A Palazzo San Giacomo la world music di Enzo Avitabile

Romagna | 21 Giugno 2019 Cultura
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Si sente già che c’è aria di festa a palazzo San Giacomo a Russi, venerdì 21 giugno (ore 21.30), per ricordare l’arrivo del solstizio d’estate. Basta infatti guardare i musicisti che saliranno sul palco per rendersi conto che sarà una serata all’insegna della buona musica di tutto il mondo: Enzo Avitabile, poliedrico sassofonista passato attraverso tutti i ritmi e le sonorità possibili, sarà insieme a Francesco De Gregori, a Tony Esposito e ai Bottari di Portico.
Avitabile ha sempre mescolato con grande perizia stili e generi diversissimi tra loro, dalla world music alla canzone napoletana, dal jazz fusion al soul, arrivando a modellare una propria cifra stilistica del tutto inconfondibile. Tra i tanti premi ricevuti due Tenco, due David di Donatello, due Nastri d’argento, un Globo d’oro e un Ciak d’oro.
Avitabile, il titolo dello spettacolo «Attraverso l’acqua» si collega perfettamente al tema di Ravenna Festival «Per l’alto mare aperto». Come è nata l’idea?
«Sono partito da questo brano insieme a Francesco (De Gregori nda), è un concerto speciale, un concerto che apre le parole al suono, alla danza, alle bande, ai ritmi processionali che provengono dalla Grecia. Apre alle parole di Tony Esposito con le sue esperienze nel mondo. Le possibilità di incrociarsi nella musica sono tutto. Il tutto è un simbolo che va oltre la volontà dell’uomo di attraversare la vita. E’ un vero e proprio omaggio alla vita».
Quali brani prevede il programma?
«Ci saranno i brani che ho vissuto con i Bottari e quelli dell’album Black Tarantella. Faremo Generale di Francesco con una mia incursione in napoletano, ma ci sarà anche ballo, musica. Insieme a Francesco cantiamo questo canto di accoglienza che è una riflessione sulla realtà che ci circonda per poi andare in una dimensione più ampia, più spirituale. È una canzone che racconta il dramma dei migranti di Lampedusa, ma anche la nostra migrazione, la migrazione della nostra anima. Siamo tutti immigrati perché cerchiamo questa sponda d’oro, questa terra di nessuno».
Nella sua carriera ha saputo attraversare tanti mondi diversi dalla musica sacra a quella folk, ha lavorato con personaggi come James Brown e Pino Daniele, spaziando in terre diverse. Cosa le è rimasto di questo contaminarsi?
«Ho cercato di toccare tutte le possibilità, la musica è un dono, ho sempre cercato di scoprire tutto quello che c’era. Ho l’inquietudine di toccare tutte le forme. Noi ci muoviamo nella musica, in questo grande oceano, dove la musica di oggi prepara quella di domani. C’è sempre la volontà di fare cose nuove e il piacere dell’incontro. Con Francesco sognavo da sempre di fare uno spettacolo insieme».
Perché ha scelto il sax come strumento?
«Quando ero ragazzo dal juke box usciva la musica di James Brown, Tina Turner, Afrika Bambaataa dove il sax la faceva da protagonista e mi sono innamorato di questo strumento. La prima parte di questa vita l’ho dedicata agli incontri con i musicisti che ascoltavo da quella scatola magica. Poi mi sono ‘disamericanizzato’, andando a cercare il resto della musica del mondo. La world music non è solo l’insieme delle musiche del mondo, ma è anche l’insieme dei mondi. Ogni uomo, ogni musicista è un microcosmo, quindi la world è anche l’insieme dei mondi che si incrociano. E’ l’insieme dell’amore per le differenze».
Si è diplomato nel conservatorio di San Pietro a Majella dove ha studiato anche Riccardo Muti, ma con strade completamente diverse.
«Lo sappiamo benissimo noi del Conservatorio. Ma non sono mai strade veramente diverse. Negli ultimi anni ho fatto diversi progetti di sinfonica: mai dire mai. Siamo molto legati a due personaggi del Conservatorio: uno è Riccardo Muti e l’altro Roberto De Simone, proviamo una sorta di affetto e di gratitudine. Quando abbiamo deciso di proporre a Ravenna Festival un concerto siamo stati anche tentati di proporre una sinfonica, ma poi ci è sembrato giustamente doveroso andare con un suono proveniente da tutto il mondo».
Qual è secondo lei il ruolo delle tradizioni oggi?
«E’ tutto relativo, nel rap c’è il ritmo, il sound, è un tempo binario dove ognuno inventa la sua rima. Non si distanzia dalla parola che nasce dall’antica Grecia. Sono corsi e ricorsi. L’importante è essere un ponte di congiunzione tra le cose».
Che ne pensa dei giovani e delle trasmissioni come X Factor?
«Abbiamo tanti talenti nei conservatori, credo molto nelle nuove generazioni, anche se quelli che non hanno voglia di studiare sono liberi di coltivare la propria parte di istinto. Credo che quando si ha la passione per la musica si voglia conoscere tutto. Io non riuscirei a non sapere qualcosa della musica. Mi piace conoscere l’armonia, il solfeggio, ma non significa che lo applichi sempre. Più ne sai di musica e più non ne saprai». (e.nen).
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