IL CASTORO | Chi assume racconta l’approccio dei giovani faentini alla prima occupazione
Ginevra Fabbri
Molte realtà faentine hanno la necessità di ampliare il proprio personale. Chi per la prima volta si approccia al mondo del lavoro, spesso, ha più aspettative e meno disponibilità ad adattarsi alle diverse situazioni e alla fatica. È quanto emerge dalle interviste a Oscar Graziani, titolare di due bar polivalenti e della pasticceria Cenni, a Stefano Testa, socio della Filanda distribuzione, ad Alberto Zaffagnini, proprietario della azienda Ragazzini S.r.l. e infine a Monica Baldissera, responsabile del Centro per l’impiego faentino.
Monica Baldissera
«Io lavoro al centro per l’impiego dal 2005 e ora ne sono responsabile. Solitamente mi occupo più dello sviluppo professionale delle persone che della ricerca di personale. Ogni fascia d’età ha caratteristiche diverse e proprie esigenze: un giovane in genere non vuole lavorare 40 ore a settimana perché, magari, si vuole concentrare anche su altri interessi e quindi mette dei vincoli orari. Le donne con bambini piccoli sono più flessibili, ma hanno dei vincoli, dati dalla gestione dei figli e dagli orari di asili e scuole. Il mio lavoro consiste quindi nell’indirizzare ogni persona, considerando che ognuna ha bisogni diversi. I giovani della scorsa generazione mostravano una disponibilità maggiore: per loro la priorità era fare esperienza e rendersi autonomi. Adesso invece sono soliti mettere paletti, economici e orari, perché non tutti i lavori sono così remunerativi come loro vorrebbero. Le aziende invece vorrebbero qualcuno sempre presente e produttivo, ma non è certo un segreto che cercano di risparmiare sul costo del personale. C’è poi da dire che i giovani d’oggi, nel nostro territorio, non sono interessati e predisposti a lavori manuali e fisici, puntano preferibilmente a occupazioni intellettuali. Infatti quelli che studiano in un istituto professionale sono molti di meno rispetto alle esigenze del mercato. Ci sono varie cose che andrebbero dette a chi per la prima volta inizia a lavorare: una di queste è che non bisogna avere troppe pretese. Un altro consiglio è di cercare sempre una crescita dal punto di vista professionale, facendo tirocini e corsi. Alla fine però la cosa più importante è essere curiosi e ascoltare ciò che i più esperti hanno da dire».
Oscar Graziani (nella foto)
«Lavoro e gestisco la mia azienda dal 2005. Quando devo assumere qualcuno, non considero più le competenze un requisito importante. Preferisco concentrarmi sul carattere e sulle attitudini del dipendente. Deve avere come punto di forza la capacità di stare insieme a un gruppo, perché si sta molto a contatto l’uno con l’altro per lunghi periodi di tempo. Assumiamo personale dai 18 ai 50 anni, prediligiamo i giovani per stare dietro al banco. Ultimamente però ho notato che i ragazzi tendono a non considerare il lavoro come una parte integrante della loro vita, lo vedono invece come qualcosa a sé stante rispetto al proprio mondo privato. Se potessi dare un consiglio a chi è interessato al mio ambito lavorativo, sarebbe quello di essere disponibili: se si vuole fare carriera bisogna anche essere disposti a piccoli sacrifici».
Alberto Zaffagnini
«Sono proprietario dell’azienda Ragazzini da circa quarant’anni. Produciamo pompe peristaltiche e a pistoni. Se dovessi cercare delle differenze, per quanto riguarda il personale, rispetto al passato, non ne troverei nessuna. Una volta c’era, forse, una richiesta maggiore di un’occupazione che consentisse di crescere all’interno dell’azienda. Oggi c’è più superficialità nell’approccio con il lavoro. Io credo che il dipendente ideale sia quello che si appassiona per ciò che fa e che non considera solo l’aspetto economico. Ovviamente anche quello è importante e la remunerazione deve essere equa per il tipo di lavoro che si presta. Bisogna però avere le credenziali giuste, ovvero un background scolastico, sul quale si sia formato il lavoratore da un punto di vista teorico, in modo da dimostrare conoscenze adeguate da applicare al mondo del lavoro. Gli errori più frequenti che si possono commettere sono forse legati a come ci si interfaccia con le altre persone, all’interno dell’unità produttiva. Non tutti infatti hanno la capacità di stringere rapporti positivi con i colleghi, mentre la carta vincente della nostra azienda è proprio l’ambiente di lavoro. Se un nuovo assunto non si trova a proprio agio, rischia di influenzare tutto il gruppo. Un paio di consigli, che posso dare a chi si rapporta per la prima volta con il mondo del lavoro, sono di porsi in modo molto umile e onesto e dimostrarsi disposti ad assimilare gli insegnamenti dei tutor e dei colleghi più anziani».
Stefano Testa
«È da ormai 5 anni che sono un socio della Filanda distribuzioni. In questo ultimo periodo è successo di tutto. Prima il contesto era pressoché stabile, poi è arrivata la pandemia e successivamente la guerra in Ucraina. Una differenza che ho notato rispetto al passato è la maggiore richiesta di flessibilità nell’orario di lavoro e nella gestione delle ferie. La nostra è un’azienda molto aperta, infatti le competenze necessarie si possono acquisire durante la formazione, nelle prime settimane di lavoro. Apprezzo molto chi si butta e si appassiona a ciò che fa. Il mio è un lavoro in cui si sta molto con le persone, adatto quindi a chi ama il contatto con il pubblico. Un altro lato positivo, se così si può dire, è che non si ha mai un orario fisso, si può sempre avere la possibilità di variare».