Motori, Mario Lega racconta il suo titolo mondiale 40 anni dopo

Bassa Romagna | 06 Agosto 2017 Sport
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Era il 1977. Erano gli anni di piombo. Nel mondo dei motori, erano gli anni della benzina di piombo con i primi olii per i motori a due tempi sintetici che stavano sostituendo quello di ricino. Ed era il 7 agosto del 1977, a Brno, quanto Mario Lega vinse il suo titolo mondiale della 250. Un’impresa che in qualche modo è rimasta nella storia, un titolo a cui non credeva nessuno, neanche la stessa Morbidelli, la moto che il pilota lughese, allora 28enne, portò al titolo. Nel salotto di casa Lega, a Lugo, campeggia il diploma della Federazione Motociclistica Internazionale: non lo ha potuto esibire la Morbidelli (marchio che non è più attivo nelle corse) perché la factory pesarese non si iscrisse come marca accreditata per risparmiare i poco più di 2.000 franchi svizzeri necessari…

Nel mondo attuale fatto di contatti diretti ed esasperati, le vicende di 40 anni fa sembrano appartenere all’era glaciale. Per non confondere leggenda con la storia, questa volta, guida Marlboro alla mano (un fantastico libro dove ci sono tutti i risultati del motomondiale), direttamente con Mario abbiamo provato ad estrarre il meglio di uno dei Mondiali più avventurosi mai assegnati, vinto con dieci gare disputate sulle dodici in programma.

20 MARZO: VENEZUELA

«Ero stato invitato da Andrea Ippolito, importatore Yamaha per il Venezuela, a partecipare alla prima gara del Mondiale dopo un inverno in cui pensavo di restare a piedi. Arrivai nono, e quando chiesti al Padrino (come veniva chiamato Ippolito, ndr) se era previsto per me il compenso di 1.000 dollari dato altri piloti europei, lui mi rispose: ‘Ti regalo la moto che ti ho dato per correre’. Fu la svolta, perché io una moto non l’avevo».

28 APRILE: HOCKENHEIM

«A questa gara non partecipai in quanto… non mi fecero partire. Allora succedeva ai piloti privati, i criteri di scelta erano incredibili. In un’altra occasione io e il compianto cesenate Paolo Tordi riuscimmo ad entrare in pista grazie al commissario italiano Pietro Dalpozzo, che si presentò agli organizzatori con due cartoni di buon vino. Ma quella volta rimasi al palo. Nei giorni successivi arrivò la telefonata della Morbidelli per correre ad Imola in sostituzione di Paolo Pileri, e fu proprio questo pilota (morto dieci anni fa a seguito di una malattia, ndr) a consigliare il mio ingaggio».

8 MAGGIO: IMOLA

«L’accordo con la Morbidelli era chiaro. Disputare tre gare (Imola, Jarama e Le Castellet) poi al ritorno di Pileri per me non ci sarebbe stato posto. Per il momento andava benissimo, avevo in testa quella telefonata che mi dava una nuova possibilità. Fu un week-end memorabile perché a 20 chilometri da casa firmai un secondo posto sia nella 250 sia nella 350. In quest’ultima classe cercai di non spingere troppo, mentre in 250 mi scrollai di dosso Katayama e Fernandez, ma non ci riuscii con Uncini… Un meccanico della Morbidelli mi disse prima di partire: ‘Con questa moto si vince’. Io risposi: quante ne avete vinte finora?».

15 MAGGIO: JARAMA

«Una delle piste mai viste di questo campionato. Corta e complicatissima, un feudo spagnolo. La Morbidelli parte sempre bene e per gran parte della gara lotto con Kork Ballington che correva con un braccio rotto, sostenuto da un asse di legno. Il quinto posto mi permette di prendere alcuni punti importanti per il campionato, mentre la settimana dopo era prevista la Francia, teoricamente l’ultima gara con la Morbidelli».

22 MAGGIO: LE CASTELLET

«Lotto con un australiano molto in forma in quel periodo, ovvero Vic Soussan. La gara viene vinta da Ekerold, e si tratta del quinto vincitore in altrettante gare. Pileri intanto stava guarendo, ma si decide di continuare anche nelle gare successive, perché la posizione in campionato è buona, con tutti questi avvicendamenti e la crisi del team Harley Davidson dove Villa e Uncini erano l’esatto opposto di me e Paolo Pileri: si fanno dispetti».

19 GIUGNO: RIJEKA

«Mi piacevano i circuiti stradali, e Rijeka era uno di questi, anche se era pericolosissimo: da una parte le rocce, dall’altra lo strapiombo verso il mare. Parto bene, come spesso succedeva con questa moto, e riesco a vincere la mia prima ed unica gara del Mondiale. La cosa importante è che con questo successo, oltre a incrementare il numero dei vincitori del campionato, ottengo la leadership: non si può mollare proprio ora. Mi accordo quindi per finire la stagione, prendendo circa 250mila lire a gara».

25 GIUGNO: ASSEN

«Arrivo da leader del campionato, ma la pioggia mi frega. Avevo girato in questa bellissima pista, ma non sapevo che l’asfalto era già di quelli molto moderni, ovvero drenanti. Chi lo sapeva ci dava tanto gas anche con le slick e il fondo bagnato. Non voglio rischiare, perché ero già caduto nella 350, classe che disputavo per allenarmi, appunto per la 250. Quella caduta mi condizionò ancora di più e tirai i remi in barca finendo quinto dietro a Villa».

3 LUGLIO: SPA

«Altra pista mai vista, e dopo le prime prove ero in fondo alla classifica, avevo proprio la pole position a rovescio. Sono demoralizzatissimo! Confidandomi con un pilota Finlandese, Tapio Virtanen, questo mi chiede come faccio la curva in discesa di Malmedy, glielo spiego e lui mi dice: ‘No, devi farla full petrol (a tutto gas)’. Il giorno dopo ci provo, con il muro ad un metro da me devo violentarmi nel tentativo; ci riesco e la situazione cambia decisamente. Il mio compagno Paolo Pileri, a cui avevano dato la bandiera nera decide di ubbidire, proprio a metà curvone creando il panico al gruppo inseguitore. Io finisco terzo, ma a lui va la mia gratitudine».

24 LUGLIO: ANDERSTOP

«Questa pista era un'altra incognita per me. Fin dalle prove cerco di seguire i piloti Svedesi, che ci correvano spesso, per imparare le traiettorie e le staccate. Mike Grant, uno di quei piloti amici, è in forma splendida. Le provo tutte in gara per staccarlo, ma a un certo punto in pieno rettilineo mi tocca il sedere. Un messaggio molto chiaro quel gesto che potremmo riassumere così: ‘Dear Mario, tu sei in lotta per il Mondiale, ma oggi non ce n’è per nessuno, ti devi accontentare’. Infatti io arrivai secondo, a Grant pole position, vittoria e giro veloce».

31 LUGLIO: IMATRA

«Altra pista che mi si presenta come nuova. Tracciato stradale che ha una caratteristica molto particolare, attraversamento delle rotaie del treno e passaggio in centro con rotonda e marciapiedi. La moto non ne vuole sapere di andare, il motore non rende, finisco settimo. Anche qui Pileri si mostra un vero compagno di squadra, cercando di contenere il gruppo che sta arrivando, così arrivano altri punti davvero importanti. Alla sera qualcuno ebbe da ridire sulla sua condotta di gara...».

7 AGOSTO: BRNO

«Nel trasferimento dalla Finlandia colpo di sonno dell'autista e il camion si rovescia in un campo. Siamo in Germania dell’Est e per di più nel 1977... Riusciamo a trovare un camion che carica il nostro camion ed arriviamo a Brno in condizioni disperate, un incubo. Mi pareva proprio che il Mondiale fosse lontano. Per scaricare il nostro mezzo, grazie all’intuizione di Sergio Baroncini, utilizzammo un monumento in centro a Brno dove appoggiammo delle assi su una scalinata per fare la manovra. Dentro era tutto distrutto, i meccanici stremati andarono a dormine, solo Baroncini continuò tutta la notte a sistemare quello che si poteva. Pileri non gareggiò e mise a disposizione la sua moto per utilizzare i pezzi che servivano a completare la mia. La gara fu un incubo, dopo che in prova ci furono anche alcune schermaglie con i meccanici a seguito della mia imposizione di cambiare i pistoni. In quelle condizioni la tensione rischiò di prendere il sopravvento. Tutti i giri le posizioni cambiavano. Dovevo arrivare terzo e alla fine terzo arrivai. Solo che con la tensione accumulata, sul traguardo, invece che esaltarmi di felicità, mandai tutti a quel paese con l'Italico gesto stile ‘vaffa’. Sul podio muso lungo, tutti festeggiano e io sono bloccato: ci metterò tempo a riprendermi».

14 AGOSTO: SILVERSTONE

«Con tutto distrutto, decidemmo di tornare a casa. Nessuna ultima gara di per me, visto che la matematica ci aveva già consegnato il titolo mondiale».

EPILOGO

«Probabilmente essere presente all’ultima gara del Mondiale 1977 avrebbe potuto significare trovare nuove soluzioni per l’anno successivo; invece continuai con Morbidelli, ma senza grossi risultati. Rimane la consapevolezza di quella favola del 1977, aver dimostrato che la determinazione e la testardaggine possono far raggiungere risultati impensati anche ai non «super dotati». Grazie a Paolo Pileri che era più contento di me del titolo; grazie per aver potuto gareggiare contro piloti fortissimi come Ballington, North, Ekerold, Herron e Fernandez, gente che facevi davvero fatica a battere ad armi pari; grazie anche a quella lettera aperta di Carlo Costa che uscì su Motosprint all’inizio dell’anno e che mi rimise in gioco. Grazie soprattutto a Sergio Baroncini indispensabile per la conquista del titolo. Quel 14 agosto io ero al mare Marina Romea a festeggiare, gli altri a Silverstone a lottare…».

Ultima considerazione: avremmo voluto pubblicare una foto di Mario oggi con un esemplare della Morbidelli 250, ma non è possibile. La moto infatti, chissà dopo quali giri, si trova a Barber, in Alabama, e chi ce l’ha per adesso se la tiene stretta…

Massimiliano Regazzi

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