Fusignano, Massimo Randi: «Raccontiamo in Italia e all’estero i sorsi della pianura, snelli, freschi e unici»

Romagna | 11 Novembre 2023 Le vie del gusto
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Riccardo Isola - A Fusignano, terra di pianura, la vite è da sempre uno dei comparti più redditizi per un’azienda agricola. Grandi estensioni, rese inconcepibili per i cugini di collina e conferimento, sono da sempre i capisaldi di questa dimensione, quantitativa, agronomica e gestionale. Ma non per tutti. O meglio, c’è anche chi ha deciso di creare parallelamente un modo più contemporaneo, qualitativo e capace di far rappresentare sorsi «fini» provenienti da terreni alluvionali e d’argilla a nord della via Emilia. Uno di questi è sicuramente Randi vini. Cantina della Bassa, con vigneti acquistati nel corso degli anni anche in territorio di Alfonsine, nata in continuità con la precedente azienda agricola di Luigi Randi (padre) e oggi gestita dai figli  e fratelli Devis e Massimo. Ed è proprio Massimo, agronomo di professione ma soprattutto volto umano, commerciale e di pensiero della cantina, a raccontare come stiano le cose, oggi, in questa parte di pianura romagnola.
Fare vino in pianura è forse sempre stato, dal punto di vista qualitativo, un minus narrativo. E’ ancora così?
«Direi proprio di no. Almeno non per noi. La scelta che abbiamo intrapreso nel nuovo millennio è stata proprio quella di cercare di far emergere l’anima  e l’identità del territorio nel quale coltiviamo le vigne. Un cambio epocale di impostazione e forma mentis. Volevamo e volevo riuscire a produrre vino, cosa che tra l’altro già si faceva in azienda con il Trebbiano, ma con l’ottica rivolta all’esterno. Lo abbiamo fatto cercando quindi di puntare su una caratteristica che credo si stia rivelando non solo azzeccata ma proprio vincente».
E quale sarebbe?
«Portare nei calici del mondo, oggi commercializziamo i nostri vini in 15 Paesi differenti, le identità vinicole locali. Ma non interpretate nelle chiavi ormai abbastanza conosciute del Sangiovese. No, abbiamo voluto scommettere sull’unicità, sulla identità e sulla rarità di prodotti che solo noi abbiamo. Parlo, quindi, del vino ottenuto dall’uva Famoso, il Rambela, e quello da uve Longanesi, con il Burson».
Come ha risposto e come sta rispondendo il palato estero a questa scommessa e questa «provocazione» mirata?
«Siamo ben consapevoli che proporre un prodotto sconosciuto, ma con una storia particolare, era ed è un rischio. Oggi però Burson e Rambela, anzi ormai dal 2013, in America sono presenti in modo stabile sui mercati, sia nella costa occidentale sia in quella orientale, per non parlare della California. Nel 2008 fummo i primi ad imbottigliare il Famoso- Rambela in purezza. Lo portammo nel 2013 Oltreoceano e da allora, nelle varie declinazioni, anche le ancestrali, assieme al Burson posizioniamo circa 50mila bottiglie l’anno. Ma per esempio anche il mercato cinese, purtroppo dal 2019 fermatosi a causa del Covid, ha recepito bene il Burson. Qui siamo arrivati, nel 2017 e 2018 a far entrare quasi 12mila bottiglie di Burson etichetta nera».
Che cosa ha colpito il consumatore estero e che cosa ritrova alla degustazione dai vostri vini?
«Un racconto autentico, snello, fresco e capace di sorprendere. Ma non ci limitiamo all’estero. Delle circa 150mila bottiglie vendute l’anno molte sono  per il mercato italiano. Di questi abbiamo due linee, una per la Gdo e una per l’Horeca. Prezzi adeguati alla vendita, qualità e differenziazione ci fanno posizionare in fasce di mercato differenti ma che arrivano al punto. Basti pensare che da Ferrara a Fano, mercato del litorale adriatico, il nostro ancestrae, sia bianco che rosè, sta andando benissimo.  Anche la chicca, realizzata in sole 2.000 bottiglie, del Metodo Classico da uve Famoso sta ottenendo risultati e apprezzamenti importanti. Segno evidente che la strada intrapresa sia quella giusta».
Quindi il segreto qual è?
«Crederci, determinazione e capacità di entrare in sintonia con il mercato. C’è voglia di conoscenza da parte dei consumatori esteri. La Romagna è un punto piccolissimo quasi nascosto, ma questa può anche essere la nostra forza. Quella dell’unicità, della rarità e quindi, per certe visioni, dell’esclusività. Questa non intesa come il blasone francese, per esempio, ma l’unicità dell’esperienza del sorso che possiamo offrire solo noi».
Cosa riserva il futuro in casa Randi?
«Beh sinceramente la determinazione e la volontà di proseguire questo racconto, magari aumentando il nostro radicamento estero, potenziarlo e allargarlo a nuovi mercati. Noi ci crediamo che il vino raro, la nicchia, seppur in un contesto globale difficile abbia ampi margini di crescita e di manovra. Bisogna osare e crederci. Lo abbiamo fatto e continueremo sicuramente ancora a farlo, per noi e per la Romagna. Ah, l’ultimo importante step sarà quello, entro alcuni anni, di portare tutta la filiera del vino in cantina. Oggi l’imbottigliamento, infatti, lo faciamo fuori casa ma è nostra ferma intenzione riuscire ad arrivare anche a fare questo ultimo step per completare un’impostazione e un’idea chiara che abbiamo in mente. Siamo figli della terra e della vigna e lo vogliamo trasmette al più ampio pubblico di curiosi e amanti possibili del buon bere made in Romagna».

LA STORIA DELL'AZIENDA
La Società Agricola Randi, fondata alla fine della Seconda Guerra Mondiale, si compone oggi di più corpi, distribuiti nei comuni di Fusignano e Alfonsine. Attualmente nei vigneti che si estendono per quasi 60 ettari di superficie, di cui almeno 25, in crescita nei prossimi anni, convertiti in biologico, vengono coltivati con le uve Trebbiano, uva Longanesi, Malbo gentile, Chardonnay, uva Dora, uva Famoso e Centesimino. Ripercorriamo la storia per tappe di questa trasformazione da Azienda agricola «tradizionale» romagnola, in cui frutteto e seminativo ne facevano da padroni, a una delle aziende più dinamiche e fortemente rivolte all’estero in campo commerciale vitivinicolo di questa parte di territorio.
Dal 2000 la Società è associata al consorzio «Il Bagnacavallo» per la produzione e valorizzazione delle uve Longanesi denominate Burson (nome e marchio registrato dal Consorzio che ne cura l’immagine e ne certifica la qualità e l’idoneità alla commercializzazione).
Nel 2001 parte la commercializzate delle prime bottiglie provenienti dalla Società Agricola Randi. Tre anni dopo, nel 2004, viene lanciata la prima annata di produzione passito rosso Sinna mentre nel 2007, allacciata una collaborazione con le distillerie Brunello di Vicenza per le lavorazioni delle vinacce arrivano tra le referenze aziendali anche le grappe.
Dal punto di vista della visibilità e della formalizzazione a vera e propria testimone delle vigne di pianura della Bassa Romagna, nel 2008, la Società si presenta con un potenziale di oltre 20.000 bottiglie da emettere sul mercato. A gennaio 2008 entra così in Enoteca regionale di Dozza e viene ammessa al Vinitaly di Verona. Successivamente entra a far parte del consorzio Ente tutela vini di Romagna ed è invitata a rappresentare i vini di Romagna presso la Camera di Commercio di Zurigo.
L’anno successivo un vero e proprio sprint e un’accelerazione per l’identità enoica con la prima vendemmia di uva Famoso per la produzione di Rambela Bianca ferma e passito «StraFamoso» a cui fanno eco, nel 2012 la produzione di Burson Rosato Brut, nel 2013 quella di Rambela Barricata fino ad arrivare nel 2014 con la prima annata di produzione di uva Centesimino, Rambela spumantizzata con metodo Charmat nelle due tipologia Extradry e Brut e, infine, nel 2016 commercializzazione per il Rambela spumantizzato con metodo classico.
Altra data strategica per la fisionomia di Randi vini è l’incontro, in America, con Gianmario Villa operatore di uno gruppo importatore di vino, nel 2013. Da qui parte la «fortuna» nel Nuovo mondo per Randi che oggi lo vede posizionare decine di migliaia di bottiglie sia nella costa ovest che in quella est degli Usa. Infine c’è il 2018, anno di realizzazione della nuova cantina in Romagna. Una sede istituzionale e di convivialità che rappresenta la porta d’ingresso della nuova storia vitivinicola chiamata Randi.
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