Volley C donne, la storia di Alice Tomat: "Trascino la Fenix Faenza e vinco con la Nazionale sorde"
Nome: Alice. Cognome: Tomat. Ruolo: schiacciatrice. Squadra: Fenix Faenza Segni particolari: ragazza speciale della Nazionale italiana sorde. La friulana, classe 1993, è il braccio armato di una Fenix Faenza che ha chiuso il 2018 in testa alla classifica della serie C girone C. Con la squadra faentina, dopo 9 gare, sta viaggiando a oltre 11 punti di media a gara, in campo mostra grande temperamento e determinazione. Un’atleta speciale perché, nonostante l’handicap della sordità, ha vinto nella vita e nello sport.
Alice, lei ha iniziato a giocare giovanissima a soli 4 anni. Come mai scelse la pallavolo?
«I miei genitori decisero di farmi provare uno sport di squadra per arginare il mio handicap, uno stimolo a confrontarmi e integrarmi con persone con cui avrei dovuto condividere non solo la compagnia, ma anche dei valori più profondi, legati all’aspetto sportivo e morale. Un modo per arginare in parte le barriere uditive, attraverso lo sport. Poi l’intento iniziale è stato largamente superato fino a far diventare la pallavolo il mio primo e unico sport».
Dal Friuli a Ferrara e poi ancora Friuli e poi a Faenza. Come si trova qui?
«I romagnoli sono famosi in tutta Italia per godersi la vita e le aspettative non son rimaste deluse: ora capisco perché la Romagna è così invidiata».
Con la Fenix lei è protagonista.
«Ma il vero segreto di Faenza è proprio la squadra: è la prestazione collettiva a fare la differenza, a mettere tutte noi nelle condizioni di poter contribuire alla causa».
Quali sono le sue qualità migliori come atleta?
«Senza dubbio le mie doti fisiche mi aiutano molto nella prestazione: velocità ed elevazione sono due caratteristiche individuali molto importanti nella pallavolo, ma di testa mi considero molto «ignorante». Da sempre ho giocato più d’istinto, il che è un pro, ma anche un contro, in quanto talvolta usando di più la testa in determinate situazioni potrei aiutar di più la squadra».
Per quanto riguarda l’attività con la nazionale sorde e con i club, ha avuto diversi successi.
«Una delle cose che più mi piace raccontare della Nazionale è la sua evoluzione nei dieci anni che vi ho giocato: agli inizi eravamo una realtà sconosciuta. Molto più vicina a una realtà amatoriale, con zero visibilità. Piano piano, l’inteso lavoro di tutti, dalle squadre di club dei sordi alla Nazionale, alla Federazione e alle persone esterne, hanno dato forma a un puzzle sempre più definito e organizzato. Il risultato dell’anno è il secondo posto alle Olimpiadi dei Sordi di Samsun, in Turchia. Una passione vera per lo staff e per noi ragazze, che ci ha portato a superare difficoltà e sacrifici: pochi hanno davvero idea di quanto sudore e fatica ci abbiamo messo dentro e il secondo posto olimpico non poteva che essere il meritato premio. Da allora abbiamo conquistato altri successi, tra cui i primi due posti alla Champions League dei sordi nel 2017 e il secondo posto agli Europei Under 21 dello scorso giugno».
Cosa significa per lei questa esperienza?
«Ci tengo molto a dire che l’esperienza di dieci anni, ma anche di una vita intera, dice che spesso e volentieri il nostro handicap viene spettacolarizzato: il premio ai Gazzetta Sport Awards come miglior atleta paralimpica dell’anno e l’inno di Mameli in LIS visualizzato da milioni di persone ne sono un lampante esempio. Spente le luci, ricominciano gli estenuanti giri su e giù per l’Italia alla ricerca di realtà che ci ospitino, nuove atlete e sponsor. Il nostro è un handicap invisibile, ma rispetto a 10 anni fa, lo è di meno, e dovrà continuare fino a che smetterà di esserlo, fino a che non ci sentiremo più una Nazionale di serie Z».