Mercoledì 19 Fabrizio Foschini presenta dal vivo il suo disco solista a Faenza

Romagna | 18 Giugno 2019 Cultura
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Federico Savini
«A 62 anni ho sentito che avevo l’esigenza di creare qualcosa di mio, a soprattutto di molto lontano dal rock, da quel suono, da quei contesti e da quei volumi. A dire il vero questo bisogno è dentro di me da una decina d’anni e pian piano è venuto allo scoperto. Diciamo che solo di recente mi sono preso il tempo per dedicarmici con la cura che merita». Fabrizio Foschini, come sempre, è franco e concreto, ma c’è un’emozione palpabile, sottotraccia, nel raccontare di «U Mani», il suo disco solista, quasi un figlio venuto al mondo per il tastierista faentino, noto soprattutto per il lavoro di lungo corso con gli Stadio e oggi approdato a un album (in uscita il 19 giugno, in cd e negli store digitali) che lo vede in veste di compositore di una musica strumentale, vicina all’estetica delle colonne sonore, con ospiti di grido non proprio prevedibili tra cui un certo Paolo Fresu…
«E’ un disco strumentale - spiega Foschini -, con il pianoforte al centro e l’accompagnamento degli archi del Solis String Quartet, di un percussionista e tanti ospiti».
Tra cui nomi altisonanti…
«Beh, Paolo Fresu con la sua tromba ha un bel ruolo e ne sono molto orgoglioso. C’è poi una grande voce, quella di Emanuela Cortesi che fa un coro molto suggestivo e poi mi piace menzionare almeno Maurizio Piancastelli, di Castel San Pietro, che ha fatto un grande lavoro coi fiati. Non è peraltro l’unico che armeggia sul disco con quegli strumenti».
Dall’organico farebbe pensare a un disco tra la classica e il jazz. E’ così?
«Più tra classica e pop, e con elementi di world-music, mentre il jazz davvero non è il mio mondo. Di certo non è un disco per le radio e devo dire che lo vedrei bene nel contesto della musica per i film, come colonna sonora insomma».
Infatti melodia e armonia vengono dal pop. Fabrizio Foschini non è uno che deve fare dischi «per forza»; questo è il primo e la gestazione è stata lunga. Com’è nato?
«E’ vero, la gestazione è stata lunga ed è vero che il pop c’entra con “U Mani”, del resto è il mio mondo. Le registrazioni sono di quasi due anni fa e il primo pezzo l’ho scritto una decina d’anni addietro, quindi è parecchio tempo che lavoro su idee melodiche e armoniche che mi vengono, accumulando materiale. A un certo punto ho fatto una selezione e pensavo di registrare in studio, con le tastiere, questi pezzi. Però alcune esperienze dal vivo, pensa te, hanno dato una svolta netta al progetto».
In effetti la musica è tutto meno che fredda…
«I ragazzi del Solis String Quartet li ho conosciuti in occasione di un tour dal vivo in cui accompagnavo Gaetano Curreri da solo al pianoforte. Abbiamo riarrangiato le sue canzoni più belle, non per forza degli Stadio ma anche quelle scritte per Vasco, in queste vesti strumentali molto lievi. Il progetto si chiamava “Canzoni da camera” e poi sempre con Gaetano abbiamo suonato dal vivo anche con Paolo Fresu e Raffaele Casarano, con un repertorio di canzoni di Dalla e De Andrè. Io ero quasi in imbarazzo a misurarmi con dei jazzisti ma il coraggio di Paolo e Gaetano ci ha portati anche a Umbria Jazz».
Magari eravate anche bravi, oltre che coraggiosi…
«Sì, ma davvero è stata una scommessa. Vinta, eh, vintissima, al punto che quando ho riavuto tempo per organizzare le mie cose, ragionando insomma su questo disco solista, mi sono accorto che del suono e degli strumenti da studio di registrazione del rock non ne volevo più sapere. Dopo aver suonato con gli archi ho sentito il bisogno di proseguire in quella direzione, e anche il lavoro con gli Stadio l’ho un po’ accantonato».
Più un punto di partenza che di arrivo?
«Sì, tant’è che mentre completavo il disco ho scritto pezzi nuovi in quella vena. Sento il bisogno di fare qualcosa che mi gratifichi profondamente e oggi questa è la musica che sento più mia. Per ora il disco sorprende chi lo ascolta, da me forse si aspettavano qualcosa di più pop».
Il video de Il giorno perfetto è girato al Masini con alcune ragazze della Sarti. Quanto c’è di Faenza nel disco?
«Non lo so con precisione, perché mi sono sempre mosso fuori da Faenza, con gli Stadio e tutto il resto. Figurati che sono stato per la prima volta al Mic solo pochi anni fa! Però mi è sembrato naturale girare a teatro e nel concerto di presentazione del disco suoneranno con me alcuni maestri della Sarti, oltre a un attore e a dei video che proietteremo sulla musica. E’ proprio vero che le cose che hai più vicine a volte ti sfuggono e io mi sento, oggi, più attaccato che mai alla mia città. Ho persino in mente un videoclip con al centro la ceramica…».

Fabrizio Foschini presenterà dal vivo «U Mani» mercoledì 19 alle 21.30 al Mic. Ad accompagnarlo saranno il Quartetto d’archi della scuola Sarti (Paolo Zinzani, Roberto Noferini, Francesca Bassan, Denis Burioli), Maurizio Piancastelli (ottoni), Roberto Red Rossi (percussioni) e l’attore Giovanni Scafoglio. Ingresso 3 euro.
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