Elena Nencini
Il rimpianto per non aver seguito attentamente il periodo del liceo ha portato Silvio Orlando ad interpretare il professore di L
a scuola, prima a teatro, poi al cinema e di nuovo a teatro. Anteprima nazionale al Teatro Goldoni
sabato 22 marzo (ore 21) per La scuola di Domenico Starnone, con la regia di Daniele Luchetti, interpreti Silvio Orlando e Marina Massironi.
Siamo in tempo di scrutini in IV D. Un gruppo di insegnanti deve decidere il futuro dei loro studenti. Dal confronto tra speranze, ambizioni, conflitti sociali e personali, amori, amicizie e scontri generazionali, prendono vita personaggi esilaranti, giudici impassibili e compassionevoli al tempo stesso. Il dialogo brillante e le situazioni paradossali lo rendono uno spettacolo irresistibilmente comico.
Ritorna a teatro con uno spettacolo che prima era un film. Cosa ha di più o di meno del cinema?
«È il primo equivoco che vorrei sciogliere nel quale cascano in molti: in realtà il film fu tratto da uno spettacolo teatrale che nacque a Longiano, non lontano da Bagnacavallo. Da quello straordinario successo fu tratto il film e tutto quello che è nato da lì sul filone liceale. Mi interessava chiarire questo punto perché spesso il teatro vive di luce riflessa, in questo caso invece è una delle poche volte che lo spettacolo ha avuto prima un grande successo a teatro. Uno spettacolo dal vivo ha una componente di irripetibilità che è il suo grande fascino e il suo grande limite. Stare sul palcoscenico ti fa porre delle domande tutte le sere: che attore sei? Che pubblico hai davanti? E' questa la cosa straordinaria».
Quando si parla dei tempi della scuola si tende a ricordarli come meravigliosi lei cosa ricorda dei suoi?
«Un periodo di ansia, di paura, di non farcela. Non mi ricordo la scuola come un periodo in cui fossi totalmente spensierato, piuttosto come un'epoca di formazione e di paura di non essere all'altezza che poi mi ha accompagnato per tutta la vita. Il mio percorso l'ho fatto in maniera caotica, selvaggia, del resto erano anni in cui la scuola faceva una grande fatica a trovare un assetto, con strutture inadeguate. Era complicato fare il mestiere di studente, d'altro canto noi non ne avevamo nessuna voglia. Ho una sorta di rimpianto per non aver fatto bene quel periodo che mi ha portato ad occuparmene ora».
Voleva fare l'attore a quel tempo?
«Avevo fatto qualche esperienza, ma ero più portato verso la musica pop. Il teatro è un territorio a cui arrivi anche un po' più in là con l'età. Mi ricordo tanto teatro sperimentale, un grande fermento».
prosegue su setteserequi in edicola da venerdì 21 febbraio