Tobagi «la scuola è un punto di vista eccellente sul mondo». Venerdì 31 al Caffè letterario

Ravenna | 31 Marzo 2017 Cultura
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Elena Nencini
Il suo primo libro è stato dedicato alla memoria del padre Walter Tobagi ucciso dalle Brigate rosse nel 1980, il secondo ha affrontato la strage di Brescia, adesso Benedetta Tobagi sta preparando una tesi di dottorato in storia contemporanea a Londra sulla strage di piazza Fontana. Temi complessi come spiega la scrittrice: «ho trasformato una passione nata da una tragedia personale in un’amore per la ricerca storica. Quel periodo mi interessa moltissimo, ma mi sono spostata leggermente, anche perché  dopo il libro sul terrorismo di sinistra sarebbe stato troppo duro continuare su quella strada».
Tobagi sarà a Ravenna al Caffè letterario di via Diaz 26, venerdì 31 marzo, ore 18.30, con il suo ultimo libro «La scuola salvata dai bambini» (Rizzoli)) nell’ambito di «Quattro chiacchiere al Caffè» rassegna a cura del settimanale SettesereQui.
Un documentario-reportage tra le scuole di Italia, partendo da Amatrice, ombelico d’Italia, passando per Milano, Brescia, Ancona, Napoli, Palermo, Cittareale per capire se è vero che i migranti sono un problema.
Tobagi, dal terrorismo alla scuola c’è un filo che lega questi temi complessi?
«I miei amici stanno aspettando che finalmente scriva un romanzo. Una lettrice mi ha chiesto se mi ero resa conto che c’era un filo tra il libro sulla strage di Brescia che coinvolge un gruppo di insegnanti e l’attuale libro sulla scuola. Credo che ogni lavoro abbia dentro di sè dei segni. Sono rimasta fedele alla cosa che mi interessa di più, la realtà contemporanea».
Come mai ha scelto proprio la scuola come luogo di indagine?
«Ho scelto la scuola e il mondo che è intorno, che ultimamente mi sembra un po’ impazzito con il suo atteggiamento verso gli stranieri. La scuola è un eccellente punto di vista per cogliere temi molto più grandi».
E’ vero che i bimbi migranti sono un problema?
«Ovviamente bisogna cercare di capire. La risposta è in realtà no. Cercando le scuole ad alta densità di problemi ho trovato un impoverimento della società e della scuola dopo i tagli della riforma Gelmini. Sono temi che vengono sviluppati in tutto il libro. Dentro le scuole si rivela quello che ci avvelena nella vita di oggi, il risentimento, la rabbia, l’elezione di Trump in America, le prossime elezioni in Francia con il fantasma di Le Pen. Certo servono gli educatori, ma la scuola resta senza risorse, si continua a parlare di qual è il senso di una educazione, di non avere paura della diversità altrui e di quella propria. Ma lo Stato non investe. Sono rimasta sorpresa io stessa da una frase consolatoria del papa: “gli stranieri sono un dono”. Poi ho capito che c’era un senso molto profondo in questa frase. Non è retorica. Le diversità, i conflitti, sono un dono che portano a confrontarci con la profondità di noi stessi, di cosa abbiamo paura».
Che differenza ha percepito tra grandi città e provincia?
«La provincia ha un immenso interesse per me, si tratta di realtà meno raccontate. È stato molto interessante capire come alcuni micro e macro dinamiche politiche si intreccino. E’ importante vedere le mille declinazioni che prendono nel concreto. Ho raccontato realtà diverse, da Brescia, a Mantova, a Cittareale dove gli stranieri sono stati la salvezza della scuola. Ho raccontate queste realtà perché diventino patrimonio comune. L’Italia è fatta in gran parte di piccoli paesi e al sud si vede quanto gli stranieri possano essere una risorsa».
Non rischia di sembrare troppo buonista questo libro?
«Io non sono buonista, persino alla scuola Trotter di Milano Iolanda mi ha detto “non farti intontire i problemi ci sono e sono importanti”. Ho provato a raccontare cosa succede: cercavo gli stranieri ma ho trovato una scuola impoverita. L’ipocrisia è il vero problema, avvelena tutta la società. Vorrei dire “guardate quale è il rischio di depotenziare la scuola”: quello che perde la scuola finisce per strada. Pensi che costi sociali per asl, sicurezza, comuni che diventano questi dispersi. L’impotenza va raccontata, ma ci sono tante cose che si possono fare».
Il titolo del suo libro riecheggia Elsa Morante e il suo libro di poesie Il mondo salvato dai ragazzini.
«Ovviamente viene dalla Morante, a me interessava questo richiamo, non è un caso se ho scelto le scuole primarie perché sono una rete a strascico che vede ancora il coinvolgimento dei genitori. Mi interessava spiazzare il lettore, Cittareale è un paesino dell’entroterra salvato dai bambini, e ho scoperto che ce ne sono tanti di paesi così. Bisogna uscire dal facile sentimentalismo ma anche dalla facile demonizzazione: le scuole sono i luoghi dove i conflitti accadono».
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