Ravenna, Santi (Federagenti) parla del canale di Suez, ma anche: «Il progetto Hub è eccellente, faremo nuovi investimenti»
Elena Nencini
Un mondo sempre più globale dove gli eventi che accadono in altri paesi hanno ripercussioni anche sull’Italia: la guerra in Ucraina, quella in Israele hanno creato situazioni di crisi anche sul porto di Ravenna, in maniera più o meno importante.
Alessandro Santi, presidente di Federagenti (Federazione Nazionale agenti, raccomandatari e mediatori marittimi), è a capo di diverse aziende con filiali a Ravenna: Sfacs, Sagem, Sabe, Mirco Santi e commenta così i tempi attuali: «Un momento di grande fermento per l’economia del mare, di cambiamenti epocali nei flussi dell’interscambio mondiale, di conflitti commerciali e di guerre vere e proprie che caricano di forte incertezza l’intero comparto marittimo, la figura degli agenti raccomandatari marittimi e dei mediatori, data frettolosamente per superata o addirittura defunta, è tornata ad assumere un ruolo centrale, concentrando in sé funzioni sparse e riconquistato quella funzione di “sentinella intelligente” sul mercato di cui in parte era stata privata».
Santi parla dei problemi più importanti del panorama internazionale, dalla situazione vicino al canale di Suez all’aumento dei noli dei container per poi concenrarsi sui nuovi investimenti a Ravenna.
Situazione internazionale difficile al momento tanto che i noli dei container sono aumentati sensibilmente.
«Si, c’è stato un raddoppio dei noli su alcune tratte, anche se non a livello del periodo del covid o post covid arrivati a 10mila dollari per la tratta Europa-Cina. Abbiamo raddoppiato delle cifre su alcune tratte che riflettono il problema della circumnavigazione dell’Africa: mediamente, per il collegamento tra Singapore e i porti del nord Europa può significare una decina di giorni di transito in più, un’aggiunta di 3500 miglia circa. Questo comporta dei costi importanti sul carburante e diventa un problema per le tempistiche: la merce subisce dei ritardi per arrivare a destinazione, porta rallentamenti anche negli approvvigionamenti e creerà congestioni di navi - di nuovo - in alcuni porti, penso tra tutti quelli cinesi.
Si è ri-centrata la simmetria dei traffici dei container, sono quelli che hanno subito il problema più evidente per il mare Rosso che riguarda circa il 38% dei container, mentre ha avuto un impatto minore per altre tipologie di prodotti, come quelli petroliferi. In aggiunta a questo aumenta anche l’impatto ecologico: maggiore è il combustibile che viene emesso su una rotta più lunga maggiore è l’inquinamento. Un ulteriore fattore di complessità».
Qual è la preoccupazione di Federagenti in questo momento su Suez?
«La preoccupazione di Federagenti è “Stiamo attenti” perché se ci tolgono il canale di Suez è una situazione complessa per le relazioni internazionali: il traffico che arriva da Suez - sia in import che in export - rappresenta il 40% dei nostri traffici via mare. Se questa situazione si radicalizza e non si trova una soluzione, che siano i militari di supporto alle navi - che è quello che si sta facendo - o accordi geopolitici per evitare gli attacchi degli Houthi allora saranno problemi.
Al perdurare di questa situazione le compagnie potrebbero confermare questa configurazione di navigazione - che eviterebbe il Mediterraneo nel suo transito, con la circumnavigazione dell’Africa - che favorirebbe le linee verso il Nord Europa. Il problema di Suez non ha lo stesso valore per i porti dell’Olanda, o della Germania o altri paesi europei visto che loro hanno l’affaccio oceanico, mentre noi siamo all’interno del nostro lago, se escludiamo Gibilterra e Suez. Questo è il monito di attenzione che abbiamo lanciato».
Quali potrebbero essere gli impatti sulle tipologie di merci del porto di Ravenna?
«Ravenna, rispetto a Genova che fa 5 milioni di teus l’anno, ne fa solo 250mila e sicuramente ne risentirà di meno. Sarà peggio invece l’aumento dei prezzi dei noli. Per Ravenna sicuramente influisce maggiormente la guerra in Ucraina, nel Mar Nero, per i settori dell’agroalimentare e il siderurgico. Tutto il sistema italiano, adriatico e tirrenico, sta subendo un impatto importante, con un aumento dei prezzi e conseguenti ritardi nella consegna».
Quali sono le attività che svolgete nel porto di Ravenna?
«Come Mirco Santi la voce più importante è l’agroalimentare seguito dalle rinfuse solide, i passeggeri per la Royal Caribbean di cui siamo agenti, così come per la Zim, la compagnia israeliana, che fa container. Con Sagem, che è sempre un nostro marchio, siamo spedizionieri sempre per l’agroalimentare».
Il progetto hub portuale favorirà i vostri traffici?
«Lo giudico uno dei pochi progetti nazionali in cui ha creduto il presidente della Autorità portuale, ci ha creduto la politica locale, il sindaco, il presidente della Regione Emilia e, con efficacia, è stato portato avanti. E’ un progetto faraonico per l’Italia ma è un progetto fondamentale per il porto. Bisogna ringraziare tutti quelli che hanno lottato in questi anni per arrivare dove si è arrivati e per portarlo a termine. E’ un progetto complicato: quando si parla di sedimenti all’interno dei canali portuali è un problema per la gestione degli impatti ambientali.
Cominciamo ad avere banchine in grado di lavorare con pescaggi maggiori e stiamo aspettando il raggiungimento degli obiettivi. Soprattutto per i contenitori, ma ne avranno vantaggi tutti, soprattutto il settore dell’agroalimentare e delle rinfuse. Ricordiamo che Venezia ha solo 11.50 m. di pescaggio. Il fatto di riuscirci a portare verso 12.50 m per poi puntare verso i 14 m. sarà fondamentale. E’ uno dei pochi progetti concreti di escavo che si stanno portando avanti in Italia».
Cosa ne pensa del progetto del terminal crociere e di Ravenna come home port?
«Le crociere ne beneficeranno da diversi punti di vista da quando Royal Caribbean ha deciso di iniziare a usare il porto e la struttura terminalistica, seppure provvisoria. I numeri si sono visti, li vedo non solo nell’aumento dei passeggeri, che comunque presenta un incremento percentuale a doppia cifra. Ma soprattutto nelle persone che hanno cominciato a lavorare in funzione di queste attività e della nuova veste di Ravenna come home port: dallo sbarco/imbarco, gli alberghi, alla ristorazione, ai trasferimenti e
anche tutta la questione delle provviste, sia quelle tecniche che quelle alimentari. Il personale coinvolto, oggi, è aumentato moltissimo, e sono persone del territorio: se inizialmente abbiamo dato supporto da Venezia per un territorio che ancora non aveva esperienza oggi la copertura di questi servizi è svolta da personale locale».
Quanto personale impiegate a Ravenna?
«Per le attività che gestiamo come agenzia marittima, ma includo anche il personale coinvolto nelle attività di sbarco e imbarco dei passeggeri, stiamo parlando di 150 persone ad ogni scalo, se ci inseriamo le guardia giurate, il personale della sicurezza, il portabagagli, aggiungiamo altri 50-60 persone. In una toccata media abbiamo circa 200 persone attivate per gestire una nave. La cosa bella è che inizialmente il personale veniva da fuori mentre adesso la stragrande maggioranza è del territorio. Tra le società che operano a Ravenna, Mirco Santi e Sagem - che raccoglie anche Sfacs e Sabe – sono in tutto una settantina di persone a Ravenna».
Programmi per il futuro?
«Come Gruppo Santi stiamo continuando a cercare di crescere e sviluppare, dove è possibile, nuove opportunità come abbiamo fatto con i passeggeri, dall’altra speriamo di sfruttare questo sviluppo importante che Ravenna sta portando avanti sia con il progetto hub portuale ma anche con la volontà di una città e di una struttura industriale e imprenditoriale, la politica e lo sviluppo del territorio. Non è scontato, anzi è difficile trovare una città-porto dove ci sia una visione e una volontà di capire l’importanza dell’hub. Stiamo lavorando su un paio di progetti che speriamo di presentare presto».