ECONOMIA | Caviro, 30 anni di vino col Tavernello

Ravenna | 30 Luglio 2013 Cronaca
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Il vino in brick, soggettivamente, può piacere o meno, ma, oggettivamente, è stata una rivoluzione nel modo di consumare l'antico nettare di Bacco. Il primo passo di questa rivoluzione è rappresentato dal marchio più conosciuto al mondo quando si parla di vino: il Tavernello che quest'anno festeggia i suoi primi 30 anni. Il vino di Caviro ha soprattutto due padri: l'allora direttore di Corovin (fusa nel 1984 con Caviro), Alfeo Martini, e il giovane enologo Giordano Zinzani, oggi direttore Enologia e politiche sociali del colosso faentino, che più di tutti volle iniziare le sperimentazioni con la Tetra Pak Italia alla fine del 1979 in quello che allora serviva per confezionare latte, acqua minerale e i primi succhi di frutta.



«Venne da noi l'allora amministratore delegato della Tetra Pak Italia che aveva avuto l'imbeccata che l'Esercito italiano era interessato ad acquistare una importante commessa di vino confezionato in brick - racconta Zinzani -. Allora nessuno aveva mai osato. Noi eravamo già fornitori dell'Esercito con bottiglie da 1 e 2 litri, ma un po' l'incoscienza dell'età, un po' l'intuizione che poteva essere una strada nuova e quindi interessante, iniziammo la sperimentazione con Tetra Pak nell'autunno 1979 nei loro stabilimenti. La prima sperimentazione partì all'inizio del 1980. Dubbi ce n'erano. Non sapevamo come si sarebbe conservato, così Tetra Pak commissionò all'Università di Bologna la uno studio di 2 anni sulla conservazione che finì ad inizio 1982».
La strada non fu comunque in discesa. «Sorse un altro problema - continua l'enologo -: la legge obbligava la vendita in contenitori di vetro, legno e terracotta. Avevamo le macchine pronte e, nel giro di pochi giorni dall'arrivo dell'autorizzazione, il 5 aprile 1983 iniziammo a confezionare il Tavernello».
Visto che il prodotto era assolutamente innovativo, «forse troppo per quegli anni - svela Zinzani -, volevamo che il nome (creato da un'agenzia di comunicazione di Imola) mantenesse l'idea della tradizione, di qui l'evocazione della taverna, da cui Tavernello. La veste grafica raffigurava una bottiglia stilizzata e subito si aprì una polemica con l'associazione vetrai che era fortemente contraria e la considerava fuorviante. Così decidemmo nel tempo di eliminarla».
Al contrario di quanto si pensava, l'Esercito non comprò nulla e il vino in brick venne lanciato sul mercato. «Favorevoli e contrari si schierarono nettamente - spiega Zinzani -. Nella grande distribuzione la Standa vendeva molto vino con vetro a rendere, fu un primo grande cliente. Vendevamo soprattutto nelle grandi città e nei posti di vacanza dove prese piede dalle cambuse nelle barche alle roulotte. Erano nettamente contrari gli edonisti del vino in bottiglia. Oggi confezioniamo in tetra pak, per conto di un'azienda francese, persino un vino di alta qualità per il mercato canadese».
Il primo anno furono venduti 7 milioni di pezzi, mentre nel 2012 Caviro, grazie a 34 cantine associate che raggruppano oltre 12mila viticoltori in 7 regioni, ha prodotto oltre 190 miloni di litri di cui 120 milioni di litri sono stati confezionati in cartone. «Il primo boom ci fu nel 1985-86 quando lo scandalo del vino al metanolo spinse i consumatori verso il brick che dava garanzie di controllo e salubrità», ricorda l'enologo romagnolo.
Di gran lunga il più venduto in Italia dove è bevuto da 5 milioni di famiglie, oggi il Tavernello è il vino italiano più venduto al mondo e i mercati principali sono Germania, Inghilterra, Stati Uniti, Giappone, Russia e Cina dove è venduto indifferentemente in brick e in vetro. «Pur nello scenario economico che tutti conosciamo, le prospettive del Tavernello sono quelle di un brand affermato e nel mondo abbiamo una gamma molto più ampia rispetto a quella italiana - conclude Zinzani -, grazie alla quale vendiamo anche vini di pregio: dal Sangiovese doc al Pinot grigio».

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