«A Carnevale ogni dolce vale!», lo afferma anche la nutrizionista Nonni

Romagna | 16 Febbraio 2024 Le vie del gusto
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Gaia Nonni - I dolci di Carnevale sono sinonimo di festa e allegria; simili in tutta Italia, ma con qualche variazione regionale, hanno una cosa in comune: sono fritti, zuccherini e ricchi di grassi.
La ragione la troviamo nell’etimologia: la parola Carnevale deriva dal latino carnem levare, cioè togliere la carne. Ci si riferiva al periodo quaresimale, tradizionalmente costituito da rinunce e sobrietà; per questo, per contrasto, nel giorno del banchetto di Martedì Grasso, ci si lasciava andare tra eccessi, colori e festeggimenti.
Se vogliamo scavare ancora e andare ulteriormente indietro nel tempo, bisogna allora dire che le frictilia, dolci fritti nel grasso di maiale, erano in voga fin dai tempi dell’Antica Roma, quando venivano distributi per le strade della città durante i Saturnali, una festa pagana che era effettivamente molto simile al Carnevale odierno.
Insomma le frittelle tipiche di questo periodo hanno radici estremamente antiche e, di regione in regione, assumono nomi e caratteristiche differenti.
Le più famose sono senz’ altro le chiacchiere, in Emilia-Romagna sfrappole, preparate con un impasto classico a base di uova, zucchero, farina, burro e una parte alcolica a scelta, che può variare a seconda delle usanze.
Possiamo trovarle spolverate con zucchero a velo o semolato, fritte e ripassate in forno, oppure completamente cotte al forno, tra le proposte di dolci di Carnevale considerati «light». A seconda della ricetta possono essere un po’ più sottili oppure più corpose, ma devono avere le bolle: è l’unico segno per fare capire che la sfoglia è stata tirata a regola d’arte e l’impasto è stato fritto a dovere.
Un’altra ricetta carnevalesca della tradizione romagnola prevede che le tagliatelle abbandonino il ragù per trasformarsi in un dolce irresistibile, dove alla sfoglia vengono aggiunti zucchero a velo e la buccia di un limone non trattato, per poi buttare il tutto nell’ olio di semi. Secondo la leggenda, a inventarle sarebbe stato Zafirano, il cuoco della corte di Giovanni II di Bentivoglio, in occasione della visita di Lucrezia Borgia a Bologna. Secondo quanto riportato dalla tradizione popolare, la forma allungata del dolce è ispirato ai lunghi capelli biondi della donna.
Della tradizione emiliano-romagnola fanno parte anche le castagnole, dolcetti tondeggianti talvolta vuoti, talvolta ripieni di crema pasticcera, ricotta o confetture. A dire il vero, la loro origine sarebbe incerta; Pellegrino Artusi, però, nel suo celeberrimo manuale, ne riporta la ricetta, che prevede un impasto soffice a base di uova, zucchero, farina, burro e scorza di limone, aromatizzato con un po’ di cognac o acquavite e, naturalmente, fritto in abbondante olio.
Ma non finisce qui: un’altra specialità che contraddistingue la regione sono i ravioli dolci fritti, ripieni di marmellata o di crema. Rispetto alla loro controparte salata, però, in questo caso l’impasto è diverso, perché non si tratta di sfoglia, ma di una pasta frolla, spesso preparata con olio al posto del burro, farcita e chiusa a mo’ di raviolo.
Insomma, ce n’è per tutti i gusti, e dal momento che si tratta di dolci molto importanti dal punto di vista della cultura, circoscritti ad un momento dell’anno preciso, sarebbe un peccato privarsene. Come sempre, in medio stat virtus: mangiare una sfrappola o assaggiare una castagnola durante il periodo carnevalesco non andrà certo a compromettere i benefici di un’alimentazione sana e costante; d’altro canto, invece, un abuso di alimenti ad altissimo contenuto calorico, ricchi di grassi e zuccheri, può andare a compromettere i risultati ottenuti con costanza, rigore e, in alcuni casi, sacrifici.
In un’alimentazione equilibrata nessun alimento è un nemico, e in questi giorni è quindi d’obbligo godersi qualche sfrappola senza rinunciare a nulla!

LA RICETTA:
Ingredienti
220 g farina 00
70 g eritritolo (in polvere)
1 pizzico sale fino
1 bustina vanillina
60 g olio di semi
75 g latte
1 limone (buccia grattugiata o di 1/2 arancia)
5 g lievito per dolci

Accendi il forno e imposta 170° statico.
Metti in una terrina capiente tutti gli ingredienti insieme e comincia ad amalgamare bene aiutandoti con una frusta o una forchetta.
Quando otterrai un composto piuttosto compatto, versa l’impasto su una spianatoia e lavoralo un pochino finché non diventerà elastico e liscio.
Prepara una teglia foderata di carta forno che consiglio sempre di bagnare e strizzare.
Stendi l’impasto e taglia i biscotti con la forma che preferisci.
Se non hai delle formine per biscotti o un coppa pasta puoi usare semplicemente una tazzina da caffè.
Posiziona i biscotti sulla teglia e metti in forno per 13 minuti.
Una volta cotti falli raffreddare dopodiché potrai toglierli dalla teglia (se li togli ancora caldi è molto probabile che si possano rompere).
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