere almeno tre o quattro persone e altrettante vengono dimesse».
Ci sono differenze rispetto alla prima ondata da Covid-19?
«All’inizio la media era oltre i 60 anni,  mentre nella seconda ondata le persone maggiormente colpite erano più giovani, intorno ai 40 anni. Poi la diffusione è stata generalizzata e, oggi come ieri, chi sconta i quadri più gravi sono le persone  più fragili, immuno compromesse, con numerose altre patologie o in età avanzata. Proprio per questo si è cercato di alzare il livello assistenziale di alcune cra (case residenza per anziani) migliorando l’apporto tecnologico e l’accesso di specialisti (pnenumologo, infettivologo, geriatra, internista) oltre a garantire la presenza stabile di un medico Usca. Mi permetta un ricordo e un pensiero ad un caro amico che, purtroppo, non ce l’ha fatta». 
Con dicembre si entra in un periodo critico per l’influenza che, sommata all’emergenza, Covid-19 renderà più difficile il lavoro. Come vi state organizzando?
«Per ora la pandemia influenzale non è ancora partita; certo raccomandiamo  la vaccinazione, ma la grande battaglia è contro l’ansia: qualsiasi sindrome da raffreddamento, oggi, è attribuita al Covid-19. Come specialisti cerchiamo di aiutare tutti a distinguere e differenziare, arrivando ad una diagnosi corretta. Ma la stagione, purtroppo,  non aiuta».
Secondo lei, visto che per arginare il Covid ci dicono poter bastare l’uso della mascherina e il gel igienizzante, unitamente alla distanza, perché i numeri continuano a salire?
«Mascherina chirurgica e igienizzazione frequente delle mani sono assolutamente in grado di evitare la trasmissione del Covid-19. Non ci sono misteri. Durante la prima ondata sono stato per un mese e mezzo in pronto soccorso con la mascherina igienizzandomi spesso le mani e questo è stato sufficiente ad evitare il contagio. Il problema è che nella vita quotidiana non si riesce sempre a tenere alta la guardia e, a causa di piccole disattenzioni, si corre il rischio di ammalarsi. C’è  un gap culturale che stiamo cercando di colmare, ma non è facile: lungi da me fare prediche, ma è giusto ricordare che se si mantengono tutti i presidi non si corrono rischi. Chi è  venuto a contatto con persone Covid positive e  non aveva  la mascherina, anche se non si è ammalato, ha sperimentato  sofferenze psichiche, manifestazioni psicosomatiche, insonnie, ansietà diffuse. Se si fosse stati più attenti, si sarebbero potute evitare».
Verosimilmente, quando potrebbe arrivare il vaccino? A gennaio?
«Ricordiamoci che, in media, la ricerca scientifica per un vaccino va dai 10 ai 12 anni. La sperimentazione sembra stata fatta adeguatamente, tagliando tutti i tempi in modo spettacolare  e ho letto articoli incoraggianti, mi  sembra siano vaccini efficaci e che non diano particolari problematiche in termini di effetti collaterali. Sembra sia previsto un richiamo vaccinale: però è il tempo che ci dirà quanto dureranno gli anticorpi. Nel caso del vaccino antinfluenzale l’efficacia  è di un anno,  nel caso di quello antitetanico si arriva a dieci: ogni vaccino ha le sue caratteristiche. Per questo staremo a vedere».
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