Angela Tecce racconta la mostra «?War is over» del Mar
Elena Nencini
Aprirà venerdì 5 alle 17.30 la mostra «?War is over. Arte e conflitti tra mito e contemporaneità» a cura di Angela Tecce, e Maurizio Tarantino al Museo d’arte della città di Ravenna (fino al 13 gennaio, ore 9-18 mart-sab; 10-18 dom) una riflessione sui conflitti, innescata da un ‘cortocircuito’ tra arte e letteratura, nel centenario della conclusione della prima guerra mondiale. Il percorso della mostra si muove tra passato e presente, tra oggetti antichi e artisti contemporanei, come Marina Abramovic, Beuys, Alighiero Boetti, Burri, Christo, Giorgio De Chirico, Fabre, Kiefer, Kentridge, Kounellis, Rauschenberg, Warhol. L’allestimento si avvale di installazioni di Studio Azzurro, che rappresentano un ideale trait-d’union tra i vari temi affrontati e contribuiscono a rendere più affascinante e articolato il percorso espositivo che si snoda attraverso opere e immagini di grande impatto visivo ed evocativo. A raccontarci cosa ci aspetta in mostra è uno dei curatori, Angela Tecce,affermata storica dell’arte contemporane.
La mostra non segue un percorso cronologico, ma accosta opere antiche a moderne.
«Per me non c’è una soluzione di continuità, l’arte è arte. La lente d’ingrandimento della visione contemporanea consente di leggere meglio il passato».
Alle opere sono collegate delle frasi che spaziano, da citazioni letterarie a bibliche fino a canzoni rock. Come mai?
«L’aspetto visivo è naturalmente il più importante, ma abbiamo cercato di trovare un punto di incontro tra l’arte e la sensibilità che la cultura letteraria ha nei confronti di determinati temi. Una sorta di contrappunto».
Perchè una riflessione sulla guerra?
«E’ stato Maurizio Tarantino, il direttore del Mar a proporla, poi io l’ho sviluppata secondo il mio sentire. Nonostante tante parole il conflitto attraversa il nostro mondo, dai conflitti tra razze a quelli religiosi. Forse più che una riflessione sulla guerra, direi che abbiamo puntato a come la sensibilità contemporanea abbia sempre letto questa persistenza del conflitto. A partire da Eraclito fino ad arrivare ai nostri giorni».
Tra le opere in mostra ce n’è una a cui tiene particolarmente?
«In realtà tantissime perché sono il frutto di un lavoro lungo tutta la mia carriera di storica dell’arte. I rapporti con molti artisti li ho costruiti in tanti anni nei quali mi sono relazionata con loro nei musei italiani e internazionali per mostre. Molti artisti non sono li per caso: Kiefer di solito non espone in collettive, ma avevo curato una sua mostra a Capodimonte, così come con Kentridge. Il prestito del Museo Picasso di Parigi è piuttosto eccezionale. Ho avuto con queste istituzioni ottimi rapporti. Sono orgogliosa degli artisti che sono presenti in mostra perchè penso che rappresentino il sentire dell’oggi. Ma abbiamo anche artisti scomparsi come Guttuso o De Chirico e tanti collezionisti privati. A fianco di questi big sono riuscita ad ottenere un Kounellis con un’opera di grande importanza con il lettino da campo, le coperte militari, per sottolineare una dolorosa situazione di frontiera. Un altro grande artista a cui sono molto legata è Mimmo Paladino: quando dirigevo il museo a Napoli realizzò l’installazione della “Montagna di sale” in piazza Plebiscito. Tutti questi artisti hanno voluto tributare a Ravenna un omaggio, a questa città a cui, tutti noi del mondo dell’arte, siamo profondamente legati».
Alcuni di questi artisti sono intorno ai 40 anni e la guerra non l’hanno vissuta. Come reagiscono a questo tema?
«Nella guerra ci si affonda dentro. Più che sulla guerra questi artisti hanno ‘lavorato’ sulle immagini dei conflitti da cui siamo bombardati dai media. Queste immagini che noi guardiamo con indifferenza colpiscono invece molto gli artisti. Non c’è una guerra vissuta, ma una sensibilità dolorosa che ci circonda».
Un prestito che non è arrivato?
«Ho avuto prestiti ritenuti impossibili. Quasi tutto quello che io volevo nel mio percorso mentale sono riuscita ad ottenerlo. Sono soddisfattissima».