Ori di Granarolo, 60 anni di carrelli e piattaforme in giro per il mondo

Faenza | 23 Maggio 2016 Economia
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«Ci abbiamo messo sempre tanta passione e coraggio. Siamo arrivati a 60 anni, un bel traguardo, ma la nostra è una famiglia di carradori (gli artigiani che costruivano i carri in legno usati in agricoltura) dal 1770. Siamo anche stati inseriti tra le aziende storiche nazionali e premiati a Roma durante le celebrazioni del 150° dell’Unità d’Italia». Così Luigi Altini e le figlie Annacarla e Annamaria, che col patriarca guidano l’azienda, raccontano lo spirito della Ori (acronimo di Officine rimorchi industriali) di Granarolo Faentino che produce piattaforme elevatrici e rimorchi personalizzati.
Seguendo le orme del nonno Ercole, una volta tornato dalla leva militare, dal 1956 Luigi Altini ha proseguito il mestiere dei carradori in chiave moderna, lavorando il ferro. «Il primo grande lavoro fu un carro rimorchio caricato a mano dai facchini - ripercorre il fondatore -. Fin dai primi anni sono sempre andato alle fiere internazionali del settore: c’è sempre da imparare qualcosa da chiunque ti trovi davanti. Una delle prime all’estero, nel 1962 a Stoccolma, fu illuminante: vidi le prime piattaforme a pantografo. Tornai a casa e mi misi a fare delle prove. I risultati non tardarono e ho sempre affrontato ogni sfida che mi veniva posta».
Oggi Ori produce piattaforme di sollevamento idrauliche o pneumoidrauliche a pantografo o a montante di ogni dimensione, portata ed elevazione. Ma anche carrelli rimorchio, attrezzature aeroportuali, elevatori di vario genere (anche ad uso civile con piattaforme per il superamento delle barriere architettoniche), rampe di carico, ecc. «Abbiamo uno studio tecnico composto da persone veramente preparate - continuano Annacarla e Annamaria -, a cui si uniscono operai specializzati di primo piano e un’amministrazione efficiente. Con la crisi degli ultimi anni i momenti difficili non sono mancati e nostro padre ha impegnato importanti capitali personali per andare avanti con meno disagio possibile per i dipendenti e senza nemmeno un licenziamento. Oggi la situazione è in ripresa e abbiamo imparato molto anche da questi anni complessi».
I numeri dell’impresa granarolese mostrano un giro d’affari intorno ai 3 milioni di euro, 32 dipendenti (8 impiegati, 2 ingegneri e 22 operai specializzati) e un mercato globale espresso per circa il 10% direttamente all’estero, ma che raggiunge grossomodo il 40% se si considerano gli intermediari. Lo scorso anno sono stati prodotti 145 carrelli e 93 piattaforme, mentre dal 1956 ad oggi i carrelli «made in Granarolo» sono 27.100, a cui si sommano 12.200 piattaforme e 29.000 pallet: quasi 70mila pezzi unici di cui Luigi conserva religiosamente tutti i disegni: «Sono in grado di fornire i pezzi di ricambio del primo carro costruito nel 1956 se mi viene chiesto - afferma con giustificato orgoglio -. Abbiamo venduto le nostre macchine in tutto il mondo: dalla Malesia all’India, dall’Egitto agli Stati Uniti, dal Canada a Russia, Lituania, Iran, Algeria, Nigeria ecc. Possiamo dire che non c’è continente che non abbiamo toccato».
Tra i clienti figurano anche nomi di grande prestigio come Fincantieri, le più grandi compagnie crocieristiche mondiali e istituti di fama mondiale come il Cern di Ginevra. Le sfide per l’immediato futuro sono principalmente due: «Dobbiamo innanzitutto consolidare il discreto momento che stiamo attraversando - concludono Annacarla e Annamaria -. Inoltre nei prossimi anni ci aspetta un importante ricambio generazionale visto che andranno in pensione collaboratori che sono entrati a 17-18 anni in azienda».

Christian Fossi - Foto di Raffaele Tassinari
economia@settesere.it
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