Ravenna, Guerra, ad Rosetti Marino, affronta alcuni temi di attualità: «lavorare su mix rinnovabili-gas»

Emilia Romagna | 27 Marzo 2022 Economia
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Elena Nencini
E’ una delle grandi aziende del territorio romagnolo che si occupa di offshore, ma non solo, puntando su altri settori come il bio metano con l’acquisto nel 2021 della Green Methane: oggi Rosetti Marino conta 700 dipendenti in Italia, è presente in 14 paesi, oltre a Ravenna ha sedi a Milano e Forlì e lavora prevalentemente per l’estero anche se ha mantenuto il ‘cuore’ nella città bizantina. A parlare di Rosetti Marino, del Pitesai e della crisi energetica è l’ad della società ravennate Oscar Guerra.
Ultimo ‘gioiello’ realizzato la piattaforma Tyra, una struttura all’avanguardia. 
«Ci concentriamo sempre più su impiantistica di livello altissimo, visto che combattiamo in un mercato a livello globale. Certamente puntiamo sull’alta qualità e Tyra ne è un esempio evidente: un progetto importantissimo che abbiamo costruito in un periodo difficile, poiché ha convissuto con due anni di pandemia. Si tratta probabilmente della migliore piattaforma di questo tipo mai realizzata al mondo e la tecnologia all’avanguardia che la contraddistingue consente tra l’altro una riduzione del 30% delle emissioni. Inoltre, anche se può sembrare strano, Tyra è anche un oggetto di design. Gli alloggi per le 80 persone che vi abiteranno hanno gli standard di un albergo a quattro stelle, cosa del tutto unica nel settore dell’offshore. D’altro canto, è destinata alla Danimarca, un paese molto esigente ed attento al benessere dei lavoratori. E’ dotata di tre lounge, sauna, palestra e le camere singole hanno tutte vista mare. E poi c’è la parte tecnologica: la nostra piattaforma ospita i sistemi di controllo, comunicazione a terra e utility di tutto il “campo” di Tyra, che è costituito da 8 piattaforme e che tra qualche mese garantirà l’indipendenza della Danimarca dal gas di importazione che oggi proviene dalla Russia».
Una commessa è nata prima della pandemia? 
«Si, è nata prima, ma il prezzo del Covid l’ha pagato tutto. Abbiamo dovuto continuare il progetto nonostante le restrizioni e ci siamo fermati solamente durante il lockdown. Alcune attività si sono potute eseguire in homeworking, seppure con grande difficoltà, visto che il lavoro dei nostri progettisti è una attività creativa che richiede il lavoro di squadra “fianco a fianco”. Ma la stragrande maggioranza del lavoro, come la costruzione, si è potuto svolgere solo in presenza, mantenendo pesanti restrizioni agli assembramenti ed una sanificazione costante. In totale il progetto ha comportato oltre 2 milioni e 800 mila ore di lavoro senza infortuni, un risultato conseguito grazie alla grande attenzione che dedichiamo alla sicurezza dei lavoratori. Tutta la gestione di questo progetto, da circa 150 milioni di euro, è stata fatta a Ravenna che rimane il ‘cuore’ dell’azienda».
Con il Pitesai si torna a parlare di perforazioni in Italia, pensa che si aprano degli scenari interessanti anche per Rosetti?
«Valutare il Pitesai prima che siano usciti i decreti attuativi è molto difficile, ma ho forti dubbi che sia lo strumento adatto: ad una prima lettura non riserva nessuna buona sorpresa. Il Pitesai ha generato enormi problemi al nostro settore, ha fermato gli sviluppi quando se ne iniziato a parlare, poi lo si è atteso per oltre due anni e adesso che è uscito - seppur in maniera incompleta - contiene grosse incertezze per la ripartenza del settore. Auspico che il Governo adotti qualche intervento straordinario per riavviare davvero la ricerca e la produzione di metano in Italia, questo servirebbe davvero al paese. Solo adesso molti si rendono conto di quello che a Ravenna diciamo da quindici anni rispetto alla scelta scellerata di puntare tutto sull’importazione dall’estero del gas naturale. Lo vediamo innanzitutto dal prezzo delle bollette e dai rischi di approvvigionamento dovuti alla guerra in Ucraina ».
Quali sono le contraddizioni che emergono?
«Innanzitutto quella ambientale: la scelta di non produrre in Italia è mossa teoricamente da aspettative di carattere ambientale, ma in realtà ha un impatto molto negativo sull’ambiente, le emissioni aumentano di circa il 30% con il gas importato. Poi c’è quella economica, che è sotto gli occhi di tutti ora che paghiamo un prezzo altissimo per il gas e capiamo che pagheremmo molto meno la produzione in Italia. Poi c’è la contraddizione geopolitica: con lo scoppio della guerra stiamo cominciando a capire quanto siamo deboli dal punto di vista della sicurezza energetica. Infine c’è il paradosso occupazionale, molto sentito a Ravenna. Abbiamo perso migliaia di posti di lavoro di alta qualità nel nostro settore. Rosetti Marino sente meno di altri questo impatto, perché da anni ha scelto di lavorare con l’estero, ma nell’indotto le conseguenze sono state devastanti. Tra l’altro, va ricordato che i nostri dirimpettai in Adriatico continuano, giustamente, a produrre il gas dai giacimenti limitrofi ai nostri. La mia analisi è che il Pitesai non sia la risposta adatta ai problemi che abbiamo a Ravenna e in Italia. Poi, aspettiamo che escano i decreti attuativi».
La guerra in Ucraina e il conseguente rincaro delle materie prime, dei costi del gas, delle bollette quanto influisce e influirà sul vostro lavoro?
«E’ difficile valutare l’impatto, ma l’incremento dei costi delle materie prime si sentiva già prima della guerra. Il prezzo dell’acciaio era già aumentato di oltre il 50% e incrementi analoghi li abbiamo registrati per il rame e l’alluminio. La guerra non può che peggiorare la situazione, perché il costo dell’energia sta aumentando a dismisura».
I prossimi lavori o progetti che avete in cantiere.
«Stiamo lavorando nell’ambito oil&gas, ma anche in quello dell’eolico offshore. Abbiamo progetti per la Costa Atlantica, per il Mar Baltico e per il Golfo Arabico. Tramite le nostre sussidiarie all’estero lavoriamo anche in Africa occidentale e nel Mar Caspio. La scelta di acquisire Green Methane è stata corretta e il fatturato sta aumentando anche per il biometano».
Il futuro?
«Le rinnovabili sono certamente il futuro ma non il futuro prossimo, adesso bisogna lavorare su un mix fatto di gas e rinnovabili, anche perché queste ultime non garantiscono continuità di approvvigionamento. Un altro ambito che credo avrà futuro è quello della cattura e dello stoccaggio della CO2, che è fondamentale per il contenimento dei cambiamenti climatici. A questo proposito, Ravenna ha un enorme potenziale».
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