IL CASTORO | Stop forestierismi: la nuova arma di distrazione di massa

Alexandra Garmaliuc e Phylis Giulia Nshale
«Scoop: cantante famoso sta insieme a una sua fan, il loro selfie è finito online e ha fatto il giro del web». Allerta! La minaccia straniera travolge anche il linguaggio. Fortunatamente Fratelli d’Italia ha la soluzione: multe da 5 mila fino a 100mila euro, per chi impiega forestierismi nella comunicazione pubblica e privata.
Con il fenomeno della globalizzazione, l’arricchimento dei vocabolari è una conseguenza più che naturale, ma in Italia accade più che in molti altri paesi. Forse perché l’Italia è un paese aperto a culture diverse, o forse perché, contestualmente alla nascita della lingua italiana si sono verificati fenomeni di contaminazione linguistica. Infatti sarebbe bene ricordare che nella penisola, già nel ʼ700, Pietro Verri lamentava una particolare propensione all’arte dell’imitazione, insomma, già al tempo gli italiani si erano dimostrati degli abilissimi copycat dei dominatori di turno.
Fatto sta che la lista di forestierismi superflui, che hanno un corrispettivo in italiano, ormai è interminabile: hobby, record, chic, hotel, garage, moquette, etc.
La lingua rappresenta uno dei principali elementi di identità di un paese, riflette la storia ed è un mezzo attraverso cui la cultura si esprime. Ciò vuol dire che non è la presenza di forestierismi che svaluta la lingua italiana, semmai è un indicatore del fatto che non le è mai stato riconosciuto il giusto valore. La maggior parte degli intellettuali fino al ʼ900 prediligeva il francese, fino alla seconda metà del secolo scorso le persone parlavano in dialetto. Oggi per gli uomini d’affari è imprescindibile l’inglese e l’italiano si sta impoverendo, lo si mescola ad altre lingue e sono davvero pochi quelli che lo dominano.
Fratelli d’Italia propone la legge in difesa del patrimonio linguistico «unico e prezioso», che è la lingua italiana, il cui valore, paradossalmente, non è riconosciuto dagli italiani stessi: non si spiegherebbe, altrimenti, la necessità di adattarsi alle tendenze globali, con l’uso di parole straniere e l’imitazione di stili di vita importati. Il problema ha radici più profonde. Ha a che fare con un Paese ancora profondamente diviso, che non ha ben chiara la sua identità e la ricerca in modelli esteri già consolidati. Il linguaggio non è che il riflesso di tale debolezza identitaria, motivo per cui la proposta di legge di per sé non servirebbe a nulla. Bisognerebbe piuttosto andare oltre le parole e concentrarsi su azioni concrete per eliminare o, almeno in parte, diminuire le gravi differenze economiche e sociali che ancora sussistono nel paese, solo così potremmo costruire un’identità culturale condivisa.