Bassa Romagna, il bilancio di Pasi (Territorio Provincia): «Maltempo, il legname rimosso dai fiumi, gli argini hanno tenuto»
Federico Savini
«Al termine di una settimana di piogge molto intense possiamo dire di aver insieme superato il primo importante “stress test” a cui è stato sottoposto il nostro territorio dopo l’alluvione. Il sistema arginale era stato gravemente danneggiato e sappiamo che per essere completamente ripristinato e consolidato occorre un tempo più lungo di una sola estate. Considerando questo, il fatto che nella nostra pianura le piene che hanno purtroppo colpito Imola, la nostra collina e ovviamente la Toscana, non abbiano causato danni è un buon indicatore del lavoro svolto fino a qui. E che andrà avanti». Nicola Pasi, oltre che il sindaco di Fusignano, è da tempo delegato alla pianificazione territoriale per la Provincia di Ravenna e da qualche settimana delegato alla Protezione Civile per l’Unione della Bassa Romagna, ed è quindi a lui che è opportuno chiedere un giudizio sulla tenuta degli argini dei fiumi del Bassa dopo le ultime piogge, ma anche sugli accumuli di tronchi e detriti sul Santerno, il fiume che questa volta ha causato più danni, nell’area di Passogatto, così come su quelli rinvenuti nell’alveo del Lamone, in prossimità di Traversara.
Che molti di questi detriti arrivino dalla collina, dove la piena è stata più deflagrante e dove non tutti gli argini sono pulibili nelle stesse condizioni logistiche della pianura, è più che verosimile, ma tanti cittadini di quelle aree lamentano che a ingorgare nuovamente i fiumi in pianura (questa volta per fortuna senza danni) sarebbero stati anche detriti presenti in prossimità degli argini che da mesi vengono disboscati.
«Un lavoro necessario che proseguirà anche nei prossimi mesi - chiarisce Pasi -. Quanto ai detriti di Passogatto e Traversara, verosimilmente è un mix di cose: molto arriva di sicuro dalla collina ma è chiaro che i lavori di trincio e disboscamento degli argini di pianura hannp prodotto dei detriti che nel giro di poco verranno completamente rimossi. In questi mesi si è operato con un mix di teoria generale, che per esempio prevede che l’argine di un fiume si sistemi prima a valle e poi a monte, e di priorità dettate dalle emergenze. In collina si è data priorità alle frane: sono state riaperte le strade e predisposte piccole opere provvisionali per incanalare l’acqua di scorrimento, ma si tratta di un lavoro ancora lungo. In pianura invece il ripristino degli argini ha avuto la priorità. Siamo partiti dalle rotture, sapendo che un argine ricostruito ha bisogno di tempo per consolidare la propria consistenza».
Un tempo che non abbiamo ancora avuto e che, con i cambiamenti climatici in atto, potremmo non avere. «Per questo come “stress test” queste piogge sono state importanti - ribadisce Pasi -. Parliamo di fenomeni abbondanti ma non eccezionali come in maggio: il Lamone non ha destato preoccupazione, il Senio è arrivato a metà capienza e il Santerno a tre quarti, comunque sempre sotto la soglia rossa, che è stata lambita a San Bernardino».
Un certo timore ha riguardato Sant’Agata e in particolare il ponte della ferrovia, che secondo moltii in maggio avrebbe contribuito alla violenta detonazione dell’acqua. «Al momento il ponte non viene percorso, Rfi sta ancora valutando le nostre richieste - spiega Pasi -. Il ponte è ribassato perché fu costruito così, ma a differenza della scorsa primavera, oggi gli argini sono alti come nel resto del fiume. La soluzione ottimale sarebbe certamente un ponte esso stesso più alto».
Tornando agli argini, «non abbiamo riscontrato segni di indebolimento e questo è il dato maggiormente positivo - commenta Nicola Pasi -. Le prossime fasi del lavoro prevedono una migliore regolamentazione dello stesso sistema di cura degli argini, sia in pianura che soprattutto in collina, e poi è bene ribadire che il nostro obiettivo non è quello di ricostruire come prima, ma quello di fare meglio, programmando una strategia di opere di medio periodo per aumentare la resilienza del territorio, con la consulenza di veri esperti di queste materie. C’è un cambiamento da affrontare, questo è certo, e lo si deve fare con senso prospettico e priorità chiare».