Federico Savini
«Il biennio della Resistenza, quello che ci ha portato alla liberazione e poi a istituire la Repubblica e scrivere la Costituzione è proprio “da dove veniamo”, è una storia di cui dobbiamo sentirci parte e non la dobbiamo dimenticare». Ivano Marescotti torna nella sua Conselice e lo fa con uno spettacolo di alto valore storico e civile: I sette fratelli Cervi, in scena
sabato 15 marzo alle 21 al teatro Comunale. L’attore di Villanova di Bagnacavallo non ha mai fatto mistero della sua passione politica, con una lunga militanza a sinistra che oggi l’ha portato a candidarsi alle elezioni Europee all’interno del neonato gruppo italiano a sostegno di Alexis Tsipras, il politico greco capofila del Partito della Sinistra Europea, in lizza per la presidenza dell’Unione Europea. Anche il ritornare sulla vicenda eroica dei fratelli Cervi, trucidati a Reggio Emilia tutti e sette dai fascisti il 28 dicembre del 1943 dopo una lunga lotta di resistenza, la dice lunga sulle passioni politiche di Marescotti. «Questo spettacolo non avrà molte repliche – rivela l’attore -, l’ho già portato in scena una volta, a Gattatico nel museo dedicato ai Fratelli Cervi e si tratta di un reading intervallato dalle immagini, una maniera per mettere insieme letteratura, teatro e cinema».
Sarà in scena da solo?
«Sì, ma con l’ausilio delle immagini di I sette fratelli Cervi di Gianni Puccini con Gian Maria Volontè, mentre io leggerò brani tratti dal libro di Papà Cervi. Il progetto fa parte delle iniziative dell’Ibc sui 70 anni della Resistenza, che poi culmineranno nel 2015 con quelli della Liberazione».
La figura principale è quella di Aldo, come mai?
«Perché Aldo, che non era il più grande dei fratelli, ne fu però il trascinatore, fu senza dubbio l’ideologo attorno al quale si aggregarono gli altri e buona parte della comunità partigiana delle campagne reggiane. Le “ossa politiche”, per così dire, se le fece in carcere, dopo di che aderì alla Resistenza, e lo fece fino in fondo».
La politica è centrale nel reading?
«E’ importante, ovviamente, ma si parla anche di lavoro, proprio perché i fratelli Cervi erano contadini molto abili: nei terreni che coltivavano in affitto furono i primi, nella loro zona, a utilizzare un trattore. Divennero partigiani anche per difendere le loro conquiste, prima di tutto sul lavoro».
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