Bursôn in crescita, l’Uccellina il migliore

Bassa Romagna | 22 Maggio 2015 Economia
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Assaggiavi il Bursôn dieci anni fa e il vino made in Bagnacavallo prodotto con uva Longanesi ti «inchiodava» la bocca dal gran che era sgarbato. Assaggi oggi le annate 2009-2010 e pensi che i migliori possano competere con i grandi rossi corposi come Amarone e Brunello (coi quali ogni anno vengono organizzate «sfide» dove il vino bagnacavallese non sfigura in degustazioni alla cieca). Un percorso di crescita veloce testimoniato anche dai premi internazionali (l’ultimo dei quali la prestigiosa gran medaglia d’oro al Concours Mondial de Bruxelles) che il nettare di Bacco salvato dall’estinzione dalla famiglia Longanesi ha vinto recentemente.
Sono queste le premesse che hanno portato alla finalissima (martedì 19 maggio scorso) del tradizionale concorso «Il miglior Bursôn» che ha visto cinque cantine di ottimo livello sfidarsi all’ultimo sorso: Tenuta Uccellina di Russi, Poderi Morini di Faenza, Paolo Gordini di Bagnacavallo, La Spinetta di Faenza e Randi di Fusignano. A vincere è stato il Bursôn Etichetta Nera 2010 Tenuta Uccellina che, se usassimo un termine abusato in ambito sportivo definiremmo cannibale, visto che è arrivata la terza vittoria consecutiva (con le annate 2008, 2009 e 2010) che si somma agli innumerevoli riconoscimenti nazionali ed internazionali. Il cavallino (storico premio donato dal gioielliere Ponzi) verrà consegnato sabato 23 a Bagnacavallo in occasione dell’evento «La piazza in tavola».
Insomma il Bursôn in pochi anni è passato dall’affetto campanilistico per un vino locale che faceva simpatia, nato più per hobby che per fare impresa, a un ottimo prodotto vendibile con grandi potenzialità di crescita. «Abbiamo meno hobbisti e più cantine che fanno Bursôn in maniera professionale - conferma l’enologo Sergio Ragazzini che ha seguito i produttori del Consorzio Il Bagnacavallo fin dagli esordi -. Abbiamo cantine come Randi, Uccellina, Longanesi, Morini e Spinetta che esportano una percentuale importante della loro produzione, segno che questo vino può competere a livello globale. Oggi il 60% viene venduto sul mercato domestico, mentre il 40% è dedicato all’export tra Giappone, Cina, Stati Uniti, Svizzera, Brasile e altri Paesi con grandi potenzialità».
Un limite al mercato mondiale è sicuramente la produzione scarsa. «Oggi vengono prodotte circa 70mila bottiglie - continua Ragazzini -, ma il potenziale dei vitigni attuali è almeno triplo visto che molti conferiscono gran parte dell’uva alle cantine sociali».
Dagli esordi il lavoro è stato tanto, figlio della passione dei produttori del consorzio nato nel 1996. «Nel 2000 cambiammo il disciplinare introducendo l’appassimento almeno al 50% visto che risultava troppo legnoso - ripercorre l’enologo -. Oggi è un vino più rotondo e longevo, con maggiore armonia, lunghezza e dolcezza. Quando abbiamo iniziato era impensabile fare un vino a lungo invecchiamento in pianura che non fosse l’Albana».

Christian Fossi
economia@settesere.it
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