Terremoto in Marocco, la preoccupazione della comunità ravennate composta da oltre 4mila unità

Marianna Carnoli - Nella nostra provincia la comunità marocchina raggiunge le 4400 persone (sono 61mila in regione, dati 2022) molti delle quali, per non dire tutte, hanno ancora parenti ed amici in patria. Come Najat Kassi, mediatrice culturale che vive a Ravenna, in Italia dal 2010, ed originaria della provincia di Ouarzazate, una delle più colpite, a 200 chilometri da Marrakech . «E’ stata un’amica a svegliarmi per dirmi che in Marocco c’era stato il terremoto. Ho chiamato subito mio fratello a Casablanca e i miei genitori che, invece, stanno ancora in una zona montana più vicina all’epicentro per assicurarmi che stessero bene. Lui era scappato subito in strada e i miei mi hanno detto che le case tradizionali di argilla studiate per essere calde d’inverno e fresche nelle torride estati dove si raggiungono anche i 45 gradi sono crollate. Molti comuni rurali dove abitano persone povere non esistono più: in tanti sono morti, le case non ci sono più, così come molti animali che sono per tanti sia fonte di reddito che mezzi di trasporto. Se nelle città più grandi si sta già lavorando per risistemare, nelle realtà più piccole come quella da cui vengo stanno ancora aspettando i soccorsi visto che le poche strade per raggiungerli sono inagibili perché piene di grossi sassi. Mi hanno detto che gli elicotteri portano cibo ai sopravvissuti, ma la situazione è molto grave, penso a chi è ancora sotto le macerie. Un’insegnante mi diceva che ha perso 10 alunni e che in una località che contava una cinquantina di famiglie, purtroppo 30 sono morte. Tutta la popolazione s’è mobilitata cercando di dare una mano e ho visto al notiziario marocchino un invito ad andare a donare sangue visto che gli ospedali si stanno riempiendo di feriti».
Yassine Fakhri che vive da solo a Castel Bolognese, ma ha ancora i genitori e i parenti in Marocco era appena rientrato in Italia quando c’è stato il terremoto. «Non andavo dai miei da 6 anni e due giorni dopo essere rientrato c’è stata questa scossa violenta. La casa dei miei genitori che abitano a Casablanca s’è letteralmente spostata mentre quelle dei miei zii e di mia nonna che abitano più vicino a Marrakech sono state molto danneggiate. Per fortuna stanno tutti bene, ma lo spavento è stato tanto: mia sorella ha dormito quasi 24 ore dopo il terremoto. Mi sarebbe piaciuto tornare per aiutarli e vedere la situazione, ma con il lavoro non riesco. In tv vedo posti che conosco e sembra ci sia stata la guerra: macerie ovunque e supermercati pieni di gente senza più alcuna merce da acquistare. Ci vorrà tempo prima di risistemare tutto».
Tanta paura anche per Omar Belhaj, nato in Italia da genitori marocchini arrivati 32 anni fa che vivono a Mezzano mentre lui risiede a Bagnacavallo. Fortunatamente anche i parenti di Omar rimasti in Marocco vivono tra Rabat e Casablanca, le zone più lontane dall’epicentro. «La situazione è difficile, i morti sono moltissimi, le case inagibili, molte zone sono irraggiungibili. Villaggi come Ait-Ben-Haddou, nella provincia di Ouarzazate, un villaggio in argilla tra il Sahara e Marrakech dove nel ’62 hanno girato Lawrence d’Arabia è stato colpito così come la Medina di Marrakech. Entrambe zone patrimonio Unesco danneggiate, una perdita inestimabile per il patrimonio culturale nazionale marocchino. La reazione della comunità, comunque, è stata come quella da noi dopo l’alluvione di maggio: la gente che può aiuta chi è in difficoltà e si sta mobilitando dalle zone della costa verso le zone più colpite del Marocco. Appena abbiamo sentito del terremoto abbiamo chiamato i nostri parenti perché settembre è ancora periodo di vacanza e non sapevamo esattamente dove fossero. Per fortuna stanno bene e non hanno subito danni materiali».