Marzeno, illustrate le recenti scoperte e rideposte le ossa di 400 persone trovate negli scavi a Ceparano

Sandro Bassi - Si è conclusa la quinta campagna di scavi archeologici al castello di Ceparano, sullo «spungone» a monte di Marzeno, campagna condotta come sempre da Enrico Cirelli dell’Università di Bologna con oltre venti studenti, laureati e laureandi.
Durate quasi un mese, le ricerche si sono concluse giovedì 24 agosto con una visita guidata preceduta da una singolare cerimonia di «rideposizione» delle ossa di quasi 400 persone affiorate nei precedenti scavi e già studiate da un punto di vista antropologico, biometrico e di cultura materiale (hanno fornito importanti informazioni sull’alimentazione, inevitabilmente povera, sui lavori prevalenti, le malattie, ecc.). Perfettamente pulite e in un insieme comune ma per nulla macabro, esse sono state ricomposte nello stesso ossario duecentesco in cui erano venute alla luce, ossario a sua volta creato appunto nel XIII secolo quando le singole tombe sul pianoro sommitale a fianco della torre furono smantellate per ragioni militari. Coperte e «risigillate» da una pesante piattaforma in legno, esse sono state benedette dal parroco di Rivalta con una cerimonia semplice ma commovente perché, come sottolineato dal sacerdote, «queste erano prima di tutto persone, con i loro sentimenti e la loro umanità» e come sottolineato da Cirelli, «noi archeologi li abbiamo disturbati ma ora è giusto restituire loro la pace e il riposo». Nella successiva visita Cirelli ha illustrato le recenti scoperte: altezza originaria della torre, ritrovata grazie alla messa a nudo del basamento; individuazione della scala di accesso di cui sono stati trovati i primi, monumentali gradini (poi c’era di sicuro un elemento ligneo retrattile che consentiva in caso di assedio di barricarsi dentro); scavo di una vera e propria domus romana sviluppatasi sopra una prima cella del X secolo avanti Cristo e poi accresciuta nel tempo fino a dotarsi di una porta gemina (doppia, come una bifora, con pilastro centrale e due soglie ricavate da imponenti macine in pietra locale) e infine la delimitazione di tutto l’insediamento, rivelatosi esteso per circa un ettaro lungo un considerevole tratto di crinale e non limitato ai soli dintorni della torre. Quest’ultima rimase comunque il fulcro del castello dal 1378 (anno di costruzione da parte di Astorgio I Manfredi) al 1577, anno di distruzione del tutto da parte dell’esercito pontificio al fine di annientare quello che, secondo le cronache d’epoca - scritte dai vincitori - era divenuto «un rifugio di briganti». Come reperti sono state trovate monete, moltissime ceramiche dal X sec. a.C. fino al XVI d.C., oggetti in osso, in vetro e in pietra ollare, una roccia metamorfica di provenienza alpina e largamente usata nell’Alto Medioevo per ricavare teglie e pentole da fuoco.