Ravenna, la storia di Paola: «Dopo la maternità il capo mi disse di vergognarmi»
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“Quando sono rientrata al lavoro dopo la gravidanza, il mio titolare mi ha detto che mi dovevo vergognare”. Paola Spadoni, 43 anni, di San Pancrazio, si è licenziata dall’azienda dove lavorava da una decina di anni nel novembre del 2016 dopo aver partorito per la seconda volta. “Quando sono nate le mie gemelle, essendo premature e non avendo dei nonni che potessero aiutarci, ho chiesto il part time al mio datore di lavoro, ma la mia richiesta non è stata nemmeno presa in considerazione”. Ma le difficoltà di Paola sul posto di lavoro cominciano molto prima: “Lavoravo nel settore nautico in un reparto maschile e facevo un lavoro di fatica con martello e cacciavite. Stavo spesso in piedi e alzavo dei carichi importanti. Non mi sono mai rifiutata di fare straordinari e amavo il mio lavoro. Quando sono rimasta incinta la prima volta nel 2009 ho scoperto l’esistenza della maternità obbligatoria, dopo il parto, per lavoro a rischio per l’allattamento. Ciò voleva dire che sarei potuta rimanere a casa da subito, anche perché avevo avuto delle minacce di aborto, ma anche i sette mesi dopo la nascita delle bambine. Mi sono così rivolta all’azienda per sapere come dovevo muovermi, ma mi è stato risposto che loro non potevano aspettarmi”.
Intanto Paola va avanti con la domanda, ma questa viene rifiutata. Tornata in azienda, Paola è subito chiamata dal suo datore di lavoro che utilizza toni e parole poco consoni alla situazione: “Probabilmente avevo messo in moto un meccanismo che aveva fatto scaturire qualche difficoltà”.
Successivamente Paola scopre di essere di nuovo incinta: “Purtroppo la gravidanza non andò bene e io rimasi a casa solo una settimana”. Quando Paola rientra al lavoro fa una spiacevole scoperta: “Un giorno ho visto girare in reparto la responsabile della sicurezza insieme a una signora con in mano colla e silicone. Era il nuovo medico che stava riguardando la dichiarazione dei rischi. Mi ero sempre chiesta in tutto quel tempo che fine avesse fatto la mia domanda e sono venuta a sapere che nel reparto nel quale lavoravo io non c’era alcun rischio, mentre nell’altro nel quale erano impiegati solo uomini, sì”. Poco dopo, una nuova scoperta: i due reparti erano stati uniti e la dichiarazione di rischio era scomparsa.
“Quando mi accorsi di essere incinta delle gemelle, chiesi l’intervento di Sonia Alvisi,
consigliera paritaria, con l’idea di fare domanda per un part-time – prosegue Paola -. È stata proprio lei a prendere contatti con i titolari, ma non c’è stato nulla da fare. Ho deciso, così, di licenziarmi prima del compimento del primo anno di vita delle mie gemelle. I miei titolari hanno tutti delle figlie femmine, spero che non si trovino mai nella mia stessa condizione”.
Paola dopo un primo periodo di scoraggiamento si è rimboccata le maniche ed è diventata una beauty promoter per un’importante casa di cosmetici: “È stata la mia rinascita andare via da quell’azienda. Sono riuscita a tirare fuori da quella situazione il meglio: ora ci sono novanta persone che lavorano sotto di me. Ogni giorno mi occupo di vendere i prodotti di bellezza su internet e gestisco il mio gruppo di lavoro, tutto da casa. Ciò che era iniziato per gioco, grazie alla rete è diventato una professione che amo e che, soprattutto, mi dà la possibilità di veder crescere le mie tre figlie”. (b.g.)