Faenza, la rinnovata popolarità degli scacchi: "Furbizia e calcolo, così ci divertiamo"

Romagna | 17 Gennaio 2021 Sport
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Giuseppe Sangiorgi
Gli scacchi, disciplina antichissima, stanno vivendo una inaspettata nuova popolarità. Nato in India, intorno al V-VI secolo d.C., dove la mossa era attribuita con i dadi, transitato in Persia dove alla parola shāh - re - e quindi shāh mat (il re è morto) si deve il nome scacchi, il gioco è giunto in Europa nell’anno 1000, si è evoluto nel Medioevo e codificato nella forma attuale nel 1500 fino al regolamento completo attuale nel XIX secolo. 

LE ORIGINI
Un gioco affascinante che sembra fosse noto pure a Dante Alighieri, che sembra richiamarlo nella Divina Commedia nel Paradiso, canto XXVIII, versi 91-93 («Lo incendio lor seguiva ogni scintilla; Ed eran tante, che ‘l numero loro. Più che il doppiar degli scacchi s’immilla»). Laddove descrive il tripudio e lo splendore dei cori degli angeli e la loro moltitudine, Dante allude all’aggettivo “infinito” per indicarne il numero, come le possibili mosse sulla scacchiera. Dal Sommo Poeta a Netflix visto che è proprio la miniserie in sette puntate «La regina degli scacchi» con protagonista Elizabeth Harmon (interpretata da Anya Taylor-Joy) ad aver dato una nuova vetrina al gioco. Quasi un paradosso, ora che i circoli scacchistici sono chiusi al pubblico per l’emergenza Covid e si può continuare a giocare solo on line. E’ aumentato l’interesse, ma forse non come ai tempi, era il 1972, della leggendaria sfida tra Boris Spasskij e Bobby Fischer, il campionato del mondo passato alla storia come «l’incontro del secolo». Il geniale americano riuscì a battere il campionissimo russo in piena contrapposizione da guerra fredda tra le due superpotenze, in un confronto che appassionò per due mesi il mondo intero e tanti giovani come Andrea Drei.

IL MAESTRO E IL CIRCOLO
Medico da poco in pensione, ma già tornato «in trincea» per l’emergenza Covid, Drei è presidente da 23 anni del Circolo Scacchi di Faenza. «Mio padre mi aveva dato qualche primo insegnamento quando avevo 7 anni -dice Drei - poi le occasioni erano state limitate. Quella sfida stellare tra i supercampioni mi coinvolse fortemente e da allora non ho mai smesso di giocare anche a livello agonistico, prima durante l’università e poi conciliando gli impegni professionali e familiari». Il ritrovo degli scacchisti a Faenza era negli anni ‘60 e ‘70 il bar Inter, ora Infantini, in corso Mazzini, dove venivano organizzati numerosi tornei. Poi, venuta meno la possibilità in quel locale, nel 1978 «il tempio degli scacchi» divenne la sede del Circolo Torricelli in via Castellani, dove già c’era tradizione e dove i pezzi bianchi e neri su scacchiere sono stati di casa fino a circa un anno fa, soprattutto negli appuntamenti fissi del giovedì sera e del sabato pomeriggio. Il Circolo Scacchi Faenza conta una trentina di soci (pre Covid, ora qualcuno in meno in attesa della ripartenza) di cui due terzi tesserati alla Federazione italiana per l’attività agonistica. Il 63enne Andrea Drei, maestro di scacchi della Fide (Federation International des Echecs) muove i pezzi sulle scacchiere bianche e nere da oltre mezzo secolo. All’apice della carriera è stato numero 17 del ranking italiano. Accanto a lui, formano il direttivo manfredo il vicepresidente Luca Troncossi e i consiglieri Giovanni Valgimigli e Fausto Francesconi. Il sodalizio, pur con numeri ridotti di tesserati, ha un palmares interessante, iniziato con due vittorie del campionato romagnolo a squadre a fine anni Settanta. Nel nuovo millennio, pur con risorse limitate rispetto ad altre società scacchistiche italiane, è stato per diversi anni in A1 «alle soglie dell’Olimpo». Il campionato tricolore a squadre è articolato infatti in sei serie: Promozione, C, B, A2, A1, Master. Nel 2009 il Circolo Scacchi Faenza salì per la prima volta in A1, ottenendo un terzo posto nel 2010. In A1 è rimasto fino al 2015, per risalire poi per un anno nel 2016. L’anno successivo è giunto secondo nel girone di A2 a un passo dal ritorno in categoria. Nel 2020 il concentramento di A2 sarebbe stato a Cervia con buone probabilità di vittoria per i «moschettieri» faentini: Drei, Troncossi, Govoni, Baldazzi, Fuochi, Gaspari. Il Circolo Scacchi Faenza promuove a livello locale numerose iniziative, fra le quali i corsi per bambini e ragazzi al circolo Torricelli e alla scuola Europa, coordinati da Luca Troncossi (oggi sono tre i tesserati under 18) e gare come il campionato romagnolo, torneo semilampo che nell’edizione 2019 ha coinvolto 60 giocatori da diverse città italiane. «Nel 2020 doveva svolgersi nella prestigiosa sede della Rocca Sforzesca di Bagnara, ma è saltato per l’emergenza Covid. E’ stata la prima volta dal 1987», dice con rammarico Drei, che quel campionato lo ha vinto 11 volte.

LA PASSIONE
Nel 2020 l’attività degli scacchisti si è spostata giocoforza online: «Ci si accredita su piattaforme ad hoc che danno la possibilità di giocare partite veloci, a 3, 5, 20 minuti, contro avversari dello stesso punteggio analogo. Per chi è allenato, è una alternativa stimolante, ma certo tutta altra cosa dall’incontro dove l’aspetto della sfida psicologica è palpabile». Cosa ci si può attendere per il futuro? «In agosto l’attività federale era ripartita con qualche torneo secondo tutte le regole anti-Covid, quindi spazi ampi, adeguata areazione, mascherine, igienizzazione, barriera di plexiglass fra giocatori. Però questo comporta costi aggiuntivi che non tutti possono sostenere. La speranza è di poter riprendere in sicurezza il prima possibile, intanto aspettiamo e giochiamo on line». 

FURBIZIA E CALCOLO
Gli scacchi sono uno sport, visto che la disciplina è riconosciuta dal Coni, ma non solo: «Sono un mix di allenamento e psicologia, un gioco di una complessità particolare, di arguzia, di logica e calcolo, ma al tempo stesso di creatività che meglio si apprende nella giovane età: i ragazzi sono infatti straordinariamente recettivi nell’analisi. Gli scacchi sono il trionfo della meritocrazia. Fortuna e casualità non trovano posto, ci si può affidare solo ai propri mezzi, all’impegno, alla passione, alla tenacia, alla volontà e all’esperienza per salire a certi livelli. La mente umana è costretta ad adattarsi e costruire schemi inesauribili. Abituano ed educano all’analisi precisa e capillare delle situazioni, dei problemi, delle controversie e a guardare lontano. E poi offrono tanti spunti metaforici. Danno un senso di gratificazione estetica applicata alla logica». Beth della serie Netflix è una eccezione: solo il 15% dei giocatori al mondo sono donne. Come mai? «C’è un retaggio storico che deriva dal fatto che il gioco si affermò nei circoli riservati gli uomini. Faccio tornei dal 1973 e in Italia la presenza femminile è sempre stata molto ridotta, all’estero invece la partecipazione femminile è al 20%. Penso sia solo questione di tradizione». Come accostarsi al gioco partendo da zero? «Un buon punto di riferimento è il negozio specializzato Le Due Torri di Bologna, leader in Italia. Si trova di tutto».
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