Lugo, martedì 19 le Frecce Tricolori per i 100 anni della morte di Baracca

Bassa Romagna | 19 Giugno 2018 Cronaca
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Proseguono, il 19 giugno, le celebrazioni per la morte di Francesco Baracca, celeberrimo aviatore romagnolo, che proprio in quel giorno di cento anni prima trovò la morte nei cieli sopra Montello, in provincia di Treviso. «Mi accorgo di avere avuto un’idea meravigliosa: l’aviazione ha progredito immensamente e avrà un avvenire strepitoso». Fu questa l’intuizione da cui partì la sua carriera quando, a 24 anni, si spostò da Roma in Francia per conseguire il brevetto di pilota civile. «Francesco Baracca - racconta Daniele Serafini, direttore del Museo a lui dedicato e coordinatore del comitato per il centenario dell’anniversario della morte del più noto aviatore dei primi del Novecento - è stato un giovane di una famiglia benestante di Lugo che, dopo avere frequentato studi liceali a Firenze, si diresse a Modena per iscriversi all’accademia militare. Affascinato dalla sfida del volo, conseguì il brevetto nel 1912 in Francia, mentendo alla madre a cui aveva detto che si trasferiva in territorio francese per perfezionare la lingua. A soli nove anni dal primo volo dei fratelli Wright, riuscì a capire che l’aviazione avrebbe avuto un futuro straordinario». Di lì a poco scoppia la guerra e Baracca si costruisce la fama che lo renderà per sempre l’eroe del cielo. «Nel 1917 diventa anche capitano di squadriglia, è interventista ma non guerrafondaio. Quando, nelle lettere che scriveva alla madre, parla dei piloti avversari, si percepisce un grande rispetto: una volta abbattè un velivolo austriaco e corse ad accertarsi delle condizioni del pilota che andò perfino a visitare in ospedale. Era un cavaliere del cielo, un ufficiale gentiluomo». La semplicità d’animo che lo contraddistinse traspare anche dalle parole usate per rispondere a D’Annunzio, che gli chiedeva quali fossero le doti che doveva possedere un aviatore: «coraggio, precisione e calma», ben lontane dal fuoco sacro che forse immaginava il poeta vate. Anche se il rapporto con Lugo e la Romagna si interrompe presto, la città natale gli rimane nel cuore e il suo simbolo, quello del cavallino rampante, diventerà l’emblema dell’Alfa Romeo prima e della Ferrari poi. «Con lo scoppio della guerra ebbe solo un’occasione di rientro e non riuscì nemmeno a ritirare la spada d’onore che gli venne conferita nel 1917. Al museo custodiamo attestati provenienti da tutti i paesi alleati, compreso un diploma rilasciato da un aeroclub degli Stati Uniti». Dopo la rottura di Caporetto, il combattimento dei cieli diventerà più cruento e Baracca perderà la vita nella battaglia del solstizio, che sancirà la fine della guerra.
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