Provincia di Ravenna, Boschi (Ausl Romagna): «Demenza, 5.000 casi attivi, bisogna capire come conviverci»
Elena Nencini - La vita si è allungata è indubbio, ma insieme ad essa sono aumentate le patologie legate all’età avanzata come la demenza, sempre più si avverte la necessità di servizi che aiutino e sostengano le famiglie del paziente ad attraversare questo periodo. I dati parlano di 1 milione e 200 mila pazienti affetti da demenza in Italia, 63mila nella regione Emilia-Romagna, 16mila per il territorio dell’Ausl Romagna e circa 5000 persone per la provincia di Ravenna, calcolo basato attraverso un algoritmo regionale che tiene conto dei flussi amministrativi correnti. La demenza è stata definita dall’Organizzazione Mondiale della Sanità una priorità di Salute Pubblica: con l’invecchiamento della popolazione il numero assoluto delle persone con demenza è previsto in aumento.
A fare il punto sulla rete dei servizi socio-sanitari per le persone con demenza sul nostro territorio è stato un convegno - organizzato da Ausl Romagna in collaborazione con le associazioni Alzheimer della provincia a Cervia - che ha analizzato la situazione, valutando anche nuovi percorsi, come spiega la dr.ssa Federica Boschi (direttrice Distretto sanitario di Lugo e referente Percorso Demenze Ausl Romagna).
Boschi, a che età si sviluppa la demenza?
«Sul nostro territorio parliamo di un 6% della popolazione per gli over 65 e un 20% degli over 80. E’ una patologia che ha un forte impatto sulle famiglie, per questo è importante che i servizi socio-sanitari prendano globalmente in carico, non solo il paziente, ma anche i caregivers (i familiari o le assistenti familiari) a cui va garantito un percorso multidisciplinare che metta in campo tutte le professionalità, dai medici di base, ai servizi socio-sanitari del territorio alle associazioni dei familiari. Il primo referente è proprio il medico di base che ha il sospetto diagnostico e indirizza il paziente ad uno dei 12 Centri per i Disturbi Cognitivi e Demenze di Ausl Romagna, dove lavorano diverse figure professionali, infermieri, geriatri, neurologi, psicologi, assistenti sociali, ecc.».
C’è un aumento dei casi di demenza?
«E’ una patologia cronica, naturalmente l’invecchiamento della popolazione ha creato un aumento della prevalenza. E’ una malattia complessa ad elevato impatto assistenziale con bisogni diversificati che devono essere intercettati e soddisfatti per assicurare una buona qualità di vita non solo alla persona con demenza ma anche alle famiglie e a quanti se ne occupano».
Ci sono delle novità per quanto riguarda le cure?
«Ci sono terapie farmacologiche che rallentano il decorso, che contengono i sintomi, ma non sono importanti solo quelle. Si punta sempre di più sugli interventi psico-sociali che comprendono la stimolazione cognitiva e motoria, la terapia occupazionale, i meeting center che sono un punto di ascolto e di inclusione sociale per i pazienti; l’attenzione si sta focalizzando su come vivere bene “nonostante la demenza”, come affrontare nella vita di tutti i giorni le difficoltà create dalla progressione della malattia, come conservare i contatti sociali».
Quali sono le prestazioni che fornite?
«Nel 2022 abbiamo erogato 6mila prime visite, 8mila controlli, 2mila nuove diagnosi, 1500 consulenze di supporto psicologico».
Che impatto sulle famiglie ha questa malattia?
«L’80% delle persone con demenza sono assistite da un caregiver familiare che fornisce in media 4,4 ore al giorno di assistenza diretta e oltre 10 ore di sorveglianza; 38% delle famiglie usufruisce di assistenti familiari. Il 40% dei caregiver non riesce a lavorare, il 60% ha dovuto modificare il proprio lavoro, il 25% assume farmaciw. Il supporto psicologico ed informativo ai caregiver, gli specifici interventi di sollievo oltre alla formazione delle assistenti familiari sono parte integrante del lavoro di rete».
I temi del futuro?
«La diagnosi precoce e l’individuazione del rischio; il progetto di continuità assistenziale di telemedicina con le Rsa; lo sviluppo di ulteriori interventi psicosociali, il percorso dedicato alle demenze ad insorgenza precoce. Bisogna lavorare sulla prevenzione del declino cognitivo in particolare nei contesti di assistenza territoriale, per esempio nelle case della comunità, informando e stimolando i cittadini rispetto a sani stili di vita (movimento corretta alimentazione, contrasto alle dipendenze e all’isolamento, trattamento precoce dei deficit sensoriali come l’ipoacusia)».