Fiumi Uniti, i capannisti in protesta: "Da qui non ce ne andiamo"
Trentotto capanni da pesca da abbattere su 74, nel tratto più stretto fino alla chiusa Rasponi. Ma i capannisti dei Fiumi Uniti, alle decisioni dei tecnici della Regione, non ci stanno. Venerdì 7 giugno Associazione Pesca Sportiva e Co.Fu.Se manifesteranno con un corteo che partendo alle 10 da piazza Caduti - di fronte al palazzo provinciale dove ha sede Arpae - passerà da via Corrado Ricci e piazza Garibaldi, arrivando fino a piazza del Popolo. «Le speranze di salvare i capanni sono poche ma la protesta servirà a capire che cosa possiamo fare in extremis», commenta Maurizio Braghittoni, presidente di Pesca Sportiva, che sottolinea come il Comune di Ravenna sia dalla parte dei capannisti contro il giudizio tecnico della Regione: «Noi difendiamo il valore culturale e sociale dei nostri capanni, il fatto che siano rimasti baluardi di convivialità e aggregazione, dove si discute di calcio e di politica, dove si mangia insieme. Consideriamo il sindaco Michele De Pascale un amico e torneremo a chiedergli aiuto».
«RESISTEREMO»
A fare eco a Braghittoni è Carlo Gambi, uno dei capannisti più in prima linea: «Sono sessant’anni che combattiamo per restare qui, questo è solo l’ultimo attacco in ordine di tempo. Il mio capanno, che appartiene alla mia famiglia dal 1964, non è tra quelli presi di mira. Ma sono solidale con tutti e voglio che una tradizione importante come la nostra venga protetta. Da qui non ce ne andiamo». Per Gambi il provvedimento regionale non è chiaro nelle motivazioni: «Ci vogliono fare credere che in caso di fiumana il livello dell’acqua si alzerebbe pericolosamente e che i capanni sono d’intralcio al flusso dell’acqua. Ma il maltempo delle ultime settimane ha dimostrato il contrario. Quando abbiamo commissionato uno studio per capire se davvero ci fossero motivazioni tecniche tali da giustificare l’abbattimento – e lo studio ci ha dato ragione – siamo stati accusati che la relazione fosse di parte. Nel momento in cui il Comune di Ravenna ha fatto la stessa cosa, con esiti pressoché uguali, la conclusione è stata lo stesso rigettata dalla Regione. Quando l’abbiamo saputo, è stato come un pugno sullo stomaco. Sono romagnolo: prima di abbattere il mio capanno, devono abbattere me».
«TRADIZIONE IMPORTANTE»
Per Gambi il valore dei manufatti è storico, turistico, culturale: «Una volta servivano alle famiglie dei pescatori per la sussistenza, oggi sono avamposti per la valorizzazione di un territorio importante. Sono il primo a dire no all’abusivismo ma c’è qualcosa che non ci dicono e alla quale non dobbiamo sottostare passivamente. Se i capanni danno fastidio, allora perché non abbattono anche gli alberi che sono sull’alveo dei fiumi?». Gambi ricorda anche la manifestazione «Capanni Aperti» che ogni maggio viene organizzata per valorizzare la tradizione dei capanni: «Molti ravennati non sono nemmeno al corrente che esistano ma qui c’è davvero tanto da conoscere».