Lugo, Dj Lorenz racconta i 40 anni di Flexi e fa una grande festa

Romagna | 24 Maggio 2024 Cultura
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Federico Savini
«Il mio concorrente oggi è Amazon, soprattutto perché vende molto vinile. Gli altri negozi non li considero concorrenti, siamo rimasti talmente in pochi che sarebbe ridicolo. Ognuno di noi si è specializzato, altrimenti non sarebbe sopravvissuto a una crisi così lunga. Naturalmente la passione conta tanto in tutto questo, se sono qui con un negozio di dischi che funziona dopo 40 anni la passione c’entra per forza». Nulla da eccepire. Lorenzo Guerra, noto verrebbe da dire «universalmente» come Dj Lorenz, sta per festeggiare i 40 anni di attività di Flexi, uno dei pochi negozi di dischi rimasti attivi in provincia di Ravenna, per la precisione a Lugo in via Macello Vecchio, dove sabato 25 dal pomeriggio partirà una vera festa, promossa da 12 Pollici Social Club Aps e con il contributo del Comune di Lugo e Confesercenti, con tanto di strada chiusa, street food, mercatino di dischi e dj-set con amici e professionisti, tra cui tutti i commessi che si sono avvicendati nel negozio. Senza dimenticare la t-shirt, la compilation di Flexi Cuts e il libro celebrativo fotografico sui 40 anni di un negozio che è sempre stato più di un negozio. E che nei primi anni era altrove. «Il 26 maggio dell’84 Flexi Dischi inaugurò in via Puccini - conferma Dj Lorenz -, sotto a un palazzone, in un piccolo spazio in cui rimasi fino all’89, quando ci trasferimmo in quella che è ancora la sede attuale».
Il negozio di dischi possiamo dire che fu l’esito naturale della tua attività da dj?
«Sì, specie se guardiano ai settori in cui sono specializzato. Come dj cominciai in modo amatoriale in quarta superiore, nel ’76. I miei genitori mi portavano al Baccara e mi venivano a prendere a mezzanotte, perché il giorno dopo avevo scuola! A fine decennio mi feci le ossa in coppia con un dj più storico e la mia prima vera stagione fu la’79-’80. Poi andai al Piteco, a Godo, frequentai senza troppa costanza il Dams a Bologna e a 25 anni decisi di aprire Flexi. C’erano altri due negozi a Lugo, la Discoteca Roberta in via Baracca e L.a.m.s., che era più specializzato in disco-funk, la mia materia diciamo. Tra l’altro Equinox aprì grossomodo nel mio stesso periodo, per cui fino a fine anni ’80 a Lugo furono attivi quattro negozi di dischi. I primi due chiusero allora».
Hai sempre avuto un taglio chiaro, in particolare disco-funk e musica rivolta al pubblico delle discoteche e ai dj stessi…
«In netta prevalenza sì, diciamo che mi sono fatto un nome con questa scelta, mentre ad esempio Equinox è sempre stato più rock, ma anche più fornito di jazz e classica. In comune avevamo le musiche più commerciali, quelle che devi averle per forza, ma non ci siamo mai sentiti concorrenti. Tra l’altro sul cd io puntai meno di Equinox, non ho mai superato i 5000 pezzi in assortimento».
Infatti non hai mai abbandonato il vinile, anche negli anni ’90, quando era in crisi. Come mai?
«In parte per storia personale, in parte per passione, ma anche perché il mercato dei dj è sempre stato molto orientato al vinile, anche in quel periodo. Poi ho sempre lavorato con l’usato, tra cose che mi portavo dietro dal vecchio negozio e quegli acquisti di “pacchi di dischi dello zio” che ancora mi portano e io rivendo. Spesso ci sono pezzi rari, da collezione. È un mercato che è cresciuto di recente, ma è sempre esistito. Chiaramente a fine anni ’90, quando la musica si cominciava a “scaricare” sui P2p come Napster la crisi si è sentita».
Si parla infatti di «crisi del disco» da un quarto di secolo. Come l’hai affrontata?
«A fine anni ’90 avevo capito che sarebbero arrivati tempi duri e avevo anche trovato un compratore per il negozio, ma poi ci ho ripensato e sono andato avanti, soprattutto con l’usato e il mercato dei vinili. Intorno al 2007-08 le cose sono pure peggiorate, perché i megastore, per liberare i magazzini, cominciarono a vendere i cd a prezzi veramente stracciati. Le prime avvisaglie di un ritorno di fiamma per il vinile ci sono state tra il 2012 e il 2013. E stavolta partivo in vantaggio, tant’è che nei megastore ci son voluti anni per trovare i vinili, mentre io li avevo. Si tratta di una moda, beninteso, e come tale ha una sua fragilità, non so quanto durerà. Però si comprende che molti sentano l’esigenza di un bell’oggetto fisico per coltivare una passione. Il problema però è che le edizioni limitate e ultra-colorate spesso sono esclusive dei distributori internazionali, e quindi non arrivano nei negozi di dischi. Inoltre, il prezzo dei vinili nuovi è molto alto. Il nuovo doppio di Taylor Swift costa una cinquantina di euro…».
Oggi che clientela c’è?
«Circa un quarto posso considerarli “fidelizzati”, sono amici a tutti gli effetti. Normalmente cercano musiche particolari, che però non riescono o non hanno il tempo di trovare in rete, così le trovo io per loro, che magari me le ordinano con WhatsApp. Molti cercano soul, disco e funk, ma non sono pochi anche gli appassionati di rock indipendente. Poi c’è comunque un quarto di clientela interessato ai dischi del momento. Tra l’altro vendo i cd un po’ meglio di qualche anno fa, forse anche perché nei megastore non li hanno più…».
Nelle discoteche, invece, che situazione vedi?
«Dei giovani posso parlare il giusto, so che le frequentano, certamente sono luoghi di ritrovo ma non mi pare ci sia la “febbre del ballo” che si toccava con mano in passato. Per me gli anni d’oro sono partiti alla fine dei ’70, con l’impazzimento generale per La febbre del sabato sera, e poi il cambio musicale dell’house dall’87, quindi la techno. Per me già nei primi anni ’90 quel periodo aureo era finito, ma obiettivamente le discoteche hanno goduto di grande salute fino alla fine del decennio, poi il calo si è visto bene. Temo sia una crisi irreversibile ma mi fa piacere che non tutti siano d’accordo. Devo dire che comunque io come dj lavoro molto, anche se praticamente sempre per un pubblico over, a cui propongo musiche dai ’70 ai ’90, normalmente in piccoli spazi. Ma anche in un posto incredibile come l’Arlecchino, nel ferrarese, una discoteca rimasta identica a come nacque a fine anni ’80. E lì suono sempre rigorosamente vinili. Il fatto che l’over 50 sia il target più ricercato dai gestori credo la dica lunga: quella generazione, che poi è la mia, ha vissuto la discoteca come un fatto identitario. E quando può va ancora a ballare».
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