Chef Mario Cristiano Del Duca (Attilio MiMa): «Ristorazione in spiaggia tra fresco e alti standard»

Cervia | 26 Luglio 2015 Blog Settesere
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Non lo si definisca «bagno». Nemmeno «stabilimento», però, rende giustizia. Non possono essere queste le definizioni calzanti per esprimere l’essenza concreta della proposta estiva dell’Attilio beach pleasure club di Milano Marittima. Uno spazio di benessere, gusto e divertimento in viale Francesco Baracca che è una vera e propria esperienza sensoriale completa. Un modus operandi del fare ricettività balneare che guarda oltre la singola stagione per offrire un’intima immersione nel totale relax. Tra questi ambiti il cibo e la ristorazione in generale sono un tassello fondamentale. Una sinfonia di suggestioni, proposte e sfumature di gusti, colori e consistenze guidate, da quest’anno, dalla mano sapiente dello chef Mario Cristiano Del Duca. Lo abbiamo incontrato.
La cucina dell’Attilio beach pleasure club si sta imponendo all’attenzione grazie ad una personalizzazione del modo di fare ristorazione in spiaggia. Qual è il segreto?
«Abbiamo puntato ad uniformare la proposta del ristorante agli alti standard che la struttura offre in tutti gli altri ambiti. Abbiamo cercato e voluto puntare sulla ricerca della massima perfezione per dare un senso omogeneo, avvolgente e quindi soddisfacente al vivere una giornata all’Attilio beach. Dalla spiaggia fino alla tavola».
Come si concretizza questa vostra ricerca nei piatti?
«Attraverso una proposta di una quindicina di piatti che ogni giorno cambiamo. Il tutto in sintonia con quello che il mercato del fresco ci permette di scegliere. Sia nel pesce sia nella verdura o frutta che sia».
Quale ingrediente non manca mai in un piatto dell’Attilio beach pleasure club?
«Direi il basilico. Per me la più regale tra le piante aromatiche e una della più autentiche espressioni della fragranza e freschezza mediterranea. Inoltre olio extravergine e pomodorini freschi sono altri  punti saldi della nostra proposta».
Se dovesse esprimere la sua cucina come la definirebbe?
«Personale, di ricerca ma al contempo tradizionale».
Perché?
«La scelta oculata delle materie prime, dal pesce alle verdure, fino ad arrivare alle tecniche di preparazione e costruzione del piatto, la seguo personalmente. Cerco quindi di far emergere un’espressività soggettiva nelle proposte che elaboro. Un’offerta di gusto che colpisca e rimanga nella memoria di chi assaggia. Cerco di coccolare e stuzzicare i palati portando al contempo innovazione e rispetto della tradizione».
La sua cucina è stata descritta come una fotografia «dell’Italia nel piatto» , per quali motivi?
«Perché cerco di rendermi autore, testimone e allo stesso tempo promotore della cultura e della ricchezza gastronomica che abbiamo. Ad esempio partendo dalle paste fatte a mano, in Romagna un top assoluto, aggiungo ingredienti a condimento che vogliono testimoniare lo sterminato patrimonio di materie prime d’eccellenza che l’Italia possiede. Per fare esempi potrei ricordare le cozze di Cervia, la bottarga sarda, i ricci pugliesi e l’olio extravergine d’oliva».
I suoi piatti appaiono solari, divertenti e per certi versi interattivi. Una scelta voluta?
«Credo di potermi definire un ricercatore e sperimentatore del gusto. Questo mi permette di giocare con gli ingredienti. Sono però cosciente della consapevolezza e conoscenza che gli italiani hanno del cibo. Per questo serve ed è fondamentale riuscire a stupire anche attraverso la semplicità e l’essenzialità del piatto finito».

Riccardo Isola

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