Bassa Romagna, il Consorzio di Bonifica lavora senza sosta, ma «i canali possono al massimo attenuare le piene dei fiumi»
Federico Savini
«Nel solo comprensorio della Romagna Occidentale ci sono state più di 20 rotte arginali ed esondazioni dai fiumi. Canali artificiali e opere di bonifica si sono trovate, loro malgrado, a svolgere un ruolo di supplenza rispetto alla funzione dei fiumi. L’assetto idraulico della Bassa Romagna separa totalmente il reticolo idrografico naturale, fatto di fiumi e torrenti, da quello artificiale, costituito dai canali di bonifica. Le rotte hanno compromesso questa separazione, indispensabile per garantire la sicurezza idraulica. Le opere progettate dal Consorzio sono dimensionate assumendo come parametri di riferimento le portate affluenti ai canali di bonifica potenzialmente generate dalle piogge. Anche a seguito, quindi, della realizzazione delle nuove opere a cui stiamo lavorando, se dovessero ripetersi eventi come quelli dello scorso maggio, che hanno fatto venire meno la separazione tra il percorso delle acque nel reticolo naturale e quello artificiale, non potranno essere evitate conseguenze dannose, al massimo attenuabili dalle nuove infrastrutture». I responsabili del Consorzio di Bonifica della Romagna Occidentale, che si occupano dei canali irrigui e delle relative casse di laminazione nella zona sommariamente compresa tra il Sillaro e il Lamone (tecnicamente nei comparti idraulici Zaniolo-Buonacquisto che protegge Conselice, il Canal Vela con le casse di espansione del lughese e fusignanese, e il Fosso Vecchio, nel bagnacavallese), chiariscono a sei mesi dall’alluvione il ruolo ricoperto dalle opere di bonifica, il loro coinvolgimento nei danni causati da piogge decisamente eccezionali e il fatto che le nuove opere che si stanno progettando e realizzando su quel fronte operativo (che non è quello dei fiumi, che sono di competenza regionale, va precisato) potranno al massimo attenuare la portata di eventuali e inaugurabili nuovi eventi climatici di quella drammatica entità.
L’EMERGENZA DI MAGGIO
«Da maggio il Consorzio è impegnato senza sosta nella progettazione ed esecuzione degli interventi di ripristino ai danni subiti dal sistema - chiariscono i responsabili -. Nell’immediatezza si è dovuti intervenire sulla chiusura delle rotte arginali di canali che erano stati sovraccaricati dalle portate fuoriuscite dai fiumi, nel consolidamento delle pertinenze di bonifica e negli smelmamenti più urgenti. Sono stati inoltre ripristinati velocemente gli impianti irrigui e idrovori danneggiati. Ciò ha consentito di affrontare bene le recenti piogge intense (il riferimento è a quelle che hanno alluvionato la Toscana, nda), ma ancora non basta per il ritorno alle condizioni precedenti l’alluvione di maggio. Il lavoro straordinario proseguirà nei prossimi mesi».
Vanno anche ricordati i danni a 9 impianti idrovori e 4 centrali di pompaggio, soprattutto a Lugo, Conselice e Alfonsine, e chiarito che in maggio «eravamo in piena stagione irrigua - precisano dal Consorzio -. Quindi, nei territori non colpiti dall’alluvione era necessario ripartire con la distribuzione delle acque. Gli impianti idrovori che avevano subito danni dovevano assolvere alle finalità proprie dello scolo. Nelle settimane immediatamente successive all’emergenza si è proceduto al messa in esercizio, mentre sono tuttora in corso lavorazioni necessarie per il pieno funzionamento degli impianti, che non potevano essere eseguite nei giorni calamitosi, essendo incompatibili con la distribuzione irrigua»
FONDI E LAVORI
«Dopo l’alluvione al Consorzio è stata chiesta una ricognizione dei danni - spiegano dall’ente -. L’elenco di lavori da eseguire è stato predisposto su tre categorie: 1) interventi di somma urgenza, 2) interventi urgenti; 3) interventi per aumentare la resilienza a futuri analoghi eventi. Nell’immediatezza il Consorzio è dovuto intervenire anche in assenza di provvedimenti di concessione di finanziamenti, fino all’insediamento della struttura commissariale. Questo ha comportato un limite di operatività legato ai fondi di accantonamento. Raggiunto il limite, si è dovuto attendere l’emanazione delle ordinanze commissariali di concessione dei finanziamenti, 6 per somma urgenza e 8 per gli interventi urgenti. L’erogazione dei fondi è arrivata in un tempo contenuto e di questo va dato atto alla struttura commissariale. Purtroppo, non si hanno notizie sui finanziamenti per le opere finalizzate ad aumentare la resilienza. Il Consorzio non è a conoscenza di risorse assegnate alla struttura commissariale per il finanziamento di quest’ultima categoria di interventi».
Quest’ultima incertezza è, al momento, il punto interrogativo maggiore sulla pianificazione idraulica dei prossimi mesi e anni.
I PROGETTI GIÀ FINANZIATI
In questi mesi si è parlato più volte di grandi progetti del Consorzio nelle aree di Conselice e Bagnacavallo in particolare. «Sono progetti finanziati con fondi del Pnrr - spiegano dall’Ente -, che devono pertanto rispettare le finalità del canale di finanziamento. Due di questi, da realizzarsi nei Comuni di Imola, Massa Lombarda e Conselice, sono stati finanziati tramite il Masaf (Ex Ministero Agricoltura) e hanno esclusiva finalità di efficientamento della distribuzione irrigua. Il progetto del comparto Fosso Vecchio, tra Bagnacavallo, Cotignola e Faenza, ha una plurima valenza: efficientamento della distribuzione irrigua, aumento della resilienza alla siccità ma anche della sicurezza idraulica, fermi restando i limiti già esposti».
L’IPOTESI «MONSONICA»
Fin dai giorni più drammatici dell’alluvione, non appena divenuto chiaro il coinvolgimento anche delle acque dei canali a causa dell’eccezionalità fuori da ogni standard degli eventi atmosferici, si è cominciato a parlare - in un’ottica di progettazione di lungo termine - dell’eventualità di allargare di molto i canali irrigui sul modello dei Paesi monsonici. Ipotesi che però cozza contro la realtà di un territorio nel quale si è costruito molto a ridosso dei corsi d’acqua. «Proprio considerando la forte antropizzazione del territorio - spiegano dal Consorzio -, si ritiene questa soluzione non praticabile. Troppe infrastrutture ed edifici andrebbero a interferire con un ampliamento delle sezioni dei canali, un reticolo fitto e ramificato. La soluzione più efficace per aumentare la sicurezza idraulica è quella delle casse di espansione o di laminazione. Le 9 presenti in Bassa Romagna, alle quali si aggiungerà quella delle piene del Fosso Vecchio, hanno già funzionato in maggio. Consentono di attenuare il rischio senza modificare, nella sostanza, la geometria dei corsi d’acqua».